martedì 28 gennaio 2014

Selvaggi del Congo in redingote rossa


Sapete cos'è un cappello a tuba, giusto? Un cilindro, se preferite quest'altro termine.
Un capo dell'abbigliamento virile e fondamentale, dall'indubbia (im)praticità. Ne ho già parlato.

L'abito fa il monaco. E' un detto trito e ritrito, ma non sarà mai ripetuto a sufficienza. Nel passato il monaco è monaco perché indossa quella tunica che il popolino riconosce monacale. Quest'aspetto viene ulteriormente esasperato dall'ancient regime in età classica (1500-1700) fino a esplodere nella Rivoluzione Francese, quando sembra finalmente svanire sotto la nappa e il calzone dell'orgogliosamente povero sanculotto. Tuttavia, quest'idea rimane... il vestito denota la classe, la civiltà distingue il cittadino dal selvaggio perché il cittadino prima di tutto veste, e veste bene.
In età contemporanea, questa funzione del vestito come "divisorio" è andata persa definitivamente a favore del grigiore sconfinato dell'abito casual; e tuttavia un'ossessione sotterranea persiste, anzi si accentua sempre di più: non conta la forma del vestito, ma la qualità del tessuto. Traspirazione, ergonomicità, aggeggi high tech: a distinguere ricco e povero è ora sudore e puzza.

Come osservava on tono più generale Tocqueville, la Borghesia “ I cittadini che hanno distrutto i privilegi di alcuni fra i loro simili (..) si trovano di fronte alla concorrenza di tutti. Il limite ha cambiato forma anziché posto”.


Buffo, no? L'aspetto interessante è come quest'ossessione per il vestito venga facilmente esportata all'estero, nelle terre di conquista coloniale. L'Africa Nera. 
Colonizzazione e imperialismo si sono sempre mossi su tre principali direttive, le cosiddette tre grandi Emme
  • Missionari
  • Mercanti
  • Militari
Quale M è la più importante? Senza dubbio non la terza, come potrebbe ingenuamente pensare uno dei tanti annoying AntiOccidentali che infestano l'odierno Web. E' difficile se non impossibile basare una conquista coloniale sulla sola forza delle armi; occorre cambiare la popolazione, modificarne gli atteggiamenti, conquistarli al progresso che si vorrebbe esportare. In tal senso l'operare del missionario è insidioso, sottile, ma virulento più di ogni morto ucciso dal soldato straniero. E in quest'operazione di fusione dell'atteggiamento spesso animista del selvaggio con il cristianesimo, il missionario, in accordo con il mercante non poteva restare insensibile al passaggio dell'Epistola di S. Giacomo, II, 55

Vestire gli ignudi "

Un'applicazione letterale, ma se considerate quanta valenza aveva (ha) ancora, il motto l'abito fa il monaco, si può comprendere quest'ossessione di missionari e governatori di vestire i selvaggi, trasformare i selvaggi modificandone puramente l'aspetto esteriore. Una graduale trasformazione dell'essere attraverso l'apparire. La civilizzazione del popolo perduto si manifesta vestendolo con l'abito borghese transnazionale.

L'esploratore Stanley dichiarerà nel 1877, alla camera di Commercio di Manchester: 
“ Se solo arrivassimo a coprire gli indigeni il giorno del Signore, questa innovazione nei costumi africani rappresenterebbe un nuovo mercato di 320 milioni di metri quadrati di cotonine inglesi
Idea bizzarra, squisitamente europea e ancor più squisitamente inglese, che coniuga affarismo bottegaio con decenza cristiana. Ci si può chiedere a che potessero servire per i neri del Congo un vestito nel clima assurdamente caldo di quei luoghi, ma nell'ansia di criticare i nostri predecessori ci si dimenticherebbe che quest'atteggiamento colonizzatore è ampiamente presente nella cultura contemporanea. 
Un cellulare a ogni povero del pianeta. 
Un tablet a ogni studente teenager. 
Una rete wi-fi a ogni villaggio africano.
C'è tanta differenza, in quest'isterica volontà di dare una rete Internet a tutto e tutti e quest'ossessione invece vittoriana di calzare un cappello a tuba a ogni cosa che si muova e abbia un cranio? E sono davvero tanto criticabili i nostri predecessori? Se non altro, un cappello a tuba è pur sempre un cappello; e la cristianizzazione è un processo che per quanto criticabile è mille volte preferibile alla disumanizzazione dei Guru Neopagani della Silicone Valley. Zuckerberg docet, Microsoft docet, San Steve Jobs docet.

Dall'Inghilterra alla Francia, nel sonnacchioso Secondo Impero di Napoleone III le crisi di sovrapproduzione investono anche il settore dei vestiti, che cominciano a valutare nuovi spazi di commercio e nuovi spazi di esportazione. Lemann, scrive nel 1857 compiaciuto e felicissimo che “ Lungo le coste occidentali dell'Africa persino i selvaggi ricercano i nostri vestiti

Trionfo della sartoria parigina! E ancora:
“ Chi lo crederebbe? Una casa di Marsiglia, la casa Regis, scambia abiti confezionati contro prodotti naturali di quei paesi, (…) Il “Coniquet” è una piccola contrada dell'Africa situata vicino al Congo, i cui abitanti, tutti neri, vanno sempre nudi: il perizoma è l'unico progresso fatto dall'abbigliamento presso questo popolo, dall'epoca della creazione. Il re di questo paese, volendo certamente elevare la propria autorità agli occhi de suoi sudditi con un vestito all'europea, mi ha ordinato una redingote molto ricca e interamente foderata di seta rossa. Sua maestà negra non ha ritenuto utile ordinare un pantalone.
Non ho alcun dubbio che i capi negri imiteranno il loro principe e probabilmente fra poco, invadendo il lusso le masse, mi ritroverò a ricoprire la nudità tradizionale degli abitanti del Congo.
E i selvaggi? Inserito nel tessuto umano della tribù, del villaggio, della comunità, il cappello a tuba, la redingote e altri simili ammennicoli venivano trasformati e il più delle volte davano al selvaggio un prestigio sociale difficilmente immaginabile. 
In altre parole, ci si pavoneggiava. E spesso il commerciante bianco scopriva che quella pietra gialla non era oro come pensava, ma comunissima pirite. Truffato per truffato: in un certo senso, la storia dell'umanità. 

Il pesante fardello del papero bianco (cit)


Fonti:
Il Sopra e il Sotto della borghesia, di Philippe Perrot






1 commento:

Jose Ramon Santana Vazquez ha detto...

...traigo
ecos
de
la
tarde
callada
en
la
mano
y
una
vela
de
mi
corazón
para
invitarte
y
darte
este
alma
que
viene
para
compartir
contigo
tu
bello
blog
con
un
ramillete
de
oro
y
claveles
dentro...


desde mis
HORAS ROTAS
Y AULA DE PAZ


COMPARTIENDO ILUSION
CONSCIENZIA

CON saludos de la luna al
reflejarse en el mar de la
poesía...




ESPERO SEAN DE VUESTRO AGRADO EL POST POETIZADO DE 12 AÑOS DE ESCLAVITUD, MASTER AND COMMANDER, LEYENDAS DE PASIÓN, BAILANDO CON LOBOS, ...

José
Ramón...