martedì 7 gennaio 2014

Operazione Sarajevo (2)

Spero vi diverta! :-D Fatemi sapere! 

Andras strinse l'indice sul grilletto della pistola, ma questa scalciò a vuoto. Una fiammata eruppe dal caricatore. 

Inceppata! Fasz! Fasz! Fasz! ...*

L'ufficiale aprì il cilindro della pistola, prese a ruotare il gigantesco caricatore per cercare il proiettile calibro 7.65mm. Disincagliare la cartuccia esplosa dalla delicata molla che lo immetteva nella canna corrispondente...

Non il primo, non il secondo, non il terzo

Il tuono di un trombone scaricò un ciclone di sale grosso e sassi a pochi passi dalla sua posizione, gli stracciò pantaloni e stivali. La pistola gli sfuggì di mano, rimbalzò sul terreno. L'otturatore scattò di nuovo, le multicanne rovesciarono un torrente di piombo sui primi assalitori alla carica. Una nube di terriccio sommerse i bersagli. Andras sputacchiava, riverso sulla schiena. Nel fumo dell'esplosione sentiva un serpente giacere sulla pancia. L'afferrò, lo portò all'altezza degli occhi. Erano budella dilaniate. La gabbia sventrata di una cassa toracica affondava nella terra. L'arcata inferiore di una mascella, i denti allineati in grovigli di cartilagine mordevano le dita mozzate di un braccio esploso dai pallettoni. I serbi superstiti esitarono, scompaginati. Andras rotolò sul ginocchio, estrasse una derringer dallo stivale, prese la mira. Sparò nell'occhio del serbo più vicino, poi spostò la mira di pochi centimetri, dilaniò il gozzo di un secondo, azzoppò un terzo. I serbi scalpicciarono in ritirata verso la foresta, ma una voce baritonale, dalle cadenze rabbiose li ricacciò indietro.

- Взять его! E' solo e voi siete tanti! Prendetelo! -

Andras riconobbe le parole in russo, concentrò raggelato lo sguardo verso la silhouette metallica che si faceva strada di ramo in ramo dalla foresta. Era un uomo dalla lunga barba bianca, il capo maniacalmente rasato, che sfiorava i due metri di altezza. L'uniforme azzurro sporco esibiva le mostrine di alto ufficiale zarista. Picchiò pugno contro pugno. Gambe e braccia erano state amputate, rimpiazzate con arti metallici, raffinate riproduzioni di muscoli, avambracci e deltoidi in rilievo, sagomati con brutale martellio di fabbri. I pugni in acciaio damascato in argento erano arrugginiti, ma stritolarono con schiocco di meccanismi a molla il ramo della conifera più vicina. Si diresse con andatura claudicante verso i serbi superstiti.

- Herr Andras Kovacs! S'arrenda e forse non le caverò gli occhi per mio diletto! - 
Pronunciò sillabando le parole in un tedesco comprensibile, ma sgraziato.

Alto ufficiale zarista agente sobillatore probabile volontaria amputazione di entrambe le braccia per entrare nel corpo corazzato monarchico probabile presenza di doppio cannone nell'avambraccio destro, mimetizzato nelle bocche dei leoni ringhianti probabile soluzione all'attuale situazione? Suicidio

- Fottiti cane zarista! E si fotta la vostra tirannia di degenerati! -

Andras scattò a correre di tre metri in avanti a destra. Nella finestra temporale di pochi secondi che aveva calcolato sparò i tre proiettili rimasti nella guancia del colosso. L'ufficiale alzò di scatto il braccio sinistro. I tre dardi rimbalzarono sulla piastra del bicipite, scheggiando la patina dorata. A sua volta l'uomo macchina balzò in avanti con ampie falcate che gocciolavano olio nero sull'erba. Andras voltò la schiena per cercare la salvezza nel fiume, ma l'ufficiale zarista lo afferrò per il colletto, alzandolo a mezzo metro da terra, guardandolo divincolarsi come un gatto preso per la collottola.

- Sei rapido, piccolo ungherese sfrontato. E sembri dimenticare che la tua stessa patria, l'Ungheria, non è altro che l'ennesima nazione soggiogata dagli Asburgo. Siete cani di un imperatore debole. Ora, potrei ucciderti subito, ma voglio conferma a quanto hanno sentito le nostre spie a Budapest. E' vero o non è vero, che sapete del progetto della Nostra Santa Madre Russia -

- Non so nulla, feccia. I piani deliranti del vostro Macellaio infedele non m'interessano -

L'ufficiale ringhiò, un filo di bava gli scese dai denti affastellati in un ghigno. Con il braccio libero, mosse le dita in una precisa sequenza. Due unghioni affilati sibilarono dall'incavo dei leoni ringhianti nel braccio. Il zarista conficcò i due unghioni nella spalla dell'uomo. I banditi serbi si allontanarono di scatto di qualche metro, sul viso un'espressione d'orrore. Andras gridò, balbettò un fievole assenso. Un lento flusso di sangue zampillò dallo squarcio, le due lame ancora avvinte nella carne.

- Sappiamo che volete lanciare un attacco di massa passando dalla Moldavia per poi gettarvi a corpo morto contro le province asburgiche. Si parla di milioni di soldati pronti all'imbarco sugli aerostati che andate fabbricando in Ucraina. Nel frattempo le vostre cellule terroristiche in Serbia sotto la copertura della Mano Nera e in accordo con il governo Serbo daranno il via a violente agitazioni nelle zone di confine e in Bosnia. Attentati di ogni tipo. La dichiarazione di guerra alla Serbia sarà un atto a dir poco obbligato, se non vogliamo perdere la faccia -

- Quali attentati, Andras! Quali? Contro chi? -

- Contro l'erede al trono, Francesco Ferdinando. Operazione … -

- Operazione? -

- Operazione Sarajevo -

- Ma brava la nostra spia! - Si congratulò con voce querula l'uomo macchina. 
Estrasse con fiotto rosso le due lame, le avvicinò con lentezza alla gola scoperta dell'ufficiale ungherese. Le inclinò per meglio sgozzarlo. Un sibilo penetrante echeggiò fra le montagne rannuvolate. Andras e l'ufficiale zarista alzarono il viso e inquadrarono un punticino a chilometri nel cielo. Si avvicinava a grande velocità, assumendo di metro in metro la silhouette slanciata di un uomo che volava. Prima che fossero passati pochi secondi atterrava sulla testa di un bandito. I piedi in ferro sagomati a zampe di aquila sfracellarono la testa all'impatto, ammorbidirono l'arrivo nel caldo abbraccio degli organi dell'uomo. Dalle viscere, emerse una sagoma che ricordava nell'aspetto una tuta per sommozzatori. Articolazioni in gomma indiana, un casco che l'uomo aprì con le chele all'estremità prensili delle braccia avvolte nel metallo. Un motore dall'aspetto di due razzi accoppiati eruttava fumo dalla schiena. La testa era umana, un uomo giovane con baffetti tagliati alla perfezione, un sorriso smagliante. Un neo falso ammiccava dalla guancia destra.

- Felloni slavi! - Urlò in un tedesco dalle vocali aperte, venato di una forte musicalità. - Mollate quel coraggioso ufficiale! Altrimenti SbadaBuuuuum Bam! FiriiiiUUU! - 
Urlò le ultime sillabe onomatopeiche con viso composto e immobile, come se recitasse a teatro.

Ma parla sul serio? Ma che

Nel momento stesso in cui recitava puntò il braccio destro. La chela esibiva nel palmo di cuoio un cannoncino puntato al volto dell'ufficiale zarista.

- Ma tu chi cazzo sei? - Domandò questi.

- Sezione Speciale per la Difesa della Patria Italica. Faccio capo al magnificatissimo Marinetti. Sono Corrado Machiavelli, Futurista di nome e di professione. Mi chiamano L'Uomo di Latta, ma io preferisco la dicitura americana: Iron Man! E quell'ufficiale di nome Andras Kovacs è mio. Non si preoccupi, signore – Aggiunse, rivolto all'ungherese, esangue per la perdita di sangue – Le faremo solo un paio di domande -
Andras sospirò.

- E chi si muove? - Rispose.

Un serbo ch'era strisciato dietro a Corrado tentò di pugnalarlo alla giuntura delle gambe. Il futurista reagì sparando verso l'ufficiale zarista, che gettò Andras a terra. Il primo pallino del futurista gli sfracellò l'orecchio, ma il russo caricò in avanti e i due uomini-macchina sbatterono ferro contro ferro, le chele che intrappolavano gli unghioni, muscoli a molla e servomeccanismi che sudavano olio a fiumi.

Gattonando, Andras avvolse la spalla ferita nello strappo dell'uniforme e con passi lenti cominciò a strisciare lontano dallo scontro.

Italiani! Fra tutti i pazzi in questo mondo di pazzi, proprio un futurista...   

Continua...

* C'è davvero bisogno che traduca dall'ungherese? ^^

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