Fan Art di Hidrico Rubens |
William Gibson è stato spesso accusato di scrivere con uno stile incomprensibile, Bruce Sterling si diletta con barocchismi; il tutto non fa che evidenziare la povertà stilistica della fantascienza, dove il riferimento e l'esplicita ripresa di un canone “alto” allontana il lettore di genere, mentre la struttura fantascientifica allontana il lettore mainstream.
Richard K. Morgan, in tal senso, si pone dentro un'altra tradizione,
ovvero quella del pulp.
I suoi libri sono una formidabile macchina narrativa dove il motore è
un action muscolare, la benzina un ritmo forsennato, la
carrozzeria descrizioni attente e feticistiche, mentre infine a
trattenere questo bolide della velocità cyberpunk ci pensa un
guardrail tanto noir quanto di fantascienza hard.
In altre parole Richard K. Morgan è un autore che sfrutta il cyberpunk per spingere il pulp verso una terra incognita di estremi raramente toccata da qualsiasi categoria.
In altre parole Richard K. Morgan è un autore che sfrutta il cyberpunk per spingere il pulp verso una terra incognita di estremi raramente toccata da qualsiasi categoria.
Come ho scritto in altre occasioni, se c'è una narrativa sotto
steroidi, è questa. Il cuore letterario batte debole, rischia più
di una volta un infarto, ma i muscoli del genere brillano alla luce
del neon.
La serie tv uscita nella scorsa settimana, nella sua prima stagione,
Altered Carbon, riprende e allarga le vicende narrate nella “Bay City” del primo libro. Vi sono evidenti variazioni e nuovi
comprimari inediti dalla storia originale, ma gli argomenti e
sopratutto il tono – fondamentale nel cyberpunk – rimane lo
stesso. I sotto generi -punk hanno sempre fatto dello stile sulla
sostanza il proprio baluardo: non conta cosa fai, conta come lo fai.
E se Altered Carbon devia dal tracciato di Morgan, tuttavia lo fa
nello stesso stile, nella stessa maniera un po' sghemba e un po'
sfottente.
La critica ovviamente si è risentita: Altered Carbon non è stato
bocciato per le sue (tante) lacune narrative, per i suoi (tanti)
buchi di sceneggiatura, per le sue (tante) mancanze attoriali.
No, Altered Carbon è stato criticato per essere Altered Carbon.
Per essere, in altre parole, cyberpunk. O pulp. O per essere
fantascienza hard, dalle premesse, all'architettura, alle (troppe)
scene di nudo. E' lecito criticare l'eccessiva violenza nella
televisione e nel cinema, sebbene si tratti d'una lamentela vecchia
di almeno cinquant'anni. Tuttavia trovo altamente immorale – oh,
l'ironia! - criticare qualcosa solo in virtù di quello che è. Il
cyberpunk raffigura una realtà deprimente. Non sarebbe tale se non
fosse noir, se non fosse cupo, se non fosse intrinsecamente violento.
Sarebbe come pretendere da un giallo di non avere un delitto al suo
centro. Dopotutto, non è certo immorale che esista un intero genere
quale il giallo interamente dedicato alla soluzione di un assassinio?
Indelicato a dir poco.
Si potrebbe a ragione argomentare come Altered Carbon sia banalmente
violento e altrettanto banalmente nudo. La serie tv sfrutta i due
elementi senza troppo discernimento, rovesciando addosso allo
spettatore diverse scene che non hanno uno vero scopo nella trama se
non lo shock puro e semplice. In quest'ambito siamo più nel campo di
Spartacus che di Westworld.
La linea argomentativa tuttavia ha preferito nascondere un
pregiudizio morale dietro la maschera di un giudizio oggettivo. Un
film senza violenza non è inerentemente migliore di un film
violento. Se anche trovassimo un'adeguata definizione di violenza,
questa in Altered Carbon rimane un elemento della narrativa pulp di
Richard K. Morgan. E' un elemento dello stile, non una riflessione
morale. E' un'altra componente accanto alle droghe, la pioggia, le
sigarette e i dialoghi taglienti. La serie non è stata pertanto
criticata per i suoi difetti, che sono tanti, ma per essere “adulta”,
anche se il concetto di adulto esibito dagli sceneggiatori è
curiosamente adolescenziale...
Tralasciando i critici nostrani che amano criticare Netflix salvo in
seguito elogiare Transformers e Xander Cage, alcune delle critiche
statunitensi evidenziano, ancora una volta, l'incapacità di
comprendere le metafore. L'innovazione tecnologica alla base di
Altered Carbon postula la possibilità di salvare la propria identità
– la propria mente se si preferisce – dentro una pila corticale
impiantata alla base del cranio. In altre parole è possibile
trasferire la propria mente dentro un oggetto e in seguito
re-inserirla dentro un nuovo corpo, a seconda del proprio budget sintetico o propriamente “umano”, coltivato da tessuti
e muscoli in laboratorio. Il protagonista, Takeshi, è uno Spedi: era
abituato nell'esercito a saltare di corpo in corpo a seconda
dell'incarico nell'esercito e della missione affidata. Il suo
addestramento mentale gli permette di adattarsi alle nuove custodie
senza alcun periodo di “adattamento” o trauma psicologico. Una
possibilità del genere chiaramente annulla ogni differenza di pelle
o genere, perchè la mente può venire trasferita dove si preferisce,
anche se la stragrande maggioranza della popolazione è strangolata
dalla povertà e come tale non può permettersi una nuova “custodia”.
Il messaggio appare chiaro: conta la mente, non il corpo. Il sangue,
lo sporco, le ossa rotte nei combattimenti, così come la disinvolta
nudità dei protagonisti esibita più e più volte hanno lo scopo di
accalappiare lo spettatore, ma rivestono anche il fondamentale ruolo di
mostrare un mondo dove il corpo è solo un oggetto in vendita tra i
tanti.
La recensione del Time, in tal senso, è quanto di più
lontano dalla realtà si possa immaginare, quando critica la serie
perchè “il trattamento di razza, genere e classe è senza speranza
retrogrado... questo è un pastiche di James Bond che trasmette il
sesso e la violenza di 007 senza alcuno del suo stile o della sua
sostanza”. Quanta cecità interpretativa, quale straordinaria
miopia.
Altered Carbon ha esattamente lo scopo di dimostrare come fuori
dai propri corpi non esistano differenze reali di genere e “razza”,
mentre il mystery alla base dei 10 episodi ruota proprio attorno alla
fortissima divisione di classe che permea l'ambientazione. I “Mat”,
dal biblico Matusalemme, opprimo le classi inferiori perpetuando lo
status quo attraverso una longevità innaturale. La divisione tra
coloro che vivono nelle strade a là Blade Runner e le ville tra le
nuvole dei “Mat” è talmente auto-evidente che scrivere che non
c'è “trattamento (…) di classe” perplime alquanto.
Senza considerare dunque come l'intera premessa dello show sia
esattamente di nullificare le differenze di genere e razza, si deve
anche rilevare come la co-protagonista di Takeshi, la luogotenente
Kristina Ortega, sia di etnia spagnola, mentre il suo collega di
lavoro, Abboud, è un musulmano moderato. La scrittura dei dialoghi è
mediocre, ma azzecca quella combinazione di lingue caratteristica di
una città portuale, dove nomi e parole straniere si confondono e
vengono riutilizzate come più conviene: un magnifico dialogo tra
Ortega e Abboud vede i due passare senza soluzione di continuità
dall'inglese, allo spagnolo, all'arabo. E' straordinario come quegli
stessi critici che amano la diversità hanno poi criticato questo
“pidgin” fantascientifico perché irrealistico e confuso. Mai
sentito parlare del cinese di Taiwan? Di Hong Kong? Diamine,
basterebbe una visita a un qualsiasi porto europeo. Genova,
Trieste... persino nei nostri porti si avvertono tracce di una
commistione linguistica.
Il cyberpunk sviluppatosi dagli inizi del '2000, sulle fondamenta del
pastiche di Matrix, si caratterizza per diluire le tematiche
del genere all'interno di un'ambientazione contemporanea.
Le metropoli pesantemente decorate di Blade Runner diventano le città
americane, i detective con il trench diventano i luogotenenti della
polizia, i gadget ingombranti e avveniristici scompaiono a favore di
scanner e cellulare. Non esiste più un'ambientazione cyberpunk,
quanto piuttosto un'ambientazione “normale” con elementi
fantascientifici. Si desidera volutamente immergere lo spettatore
dentro un “luogo” urbano a lui familiare. C'è una certa ironia
nella constatazione come questo genere di “normalità”, propria
della fine degli anni '90 e degli anni pre crisi 2008, sia ora
totalmente aliena e come con gli anni '80, così presto si parlerà
di “anni '2000”.
Altered Carbon, al contrario, si colloca nell'ambito di un recupero
del cyberpunk delle origini: come Blade Runner 2049 e come il
prossimo Cyberpunk 2077 della CD Projekt, è una rielaborazione
integrale dello cyberpunk considerato come parte integrante del
setting, non solo appendice, contorno o elemento di modernità.
Altered Carbon non è il futuro di Fukuyama, ovverosia l'ennesima
democrazia liberale con una tecnologia aggiornata al 21' secolo.
Altered Carbon è un futuro radicalmente diverso, dove le conseguenze
di un'evoluzione tecnologica propria di un sistema capitalista hanno prodotto l'inevitabile conseguenza di un ancient regime
immutabile, dove un'élite governa su di un vasto e sofferente popolo
della gleba assoggettato alle corporazioni.
E' come se i responsabili ai costumi e alle scenografie avessero
preso tutte le caratteristiche visive che avevano reso grande Blade
Runner e le abbiano trasposte a Blade Runner 2049 e Altered Carbon.
Non dobbiamo tuttavia confondere la “trasposizione” con la copia,
perchè gli elementi tradizionali del cyberpunk vengono radicalmente
innovati dall'interno, nel contempo mantenendo il legame ombelicale
con i capostipiti del genere.
La recitazione degli attori della serie tende ad essere altalenante,
ma trovo che sia ingiusto rimproverare eventuali doti recitative: si
tratta di cattiva scrittura, sia nella costruzione dei singoli
episodi, che nella redazione dei dialoghi, davvero privi del mordente
e della raffinatezza necessaria. Qualche battuta intelligente trapela
di tanto in tanto, ma predomina un tono o eccessivamente volgare, o
eccessivamente artefatto. James Purefoy, come Matusalemme, assolve al
suo ruolo senza difficoltà, trasmettendo quel senso d'innata
superiorità propria della nobiltà di sangue.
Joel Kinnaman è uno strano caso: l'attore a tutti gli effetti recita
come se fosse nel corpo di un'altra persona, atteggiamento che lascio
allo spettatore giudicare se geniale o semplicemente una paresi
facciale. Kinnaman ha il merito inopinabile d'avere quella faccia “da
schiaffi” che era propria di Harrison Ford: gira per tutti e 10 gli
episodi con quella faccia di bronzo che sembra volersi prendere un
cazzotto (cosa che succede tanto e volentieri). L'abitudine di tenere
gli occhi bassi, la mania della sigaretta continua all'angolo delle
labbra, la faccia continuamente spaccata in due... riveste bene il
ruolo dell'investigatore, anche se nel confronto con il romanzo è un
personaggio molto più positivo e meno amorale. Il marchio distintivo
del personaggio, più della pistola e del coltello avvelenato, è lo
zainetto acquistato dallo spacciatore: un unicorno sugli arcobaleni
con lo sfondo rosa. Il riferimento – ironico quanto volete – è
all'unicorno del primo Blade Runner del 1982. Deckard nella
Director's Cut sogna un unicorno nella tradizione fantasy e nel
finale l'origami di Gaff è un perfetto unicorno, a simboleggiare la
possibilità che il sogno di Deckard sia stato impiantato come la
memoria di un replicante, quale forse è, o forse non è. In tal
senso l'animale simboleggiava l'ambiguità del film, ma nella serie
tv di Altered Carbon è un simbolo “sacro” volutamente citato e
dissacrato, -punkizzato se volete. Un omaggio a metà tra il dito medio e la sofisticazione.
Sempre nell'ambito di simboli e riferimenti, la serie tv traspone
nella sua totalità il lessico e la storia della trilogia originale:
il worldbuilding è ricco e profondo, anche se trasmesso allo
spettatore con la delicatezza di un martello pneumatico nel cranio.
Proposizione 653, neo-cattolici, dipper, needle-cast, grounders,
aerium, meth... la ricchezza del mondo cyberpunk finanziata da
Netflix brilla per quantità e qualità, anche se nelle forme di un
medium mediocre.
Il calderone ribollente di nomi e linguaggi trova una sua divertente
ripartizione per classe, con la poliziotta Ortega tra i “borghesi”
e i neo-cattolici, Takeshi Kovacs con la sua mescolanza di giapponese
e ungherese e ovviamente le diverse diramazioni di anglo-americano,
cinese, giapponese e arabo. Ovviamente le forze dell'ordine
galattiche del Protettorato prediligono il tedesco. Cliché...
Un vasto arsenale ha sempre caratterizzato l'action di Morgan, che
eccelle nella descrizione perversa del dettaglio minuto, non importa
quanto irrealistico. Un altro elemento videoludico reso bene
nell'adattamento televisivo, con la “Philips a compressione”.
«Va bene.» Restituii l'arma.
«E qualcosa di più maneggevole?»
«La Philips a compressione.»
Clive frugò in una cassa aperta, cercò tra i pezzetti di plastica, poi la sua mano riemerse con una snella pistola grigia, circa la metà delle dimensioni della Nemex.
«Solida struttura in acciaio. Usa un acceleratore elettromagnetico. Totalmente silenziosa, precisa fino a venti metri circa. Niente rinculo, e il generatore offre l'opzione dell'inversione di campo, il che significa che a cose fatte si possono recuperare i proiettili dal bersaglio. Il caricatore ne contiene dieci.»
«Le batterie?»
«Garantite dai quaranta ai cinquanta colpi. Dopo di che si perde velocità d'uscita a ogni sparo. Nel prezzo sono comprese due batterie di ricambio e un kit di ricarica compatibile con gli impianti elettrici domestici.»
«Avete un poligono? Un posto dove possa provare le armi?»
«Sul retro. Tutte e due queste bambine sono vendute con un disco di combattimento virtuale per l'addestramento ed esiste una perfetta parità tra performance virtuali e reali. Lo assicura la garanzia.»
Un fucile a rotaia miniaturizzato alle dimensioni di una pistola, se
ho bene compreso.
Il gestore dell'arena clandestina dove non si registra nulla, se non
su antiquate vhs, è un terrificante Matt Frewer: un incrocio tra Jim
Carrey, il Joker e un'eccessiva dose di plastica facciale.
E' il secondo riferimento al cyberpunk delle origini dopo l'unicorno:
in questo caso Matt Frewer era anche l'attore che animava il volto
digitale di Max Headroom, incorporea entità annunciatrice della
serie tv del 1985 “Max Headroom: Venti minuti nel futuro”.
In
Altered Carbon si è fatto carne, anzi plastica sintetica.
Un attore tira l'altro e vogliamo parlare di Matt Biedel? Il concetto
delle custodie permette una stupefacente flessibilità attoriale: nel
giro di meno di tre episodi Matt Biedel recita la parte di uno
stupratore condotto nella stazione di polizia, di un'arzilla nonnina
e di uno psicopatico dalla personalità multipla. Il tutto nel
corpo/custodia di un muscoloso teppista tatuato. Un raggiungimento
notevole, con il solo ausilio del tono di voce, le mani e un minimo
di faccialità (limitata dalla barba e dall'anello al naso). Tra i
tanti omaggi musicali, si segnala infine il Waltz n. 2 di
Shostakovich, già ripreso nell'Eyes Wide Shut di Kurbrick, nella
scena di combattimento del terzo episodio.
Mentre il cyberpunk degli inizi del '2000 si limitava alla falsa
equivalenza città = città americana, Altered Carbon ha imparato la
lezione di Blade Runner e ricerca attivamente scenari e stili
architettonici corrispondenti alle diverse sezioni urbane, senza
limitarsi a cemento armato e vetrate, il mortale connubio che ci
viene inflitto dall'architettura contemporanea dagli anni '70.
I Meth, ovviamente, vivono nella meraviglia dell'art déco del
1920/30.
Colori caldi, con una vasta tonalità di nocciola, oro, argento e
bronzo, oltre che l'avorio proprio della classe alta. La ricerca
geometrica nell'ascensore e sulle pareti emana un senso di
tranquillità contraddetto dai torbidi della famiglia. La serie
riprende in questo contesto lo stereotipo ormai vetusto dell'arte
decadente come arte dei decadenti: come i film del 1930-50
consideravano l'art nouveau di inizio '900 qualcosa di kitsch e
perverso, degno dei suoi ricchi abitanti, così Altered Carbon
presenta l'art déco come una prerogativa del potere. Un ovvio
collegamento videoludico all'immortale Bioshock, con il quale la
serie condivide la critica all'ideologia di Ayn Rand.
La polizia appare
alloggiata all'interno di una chiesa sconsacrata, nello stile neo
gotico, con sotterranei, vetrate a mosaico e persino antichi
confessionali. Questo sottolinea e rimarca la fede dei neo-cattolici
di Ortega, così come ribadisce la funzione della polizia, unico
organo statale nell'altrimenti corporativa società di Bay City.
Ortega è l'ultima rappresentante del potere “sacro” dello stato
dentro un futuro distopico dove il potere di questo è ormai
scomparso o si è diluito nelle forme di dominazione dittatoriale del
Protettorato.
La casa di Ortega è a sua
volta un sotterraneo che sembra ricavato da un edificio brutalista:
un luogo sorprendentemente confortevole, come lo sono tanti edifici
bistrattati di quel periodo, ma nel contempo con quell'austerità e
severità di ambienti che ricorda la chiesa/stazione di polizia. Un
luogo dove riposa un lavoratore, contrapposto invece alle librerie e
agli ozi di Bancroft.
Al di sotto dei
“grounders”, come Ortega, che hanno un proprio lavoro, la gran
parte della popolazione vive dentro container accatastati l'uno
sull'altro, una caotica periferia pesantemente decorata. Mentre i
Meth preferiscono quell'odioso minimalismo nell'arredamento proprio
delle classi agiate, la baraccapoli di Bay City appare ingombra di
uomini e cose.
Takeshi Kovacs, al momento
di scegliere dove alloggiare, preferisce il passato.
Il “Raven” è
costruito e arredato come un albergo vittoriano e il suo gestore è
un'intelligenza artificiale convinta d'essere niente meno che Edgar
Allan Poe.
Le intelligenze
artificiali dovevano essere una moda alcuni secoli prima, alla pari
oggigiorno delle criptomonete e delle blockchain. I gusti cambiano e
in Altered Carbon come nel presente, rimangono solo le rovine delle
mode passate. Il “Raven” è uno di queste, un malinconico inno al
passato. L'Hotel non riceve ospiti da secoli e considera Takeshi un
cliente da proteggere e aiutare qualsiasi il costo. Il luogo è un
edificio con quella combinazione irresistibile di arredamento
“pesante” caratteristico della seconda metà dell'ottocento,
dagli scrittoi sterminati, al riscaldamento di ottone e ghisa, al
banco reminescente della sala bar di Shining, all'ascensore
tappezzato di rosso. Il sistema di difesa è un'assurdità steampunk
di gatling montate su pedane e occultate nel soffitto, mentre la
forma “umana” dell'Hotel, cioè Poe, è un uomo nervoso e
sardonico, capace all'occorrenza di bere un bicchiere e imbracciare
uno shotgun con i muscoli di nanobot via ologramma.
In un futuro
lontano e distopico l'età vittoriana è una speranza e il
personaggio letteralmente più umano e compassionevole è una dannata
intelligenza artificiale.
6 commenti:
Cit: "La critica ovviamente si è risentita: Altered Carbon non è stato bocciato per le sue (tante) lacune narrative, per i suoi (tanti) buchi di sceneggiatura, per le sue (tante) mancanze attoriali."
Ugh.
Sei riuscito a spaventarmi :p
Quando sono gravi le lacune narrative e i plot hole? Da sbuffata, da roll-eyes o da rottura della sospensione dell'incredulità con bestemmione carpiato?
Caro "Anonimo",
i difetti sono purtroppo tanti, inutile negarlo. Altered Carbon per quanto mi riguarda è una serie obbligata per l'amante del cyberpunk, ma presenta diverse lacune gravi sotto il profilo dell'ossatura nuda e cruda degli episodi. Siamo dunque nel campo della "sbuffata" (tanto e volentieri).
In ordine:
- I primi 5 episodi, che non a caso seguono fedelmente il libro, sono notevolmente superiori agli ultimi 5. Dettaglio non trascurabile, c'è un episodio letteralmente "filler", che sembra raccogliere i peggiori difetti degli anime.
- Renée Elise Goldsberry è un'attrice disperatamente inadatta al ruolo di terrorista e/o leader messianico e/o filosofa di Quellcrist Falconer. La recitazione non regge, non è credibile, i dialoghi le si sfaldano tra le mani.
- I diversi episodi sono decisamente aritmici, con alcune parti dove letteralmente non succede nulla e altre, come il primo episodio, dove si spinge il pedale sulla narrazione tanto da bruciare i copertoni.
- I comprimari e lo stesso protagonista sono abbozzati e non evolvono in maniera decisiva. Sono "fissi"; questo oggettivamente è un difetto, ma trovo che rifletta bene la fissità dei personaggi di Neuromante, dove viene più e più volte negata ogni ascesa sociale al protagonista, eternamente scazzato.
Si veda a questo proposito la riflessione di Neon Dystopia:
https://www.neondystopia.com/cyberpunk-movies-anime/neuromancer-counterpoint-to-1980s-popular-culture/
- I dialoghi sono spesso mediocri: si passa dalla volgarità opportunamente esagerata alla riflessione più o meno banale. C'è da dire tuttavia che la serie sfrutta la "voce narrante" nella stessa tradizione della versione da cinema di Blade Runner, prima che venisse rimossa nella Director's Cut.
Un altro elemento del tutto ignorato dai critici, ma si sa...
""I primi 5 episodi, che non a caso seguono fedelmente il libro...""
La serie tv rimane fedele al libro per 9 minuti e 15 secondi, titoli di testa compresi.
;-)
Caro "Anonimo 2",
solo le anime ingenue considerano la fedeltà di un adattamento nella misura in cui il regista segue alla lettera le vignette/scene del fumetto/libro.
La serie tv cattura bene le atmosfere e le tematiche proprie della trilogia (perchè sono tre i libri, se li hai davvero letti ;-) e questo è quanto importa. Altrimenti si va a finire con Snyder e il suo Watchmen fedelissimo all'originale, ma proprio per questo disagiato oltre ogni descrizione.
Salve. Se Altered Carbon presenta così tanti (?!) difetti, le sarei grato se potesse citare delle serie che ne siano, o quasi, prive.
Per quanto riguarda Altered Carbon, aspetto ansiosamente una seconda stagione.
PS: buchi narrativi?
@Peter Pan.
L'articolo è un elogio della serie tv, di conseguenza non comprendo a chi si riferisca. Quanto agli innegabili difetti, sono elencati qui sopra e possono essere riassunti in problemi di tonalità narrativa tra i diversi episodi, d'incapacità attoriale e di premesse fantascientifiche in alcuni casi improbabili.
Inoltre, solo perchè le altre serie tv hanno gravi difetti, questo non preclude dalla critica Altered Carbon (ma ripeto, l'intero articolo è una difesa della serie, che io ho apprezzato... se lo ha davvero letto)
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