
Tuttavia, mentre
riponevo il saggio nella tasca del mio montgomery, aveva un suo
senso, perchè si trattava di un saggio volutamente frammentario,
dettato dagli appunti di uno smartphone dai non-luoghi della
simulazione altrimenti nota come “America”. Come preannunciava
Bittanti nell'introduzione, si trattava di uno scritto che non aveva
pretese di assoluta completezza, pur mantenendo l'impianto e la
serietà di un saggio accademico.
A una scrittura
aritmica non poteva a mio parere che corrispondere una lettura
rapsodica.
Al suo nocciolo,
Orizzonti di forza è un saggio che analizza due videogiochi di
racing, Forza Horizon e Forza Horizon 2. All'analisi dei due
oggetti videoludici corrispondono le due parti del testo, America
ed Europa, corrispondenti loro volta ai tracciati dei due
giochi, il primo in Colorado, il secondo nell'Europa mediterranea
(Provenza, Toscana, ecc ecc). Il saggio si propone di analizzare i
due giochi come artefatti culturali, una produzione dell'uomo che
come ogni suo oggetto “fabbricato” veicoli un'ideologia e una
visione del mondo ben precisa. Alla sega mentale del recensore che
conta i pixel sullo schermo per dare il suo voto al gioco, si
preferisce invece una contestualizzazione del gameplay nel mondo
reale, con le sue ripercussioni nel marketing, nelle vendite e
ovviamente nella mentalità del giocatore indottrinato.
E' una critica a vasto
raggio, se si preferisce un processo induttivo: dal particolare
(Forza Horizon) si procede al generale, passando dai conflitti
per il petrolio, alla perdita del reale nel senso di Baudrillard, al
nuovo sessismo dei videogiochi contemporanei. Il videogioco
interloquisce non solo coi temi sociali, ma col cinema (si veda ad
esempio la riflessione su Shining di Kubrick), coi social, con la
pubblicità, con la sociologia e la filosofia marxista alla Slavoj Zizek.
L'automobile, idolo e
feticcio americano, ne esce distrutta, svuotata di senso,
annientata. Si comprende a metà saggio come non sia contro Forza
Horizon che si scaglia il testo, ma contro il mito dell'automobile e
dei valori liberal/americani che presuppone, eradicati fino
all'ultima radice.
La mole sia di
citazioni filosofiche, che di note a piè pagina (mai così pregne di
bibliografia) vengono intrecciate all'esperienza personale di
Bittanti in America. Il tono pertanto è a volte diaristico, senza
tuttavia snaturare il procedere argomentativo.
Mentre lo leggevo
durante un viaggio a Bassano, nel dicembre prossimo a Capodanno, mi
sono avvenute diverse esperienze spiacevoli con l'automobile che
automaticamente ponevo in relazione col saggio. Pertanto, con questa
recensione ho voluto mescolare esperienza e appunti di lettura,
constatando derive videoludiche nel mondo reale e viceversa.