La serie di
Providence
di
Alan Moore si dovrebbe comporre di
dodici numeri – al momento
nell'edizione italiana la Panini Comics ha pubblicato
i primi quattro in un unico volume cartonato, mentre l'edizione anglosassone è
arrivata all'
ottavo numero da qualche settimana.
Spero che non passi troppo tempo prima che la Panini prosegua coi quattro numeri
successivi: dopo una partenza in sordina, la serie sta acquistando
attrito e dopotutto non è certo un albo qualunque, da leggere in
fretta e mollare via. E' naturale debba trascorrere parecchio tempo,
perché il virus lovecraftiano si diffonda adeguatamente e generi
nuovi cultisti/lettori.
Certo, a leggere certe
recensioni e commenti negativi, viene quasi da malignare che un
autore così raffinato non ce lo meritiamo e che quest'intero sforzo
– pubblicazione, traduzione, persino quest'analisi – sia una
fatica inutile.
Cosa dire, ad esempio,
di un recensore che definisce Providence “una bella cazzata”?
Siamo su talmente
molteplici livelli di lettura e approfondimento da perderne il conto,
incapsulati dentro una ricostruzione storica ferrea e un Burrow mai
così certosino.
Eppure, per un
recensore è una “bella cazzata”. E Moore scrive in modo
“noioso”.
Siamo a un fenomeno
trasversale a molti generi e media, dai film ai fumetti: ricercare
documentazione e volerla esibire è delitto, proporre qualcosa di più
che la solita minestra riscaldata è offendere il lettore, voler
proporre uno stile di scrittura e una lingua storicamente situata
negli anni '20 è peccare di “citazionismo”. E' l'odio rampante
di chi vanta la propria ignoranza e non sopporta che gliela venga
ricordata, che al minimo accenno di approfondimento fugge via e che a
qualunque proposta culturale risponde chiedendo a cosa serve “nella
vita reale”.
Come insegna Socrate, è
importante sapere di non sapere e sono il primo ad ammettere un
autentico analfabetismo verso un gran numero di argomenti. Tuttavia,
vantarsi di non sapere, continuare a non voler sapere e offendersi se
il Socrate di turno ti vuole aiutare è un comportamento davvero
deprimente, di un'arretratezza reazionaria ormai diffusa.
Questo terzo numero - A Lurking Fear – si sposta a Salem, l'equivalente per Moore della
Innsmouth di Lovecraft. Di questi primi quattro, Providence 3 a mio
parere è il più efficace, il che spiega il ritardo per tradurre le
annotazioni.
Vi sono così tanti
dettagli da cogliere e assaporare, così tanti livelli di lettura e
possibili interpretazioni. L'escamotage del sogno permette ad esempio
una digressione sull'olocausto e i campi da concentramento
agghiacciante, che al primo impatto mette davvero a disagio. Affidata
a un autore normale, un'idea del genere, usare i mostri di Innsmouth
per trattare l'antisemitismo, non avrebbe funzionato, sarebbe
diventata solo offensiva e pretenziosa.
Incidentalmente, mi
accorgo adesso che le origini ebraiche di Black sono state pressochè
ignorate dai recensori “che ne sanno”, nonostante rivestano in
rapporto all'epoca un ruolo fondamentale.
La numerazione che
seguono e che ho adottato procede da pagina 0 (la copertina) e così
via, analizzando vignetta di vignetta (Pagina 1 Vignetta 1 ecc ecc)
Per le citazioni dalla narrativa, ho usato l'edizione dei Grandi
Tascabili Economici Newton.