Per il Capodanno appena
trascorso, ero a Bassano del Grappa in visita a un mio collega di
studi universitario, cui avevo promesso di venire un giorno. Come ogni volta che viaggio in qualche luogo nuovo, la prima cosa da fare è cercare quant'è, per noi nerd, un rifugio sicuro per un alpinista disperso in montagna: una fumetteria, una libreria, un negozio di
giochi.
C'è stato un qui
pro quo, per cui il negozio di Atom Plastic che pensavo, dal
titolo, essere un negozio di modellismo, si è rivelato un'ottima
fumetteria. L'autobus partiva, aveva ricominciato a nevicare, mi
rifiutavo di uscire a mani vuote: così ho comprato il primo fumetto
che attirasse la mia attenzione, ovvero questo "Il Mastino e
Altre Storie", di Gou Tanabe.
Ciò per spiegare che
normalmente non ho i soldi per comprare fumetti a scatola chiusa, né
per altro l'abitudine di comprare al volo, solo perché attirato
dalla copertina. Leggo volentieri i manga ( a proposito, potremmo
davvero chiamarli “fumetti giapponesi”, esattamente come esistono
i fumetti francesi, invece che relegarli nel recinto dei termini
esotici!) ma li compro e li assaporo comunque raramente. Va da sé,
che se siete di chi è convinto che il fumetto orientale sia
inferiore e ridicolo per principio perché non imita l'assoluto
(ir)realismo degli universi Marvel e Dc Comics, potete anche
sgombrare, passate a leggere altro. Altrimenti, Il Mastino e Altre
Storie è un buon libro.
Gou Tanabe ha scelto
per questa raccolta di storie strettamente fedeli ai racconti di
Lovecraft tre episodi piuttosto iconici: il Tempio, il Mastino (in Italia noto come Il Cane) e La Città senza Nome.
Nel Tempio, un
sottomarino tedesco – nel 1917, ma con bandiera nazista – deve
affondare il transatlantico “Dacia” inglese, ma dopo il
ritrovamento di un cadavere che stringe una misteriosa statuetta,
l'equipaggio precipita in una spirale di violenza e follia morbosa.
Ammutinamenti, un grave
incidente ai motori trascinano il sommergibile alla deriva nelle
profondità dell'oceano, mentre il secondo del comandante è
ossessionato dal suo ritrovamento, la testolina di una statuetta che
sembra della Grecia classica...
Nell'allucinato finale,
la verve teutonica del comandante in tutta da palombaro si
scontrerà con l'orrore di un Atlantide incorrotta dai buonismi della
Disney...
L'originale racconto di
H.P. Lovecraft rimane diverse tacche superiore quest'adattamento, che
tuttavia funziona bene: le inquadrature piccole e squadrate
trasmettono il senso di claustrofobia a bordo, mentre notevolissimo è
l'uso del nero e di alcune vignette a tutta pagina per trasmettere il
sublime del sommergibile disperso nelle profondità...
L'acqua color pece
degli inchiostri di Tanabe terrorizza (1 livello di paura), ma il
sommergibile è a sua volta un intrico di tubature opprimente (2
livello) e l'equipaggio è chiaramente schizoide, tranne che per il
comandante (3 livello). Il 4 livello, va da sé, è l'orrore della
città sommersa.
Nel Mastino, una coppia
aristocratica che per hobby saccheggia i cimiteri, ruba un amuleto
maledetto, che scatena la caccia del Mastino del titolo, un segugio
trans-dimensionale. St John, il cinico del duo, è inoltre
appassionato di quell'innocua opera letteraria (sic) nota come il
Necronomicon.
Soccombe per primo,
mentre il narratore (che come nel racconto, non ha nome) cerca di far
perdere la “traccia” al Mastino infernale... Come sempre per
Lovecraft, la conclusione non è affatto allegra.
Il Mastino è il
racconto su cui Gou Tanabe investe più pagine; c'è chiaramente un
inizio, uno svolgimento e un gran finale. Le locazioni mutano
considerevolmente e l'orrore colpisce più volte, per l'appunto come
un cane rabbioso che azzanni la sua preda. Se il sommergibile
trasmetteva claustrofobia, è qui la fuga e il rincorrersi dei due
personaggi braccati a dare ansia al lettore.
Gran parte delle
vignette vedono il narratore o St John guardarsi le spalle, correre
via da un pericolo (fuggire!) o fissare attoniti il cielo. I riquadri
strettissimi “scoppiano” poi in faccia al lettore, quando senza
preavviso Tanabe inserisce una pagina colorata completamente di nero,
o una vignetta a tutta pagina. Forse la sequenza più efficace di
tutti e tre i racconti è data dal Mastino, dove a una vignetta
panoramica seguono gli sguardi straniti dei protagonisti, per
glissare su una pagina nera e infine un'inquadratura innaturalmente
ravvicinata alla faccia del narratore.
E questa è la prima
delle tre “zampate” di orrore nella storia.
Che, ne converrete, non
è poco.
Nella Città senza
Nome, un esploratore viaggia alla ricerca dell'omonima città citata
dal Necronomicon e dalle leggende arabe. Attenzione a cosa si
desidera, si dice, perché la città si rivelerà un dungeon privo di
pericoli fisici, ma pieno di insidie mentali, dove l'età stessa
dell'edificio e dei suoi mostruosi abitanti meriterebbe un D1000 di
Punti Follia...
Come con Il Tempio, il
racconto originale resta superiore all'adattamento.
La Città senza Nome è
un anticlimax: pur vivendo di una crescita di terrore lineare,
matematica nella sua successione delle stanze, non impaurisce quanto
il Mastino e anzi sembra manieristica, nel modo in cui cita il
racconto. Tanabe esagera nelle prime pagine con le parti scritte
tratte dall'originale, mentre nella seconda parte fallisce proprio
nel momento di scatenare “i mostri”.
L'esatto contrario del
Mastino, in un certo senso.
C'è inoltre il
problema del personaggio, che cappello da Indiana Jones in testa e
lineamenti “mangheschi” risulta stereotipato.
Le gabbie – più che
vignette – in cui Tanabe imprigiona il suo esploratore trasmettono
ancora una volta la claustrofobia del sottomarino de Il Tempio.
L'esploratore si contorce, si piega, si affanna per scendere dentro
la Città.
E giunto all'obiettivo,
l'antichità incomprensibile da comprendere dell'edificio,
l'agghiacciante rivelazione di non essere soli, colpisce
altrettanto il lettore nel fumetto che nel racconto. In particolare,
la degenerazione degli abitanti culmina in una successione di
vignette/affreschi che mostrano scene di cannibalismo ulteriormente
distorte dalla mano aguzza di Tanabe.
Una conclusione dunque
degna, anche se un po' affrettata.
Si discute tanto di
nuovi capolavori lovecraftiani, così come del vasto mare di brutture
e imitazioni che cercano di cavalcare l'onda di una moda che sta già
scomparendo: tuttavia, opere come Il Mastino e Altre Storie, di Gou
Tanabe ci ricordano l'esistenza di prodotti “nel mezzo” che senza
essere rivoluzionari, piacciono molto.
La J-POP ha pubblicato
una bella edizione, con alcune note a piè di pagina notevoli e
alcuni extra nei disegni (la copertina iniziale). Il formato,
tuttavia, è molto ridotto, anche troppo: questa però è
caratteristica mi pare di gran parte del catalogo della casa
editrice.
Fonti:
Adattamento e Disegni
di Gou Tanabe. Edito dalla J-POP.
Il gestore di Atom Plastic era simpatico e conosceva la sua merce, quindi vi linko il
negozio, se passate o abitate nei dintorni.
2 commenti:
Io su Atom Plastic ci compro le Funko online :D
Per il resto, mi segno i fumetti
Notavo una sovrabbondanza di action figure&simili nel negozio, forse sulle pagine web intendevano questo, per "modellismo"... :-D
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