mercoledì 6 gennaio 2016

L'orrore claustrofobico di Gou Tanabe - Il Mastino e Altre Storie


Per il Capodanno appena trascorso, ero a Bassano del Grappa in visita a un mio collega di studi universitario, cui avevo promesso di venire un giorno. Come ogni volta che viaggio in qualche luogo nuovo, la prima cosa da fare è cercare quant'è, per noi nerd, un rifugio sicuro per un alpinista disperso in montagna: una fumetteria, una libreria, un negozio di giochi.
C'è stato un qui pro quo, per cui il negozio di Atom Plastic che pensavo, dal titolo, essere un negozio di modellismo, si è rivelato un'ottima fumetteria. L'autobus partiva, aveva ricominciato a nevicare, mi rifiutavo di uscire a mani vuote: così ho comprato il primo fumetto che attirasse la mia attenzione, ovvero questo "Il Mastino e Altre Storie", di Gou Tanabe.

Ciò per spiegare che normalmente non ho i soldi per comprare fumetti a scatola chiusa, né per altro l'abitudine di comprare al volo, solo perché attirato dalla copertina. Leggo volentieri i manga ( a proposito, potremmo davvero chiamarli “fumetti giapponesi”, esattamente come esistono i fumetti francesi, invece che relegarli nel recinto dei termini esotici!) ma li compro e li assaporo comunque raramente. Va da sé, che se siete di chi è convinto che il fumetto orientale sia inferiore e ridicolo per principio perché non imita l'assoluto (ir)realismo degli universi Marvel e Dc Comics, potete anche sgombrare, passate a leggere altro. Altrimenti, Il Mastino e Altre Storie è un buon libro.

Gou Tanabe ha scelto per questa raccolta di storie strettamente fedeli ai racconti di Lovecraft tre episodi piuttosto iconici: il Tempio, il Mastino (in Italia noto come Il Cane) e La Città senza Nome.

Nel Tempio, un sottomarino tedesco – nel 1917, ma con bandiera nazista – deve affondare il transatlantico “Dacia” inglese, ma dopo il ritrovamento di un cadavere che stringe una misteriosa statuetta, l'equipaggio precipita in una spirale di violenza e follia morbosa.
Ammutinamenti, un grave incidente ai motori trascinano il sommergibile alla deriva nelle profondità dell'oceano, mentre il secondo del comandante è ossessionato dal suo ritrovamento, la testolina di una statuetta che sembra della Grecia classica...
Nell'allucinato finale, la verve teutonica del comandante in tutta da palombaro si scontrerà con l'orrore di un Atlantide incorrotta dai buonismi della Disney...


L'originale racconto di H.P. Lovecraft rimane diverse tacche superiore quest'adattamento, che tuttavia funziona bene: le inquadrature piccole e squadrate trasmettono il senso di claustrofobia a bordo, mentre notevolissimo è l'uso del nero e di alcune vignette a tutta pagina per trasmettere il sublime del sommergibile disperso nelle profondità...
L'acqua color pece degli inchiostri di Tanabe terrorizza (1 livello di paura), ma il sommergibile è a sua volta un intrico di tubature opprimente (2 livello) e l'equipaggio è chiaramente schizoide, tranne che per il comandante (3 livello). Il 4 livello, va da sé, è l'orrore della città sommersa.

Nel Mastino, una coppia aristocratica che per hobby saccheggia i cimiteri, ruba un amuleto maledetto, che scatena la caccia del Mastino del titolo, un segugio trans-dimensionale. St John, il cinico del duo, è inoltre appassionato di quell'innocua opera letteraria (sic) nota come il Necronomicon.
Soccombe per primo, mentre il narratore (che come nel racconto, non ha nome) cerca di far perdere la “traccia” al Mastino infernale... Come sempre per Lovecraft, la conclusione non è affatto allegra.

Il Mastino è il racconto su cui Gou Tanabe investe più pagine; c'è chiaramente un inizio, uno svolgimento e un gran finale. Le locazioni mutano considerevolmente e l'orrore colpisce più volte, per l'appunto come un cane rabbioso che azzanni la sua preda. Se il sommergibile trasmetteva claustrofobia, è qui la fuga e il rincorrersi dei due personaggi braccati a dare ansia al lettore.
Gran parte delle vignette vedono il narratore o St John guardarsi le spalle, correre via da un pericolo (fuggire!) o fissare attoniti il cielo. I riquadri strettissimi “scoppiano” poi in faccia al lettore, quando senza preavviso Tanabe inserisce una pagina colorata completamente di nero, o una vignetta a tutta pagina. Forse la sequenza più efficace di tutti e tre i racconti è data dal Mastino, dove a una vignetta panoramica seguono gli sguardi straniti dei protagonisti, per glissare su una pagina nera e infine un'inquadratura innaturalmente ravvicinata alla faccia del narratore.
E questa è la prima delle tre “zampate” di orrore nella storia.
Che, ne converrete, non è poco.


Nella Città senza Nome, un esploratore viaggia alla ricerca dell'omonima città citata dal Necronomicon e dalle leggende arabe. Attenzione a cosa si desidera, si dice, perché la città si rivelerà un dungeon privo di pericoli fisici, ma pieno di insidie mentali, dove l'età stessa dell'edificio e dei suoi mostruosi abitanti meriterebbe un D1000 di Punti Follia...

Come con Il Tempio, il racconto originale resta superiore all'adattamento.
La Città senza Nome è un anticlimax: pur vivendo di una crescita di terrore lineare, matematica nella sua successione delle stanze, non impaurisce quanto il Mastino e anzi sembra manieristica, nel modo in cui cita il racconto. Tanabe esagera nelle prime pagine con le parti scritte tratte dall'originale, mentre nella seconda parte fallisce proprio nel momento di scatenare “i mostri”.
L'esatto contrario del Mastino, in un certo senso.
C'è inoltre il problema del personaggio, che cappello da Indiana Jones in testa e lineamenti “mangheschi” risulta stereotipato.
Le gabbie – più che vignette – in cui Tanabe imprigiona il suo esploratore trasmettono ancora una volta la claustrofobia del sottomarino de Il Tempio. L'esploratore si contorce, si piega, si affanna per scendere dentro la Città.
E giunto all'obiettivo, l'antichità incomprensibile da comprendere dell'edificio, l'agghiacciante rivelazione di non essere soli, colpisce altrettanto il lettore nel fumetto che nel racconto. In particolare, la degenerazione degli abitanti culmina in una successione di vignette/affreschi che mostrano scene di cannibalismo ulteriormente distorte dalla mano aguzza di Tanabe.
Una conclusione dunque degna, anche se un po' affrettata.

Si discute tanto di nuovi capolavori lovecraftiani, così come del vasto mare di brutture e imitazioni che cercano di cavalcare l'onda di una moda che sta già scomparendo: tuttavia, opere come Il Mastino e Altre Storie, di Gou Tanabe ci ricordano l'esistenza di prodottinel mezzo” che senza essere rivoluzionari, piacciono molto.


La J-POP ha pubblicato una bella edizione, con alcune note a piè di pagina notevoli e alcuni extra nei disegni (la copertina iniziale). Il formato, tuttavia, è molto ridotto, anche troppo: questa però è caratteristica mi pare di gran parte del catalogo della casa editrice.

Fonti:
Adattamento e Disegni di Gou Tanabe. Edito dalla J-POP.

Il gestore di Atom Plastic era simpatico e conosceva la sua merce, quindi vi linko il negozio, se passate o abitate nei dintorni.  

2 commenti:

Marco Grande Arbitro ha detto...

Io su Atom Plastic ci compro le Funko online :D
Per il resto, mi segno i fumetti

Coscienza ha detto...

Notavo una sovrabbondanza di action figure&simili nel negozio, forse sulle pagine web intendevano questo, per "modellismo"... :-D