Giudicare
la coppia William Gibson&Bruce Sterling è affare difficile.

Deus
ex: Human revolution E' cyberpunk, ma E' attuale. Neuromante invece
appare ora come un'anticaglia retrofuturista, e sempre per mia
personale opinione, Blade Runner ormai è bello proprio in virtù del
vecchio che vi alberga: le architetture vittoriane, gli edifici
ciclopici, l'affollarsi di loghi e richiami a un futuro che
s'immaginava, ma non si è mai avverato, se non nei suoi aspetti
peggiori.
Continuo
inoltre a simpatizzare maggiormente con i protagonisti cyberpunk che
con le sagome di cartapesta della Golden Age del secondo dopoguerra.
Stringerei volentieri la mano a Case di Neuromante, ma storcerei il
naso davanti all'impettito (e francamente imbarazzante) "Johnnie" Rico di
Fanteria nello spazio, di Heinlein.
Asimov lasciamolo pure nel suo
reliquario, e così pure i vari Dick della Fanucci, grazie.
William
Gibson mi è sempre sembrato il migliore, quando si tratta di puro
stile di scrittura.
Sono entrambi autori ampollosi, a loro modo,
molto barocchi, ma Sterling senza dubbio fa maggiore difficoltà a
trasportare su carta le proprie idee.
Leggete il saggio di Sterling
“Parco giochi con pena di morte”. O una dei suoi tanti blurb,
rant e/o riflessioni. Rimarrete stupiti dall'acume del personaggio,
dalla capacità di cogliere mutamenti in corso che l'élite modaiola
e demente dei techno-guru della Silicon Valley si ostinano a
mascherare. Non ci sono peli sulla lingua, quando parla Sterling. E'
tutto lì, discutibile e polemico, ma senza dubbio sincero, anche nei
profondi entusiasmi.
Gibson
invece l'ho sempre considerato come lo scrittore “alto”.
Ovviamente non lo è, e lui non si definirebbe mai così, ma tra i
due quando si tratta d'avvincere il lettore primeggia chiaramente.
C'è un fondo di poesia che i recensori odiano, ma che rende i suoi romanzi innegabilmente tecnologici,
senza tuttavia perdere umanità.
Potremmo dire che Sterling ha le
idee e Gibson i versi con cui metterle su carta.
Gibson
è meno un personaggio pubblico del suo collega, ma di tanto in tanto
rilascia interviste.
E' il caso di questa lunga chiacchierata del
Paris Review The Art of Fiction 211, dove ripercorre vita,
morte&miracoli della sua carriera dagli anni sessanta a ora.
Alcune
notizie saranno note, come lo spunto per scrivere Neuromante da una
sala giochi, l'amicizia con Shirley ecc ecc Altre riflessioni
tuttavia meritano una traduzione, perché eccezionalmente
interessanti. Rivelatorio in particolare il continuo rimando ai
Vittoriani, ormai considerati sia da Gibson che Sterling ottima pietra di paragone del ventunesimo secolo. Consolante inoltre
come Gibson non usi un'outline, ma proceda di revisione in
revisione, con un lento lavoro di cesellatura.
E come negare il
carattere di “irrealtà” del mondo attuale? C'è troppa
fantascienza, questo è il vero ostacolo per chi voglia scriverne.
Nessuna distopia aveva previsto un simile disastro, né le fantasie
maggiormente fervide previsto un clima geopolitico tanto incasinato.
Dopo
aver constatato che il cyberpunk è diventato una realtà positiva,
possiamo paradossalmente chiederci se non sia il caso di ritornare a
scrivere fantascienza ottimista. Dopotutto, raggiunto il fondo del
barile si può solo risalire... O continuare a scavare (sic).

Valgono come sempre le solite avvertenze quando si tratta di traduzioni: imperfette, letterali quando dovrebbero essere libere, libere quando dovrebbero essere letterali, ecc ecc La lettura del (grosso) testo in originale è ampiamente consigliata.