E' un'abitudine piuttosto consolidata
di una casa editrice iniziare a tradurre i primi volumi di una saga
per poi interrompersi, forse perchè le vendite non supportano
ulteriori sforzi in questo senso, forse perchè l'editore ha tirato
un d20, e il risultato non gli piaceva.
Tuttavia, esistono eccezioni
meritevoli.
Per quanto lentamente, la casa editrice
Nord sta infatti traducendo ormai da anni la saga polacca di
Sapkowski, un libro all'anno. Di questo passo sarò
laureato&disoccupato in tempo per la fine della saga, se si
prosegue a simil passo di bradipo; al contempo meglio non lamentarsi,
che la saga è presente nei diversi volumi solo in polacco, quel
genere di lingua che temo facile quanto l'ebraico biblico, o
l'aramaico antico.
Il polacco gioca un ruolo chiave in
questa riflessione, perché in un certo senso è l'assicurazione, la
chiave che protegge il lavoro della traduttrice. Non si può infatti
negare che con qualsiasi altro libro fantasy avremmo potuto ricorrere
con una certa facilità all'originale in inglese; ed essendo
l'anglosassone ormai l'esperanto del mondo occidentale, non sarebbe
risultato difficile verificare se la sciatteria nello stile sia mea
culpa di traduttori lazzaroni, o scrittori altrettanto pigri.
Ma Sapkowski! Sapkowski rimane un
mistero. Conosco una ragazza nella scuola traduttori che studia il
polacco, ma mi ha confessato che per i non madrelingua può risultare
ostico all'inverosimile, con punti di contatto con il russo, ma per
certi versi ancora più complicato. ( E i lamenti staliniani d'altri
conoscenti della scuola traduttori in questo senso non fanno sperare
bene...)
E dunque, nessuna speranza di
verificare artigianalmente quanto sia colpa della traduttrice o
quanto sia colpa di Sapkowski. Perché sulla versione italiana non si
può transigere nell'accusa: lo stile polacco è sciatto
all'inverosimile. Eppure, in terra madre è considerato un modello di
prosa tanto fluida quanto elegante. Che a leggere, ancora una volta
vieni assalito dal dubbio: è sciatto lui o è infelice la
traduzione?
Un bel grattacapo.
Le ragioni di una simile accusa sono
delle più elementari. In primis, una continua ripetizione di termini
forse impercettibile per un lettore veloce, o disattento, ma comunque
piuttosto irritante.
A un certo punto, nell'arco di una sola
pagina, Geralt ripete per tre volte la parola sgradevole. Non è per
carità un erroraccio, ma dà fastidio. Non c'è uno vero scopo per
non usare qualche sinonimo, in quel punto della storia. Pigrizia,
nient'altro. E questo si ripete. Più e più volte.
Secondo punto del dibattito, i salti di
pov. Nella maggior parte dei casi, a venire adoperate sono terze
persone maschili, o nel caso di Ciri, femminili. Sono tuttavia nel
più dei casi pov ballerini, che scivolano con facilità imbarazzante
nel pov onnisciente, spesso con tono da narratore ubriaco. Ancora una
volta: questione di gusti.
Se per un intero capitolo mi spedisci
dritto nella testa di Geralt, inserire all'improvviso la voce del
Dio-Narratore spezza l'immedesimazione come un calcio nelle palle.
E'
brutto, controproducente, tronfio.
<< Non fosse stato per gli
stupidi scrupoli morali dello strigo, non fosse stato per i suoi
principi utopistici, molti avvenimenti successivi avrebbero avuto un
corso del tutto diverso (...) E allora la storia del mondo si sarebbe
svolta in maniera diversa. >>
Capite! La storia del mondo,
addirittura. -.-"
<< Ma la storia del mondo si è
svolta come si è svolta, e soltanto per via degli scrupoli dello
strigo. Quando sul far del giorno, si svegliò e sentì un bisogno
corporale, non fece ciò che avrebbe fatto chiunque: non uscì dal
balconcino e non pisciò nel vaso dei nasturzi. Si faceva degli
scrupoli. >>
Conseguenza ancora peggiore, un simile
passaggio di pov omnisciente preannuncia un colpo di scena, che
proprio perché preavvertito, non coglie di sorpresa il lettore.
Il passaggio offre inoltre un nuovo
spunto di riflessione, legato all'uso della parola "nasturzi",
e all'insistito riferimento ai bisogni corporali dei personaggi. Una
caratteristica che mi è infatti sembrata accentuata in quest'ultimo
libro della saga è il continuo "abbassarsi" delle azioni
dei protagonisti.
Nani, umani, elfi: ruttano, scoreggiano, cagano,
pisciano.
Sapkowski pone in atto una macchina di de-sacralizzazione
dei tradizionali eroi dell'olimpo tolkieniano. Che tolta ogni patina
di sacralità si comportano come la logica umana prescrive, e laddove
agisce un essere soprannaturale il cervello resta umano, ma con
tratti deformati all'eccesso. Cos'è un elfo nella letteratura di
Sapkowski se non un uomo particolarmente agile, e arrogante e con
memoria straordinaria. Ma incline agli uguali errori, a eguali
fallimenti.
In questo risiede senza dubbio
l'originalità del fantasy polacco, che nell'ambientazione dipinge
alla fine un autunno del Medioevo venato di fantasy, con inattesi,
paradossali slanci alla modernità. L'importanza più volte
sottolineata delle banche, il ruolo fondamentale svolto dall'ambiente
urbano; continue frecciatine, continue punzecchiature al 1990 in cui
la saga veniva scritta.
Ritorniamo ai nasturzi. Voi sapete cosa
sono?
Bella,
vivace e robustissima, questa piantina, detta anche “capuccina”,
se coltivata in zone temperate, diventa perenne, rinnovandosi di anno
in anno. (...) Ha
fiori a imbuto in tutte le gamme del giallo e dell’arancio e foglie
rotonde brillanti e carnose. (Cit. Sito di botanica).
Umh, affascinatissimi gli nasturzi, non trovate? -.-"
Lo stile di Sapkowski continua in
questa oscillazione per tutto il libro, passando dalle azioni
corporali, dalle scene di sesso, a cascate di retorica aulica, a
inaspettate esclamazioni a cascata. Per questo e per altri motivi,
la prosa dello witcher è preferibile quando si esprime nei dialoghi,
fortunatamente più che abbondanti.
<< A te nulla >> disse il
mezzuomo in tono cupo. << Perchè non fai che strimpellare il
liuto e bere. Guardi il mondo che ti circonda e non vedi che rime e
note. A noi, invece, solo nell'ultima settimana degli uomini a
cavallo hanno calpestato per ben due volte i cavoli e le rape.
L'esercito dà la caccia agli Scoiattoli, gli Scoiattoli fanno le
loro sortite e scappano, e la strada degli uni e degli altri passa
sui nostri cavoli... >>
Accennando alle scene di sesso,
Sapkowski non scivola nel pornografico come Martin, e tuttavia le
imprese di Rocco Siffredi Geralt con le maghe abbondano; se trovarle
stucchevoli è un atto dovuto, considerando che venivano pubblicate
negli anni 90, un riconoscimento che all'epoca poteva apparire audaci
(?) è lecito. Nei capitoli finali in questo senso ci si discosta dal
pov di Geralt e la situazione migliora sul fronte dell'originalità,
e dei colpi di scena.
le romance di geralt descritte in breve. No dai, scherzo ^^ |
Sul fronte della trama, si procede
spediti; viene finalmente fatta conoscenza dell'imperatore
nilfgaardiano, villain di tutto rispetto, mentre numerosi sono i
personaggi secondari, maghi perlopiù, tutti piuttosto ben delineati,
e rapidamente distrutti alle esigenze della trama. C'è azione, ci
sono colpi di scena; insomma rispetto al "Sangue degli elfi",
questo " Tempo della guerra" (poteva esistere titolo più
banale?) funziona come un autentico romanzo, e non come il brodo
allungato di un racconto.
Pollice in giù sul fronte del fantasy,
con la comparsa di un unicorno che mal si adatta all'immaginario del
fantasy slavo, e per Ciri, sempre più Mary Sue tanto improbabile
quanto fastidiosa.
Ma ripeto: nell'insieme l'impianto
funziona. Considerando le alternative, e nonostante continui a
divorarmi il tarlo della traduzione, Geralt continua ad avvincere.
Nilfgaardiani: we come in peace! (cit). |
3 commenti:
Non so perché ma mi hai quasi fatto passare la voglia di cominciare a leggere questa saga!!
E invece merita parecchio u.u
Solo che ha qualche piccolo difetto, che forse ho evidenziato con eccessiva enfasi. Diciamo che nel panorama non proprio entusiasmante- e vitale- del fantasy attuale, spicca abbastanza, in fatto di qualità.
Sicuramente leggero il primo volume per testare la qualità, poi vedremo =)
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