lunedì 2 aprile 2018

Quando Snowpiercer incontra La bussola d'oro: “Above The Timberline”, di Gregory Manchess


Quando iniziò a nevicare, continuò per millecinquecento anni
Lo spostamento dei Poli profetizzato dagli antichi climatologi finalmente avvenne e la topografia della Terra fu rivoltata come un guanto, il clima mutato per sempre. La Terra è ora ridotta a una palla di vetro con la neve dentro, un mondo dove la neve ricopre con il suo uniforme manto ogni cosa, raggiungendo in alcuni casi profondità sconosciute.

Le vecchie nazioni scomparse per sempre, la tecnologia perduta: l'uomo è sopravvissuto a stento, lentamente ricostruendo una civiltà ferma al 1920/30. Aerovascelli sorvolano distese di conifere e barriere di ghiaccio, tribù di inuit predano su carovane di automezzi blindati, aeroplani ad elica esplorano le nuove frontiere. Un nuovo mondo di scafandri per l'alta pressione, di piloti dai giubbotti di pelle, di tecno-nomadi amici con gli orsi polari.



Faro della civiltà umana è la Società Geografica Polare, una potente confraternita di esploratori e scienziati, principali responsabili di ogni avanzamento tecnologico dopo la caduta. La Società esplora questo mondo immerso nel bianco, alla continua ricerca di artefatti del ventunesimo secolo.
Possono essere armi, libri, veicoli... fino a interi edifici sepolti sotto secoli di neve perenne. Miraggio della Società è scovare la “lost city”, Graal di ogni aspirante esploratore: un intera città perfettamente conservatasi nel ghiaccio.

Questo era l'obiettivo del padre del protagonista, Galen Singleton, scopritore rinomato, convinto di aver trovato la chiave alla “lost city”, salvo perdere ogni contatto e venire dichiarato disperso dopo anni di ricerche. Il figlio, un giovane scapestrato, Wes Singleton, molla l'Accademia Militare e decide di cercarlo, convinto che sia ancora vivo nella fascia dove per altitudine e clima nemmeno il più cocciuto cespuglio riesce a crescere. Dove domina solo neve e freddo: above the timberline, per l'appunto.

Il formato elettronico in un mondo ideale dovrebbe permettere una liberazione non solo dalla carta, ma anche e sopratutto, dalla carta di bassa qualità. Basare un'intera industria sulla sola produzione di tascabili e volumi rilegati forma un collo di bottiglia, dove l'impaginazione, i caratteri, le copertine sono forzatamente costretti nei parametri concessi dal mercato. Libri dalla copertina rigida per il debutto in libreria e se gli incassi sono buoni, se lo scrittore è rinomato, allora una seconda, una terza tiratura nel paperback accessibile alla massa. Negli ultimi anni i tempi e i modi per questo genere di pubblicazioni si sono dilatati e in alcuni casi talmente ridotti da scomparire: ci sono più possibilità ad aspettare Godot, che a implorare un'edizione economica delle ultime uscite.
I margini – di guadagno, non di pagina – si sono ulteriormente ristretti.

Se l'ebook come formato avesse avuto il successo che non ha avuto, avremmo potuto godere non solo di pubblicazioni alla tasca di tutti, ma nel contempo di una rivincita del cartaceo come espressione artistica e non solo necessità di produzione. Libri costruiti e confezionati come puri prodotti d'arte, come testimonianze dell'abilità di grafici e illustratori. Copertine tali da rivaleggiare con le Bibbie medievali, illustrazioni reminescenti del best of dei classici vittoriani, caratteri e titolazioni sottoposti ad accurato proofreading. Al momento nella mia libreria personale ho diversi romanzi acquistati nell'adolescenza, ora vecchi di soli dieci anni, che stanno sbiadendo e scolorendo. Letteralmente alcune pagine stanno ingiallendo fino a inghiottire la stampa.
Meno male che un libro è per sempre! Forse lo è se non lo si legge, caso applicabile a tanti libri ornamentali” in Italia...


Above The Timberline” è un perfetto esempio di cosa si potrebbe realizzare in un futuro libero dal dominio della carta. Gregory Manchess, illustratore attivo da decenni su decine di riviste, dal National Geographic allo Smithsonian, ha scritto e disegnato di suo pugno questo monumentale romanzo illustrato. La definizione non è peregrina, non è un inganno: questo a tutti gli effetti è un romanzo illustrato nella tradizione del genere, un perfetto connubio di prosa e arte, dove poche linee di dialogo e di descrizione si sovrappongono a oltre 150 pitture ad olio.

Ho scoperto il testo cercando alcuni fumetti francesi e ho pertanto letto il lavoro di Manchess da una copia digitale. Tuttavia, dalle video presentazioni e dalle recensioni, “Above The Timberline” si presenta come un'edizione perfetta da sfogliare e gustare su carta, con l'occhio preda di un orgasmo visivo nella successione senza fine di paesaggi e tecnologie retro futuristiche. Manchess adotta nella maggior parte delle 125 pagine una “splash page” che si presenta aperto il volume, dove la rilegatura non occlude l'impatto visivo e immaginativo delle illustrazioni.

… e quale potenza immaginifica, quale sublime delizia!
Gregory Manchess piglia il meglio dei romanzi di Jules Verne, di Salgari, di H. G. Wells, di Robert Louis Stevenson che abbiamo tutti letto dalla biblioteca e dall'eredità dei genitori: storie dove allo svoltare della pagina si scopriva un'incisione, una pittura, un disegno a colori della scena appena descritta, che fosse un attacco di selvaggi con le zagaglie in Africa, un Nautilus avviluppato da una piovra, un Sandokan intento a spaccare la testa di un malvagio thug. La narrazione asciutta e impersonale di questi ultimi vittoriani si ravvivava nell'immaginazione del disegnatore, che infondeva una più che benvenuta vitalità nei protagonisti macchiette di queste storie avventurose. Impossibile ricordare nome e carattere dei protagonisti del “Viaggio al centro della Terra”; facile invece ricordare alcune descrizioni, alcune scoperte; facilissimo infine ricordare le illustrazioni di contorno. Avevo già scritto in precedenza come vada riconosciuto a “Le Cronache di Narnia” maggior merito per le splendide illustrazioni di Pauline Baynes che per la prosa di Lewis, legnosa e artefatta.
Francamente non ricordo quale fosse la trama e i personaggi del Corsaro Nero di Salgari, ma sicuramente ho una vivida immagine di tanti disegni del volume, dal pirata divorato dalle sabbie mobili ai duelli in punta di fioretto nella giungla.
Nel caso di “Above The Timberline” ogni pagina si compone di un'immagine e un frammento di testo; si tratta più di un'illustrazione romanzata che di un romanzo illustrato. La forza della pittura di Manchess sopravanza una prosa debole, sebbene tutt'altro che disprezzabile.


Con una parafrasi del Frusciante, la storia è semplice.
Il figlio di un famoso esploratore deve provare alla società e a sé stesso di essere “qualcuno” andando alla ricerca del padre che non ha mai avuto: Wes è il classico ragazzo di buona volontà, con un'inclinazione ai motori e alle macchine, ma capace all'occorrenza di avere buon cuore. Quel genere di cavaliere senza macchia e senza intelligenza che si pensava sepolto sotto il cinismo alla George RR Martin. Nella sua avventura Wes ha modo ovviamente di riallacciare i rapporti spezzati, di crescere e stringere nuove amicizie e interessi romantici. Affiancato nelle sue avventure dalla classica figura del nativo del luogo, legato alla natura, pellerossa o africano che sia, in questo caso, una ragazza di una delle tribù locali e ovviamente da una vasta gamma di automezzi, veicoli e animali umanizzati, tra cui spicca la compagnia di cinque intelligentissimi orsi polari. Il riferimento alla Bussola d'oro, ad eccezione per il fatto che non parlano, è qui inevitabile. La sagoma dell'orso come spirito guida e silente figura “paterna” domina tanto il testo quanto le immagini. Nel contempo, il rapporto di Wes con questo ambiente ostile e con la ragazza inuit è rivisitato alla luce del ventunesimo secolo: Linnea a sua volta è abile a destreggiarsi per suo conto e i due si sostengono a vicenda nelle difficoltà, senza lo stereotipo della fanciulla da salvare. Wes dipende strettamente dalla tecnologia pulp della Società Geografica Polare, sebbene nel corso dell'avventura apra le porte della sua percezione ad altre forme di esplorazione – non solo fisiche, quanto mentali e filosofiche.
Tutto ciò non detrae da un'intrinseca debolezza della storia e dei personaggi, letteralmente inghiottiti ancora una volta dalla bellezza lancinante delle illustrazioni. Si tratta, alla fin fine, del viaggio dell'eroe tante volte narrato dalla Disney, con lieto fine, violenza senza sangue e personaggi dalle buone intenzioni. Il paragone con la Disney si estende anche alle atmosfere naif, un po' ingenue: per essere un romanzo così bello e vivido, i personaggi e la prosa sono stranamente incolori.

Unica eccezione, i tecnicismi e un accorto uso di lettere e diari
La prima metà del romanzo è una miscela indovinata di più diari tra loro sovrapposti per ricostruire antefatto e vicende precedenti. Il diario di Wes, ovviamente, narra il suo viaggio nell'ignoto, mentre le sue chiamate via radio alla madre permettono di conoscere il suo rapporto con il padre assente. Un terzo livello di approfondimento viene invece offerto dal diario di Galen, che segue le sue avventure per scoprire la città perduta. Sono questi frammenti che ci permettono di conoscere la natura del mondo post apocalittico di Manchess, dove intere metropoli si sono scontrate per il movimento delle placche tettoniche e dove la Società di proposito commercia armi antiquate agli indiani per tenerli sotto controllo. I dirigibili sono ovviamente i re di questo genere di setting e fino a un terzo della storia ero convinto fossimo nel 1930, in Tibet o in Mongolia. Una forma di post apocalisse molto leggera, dove il fremito e il piacere dell'esplorazione sono depurati da ogni pessimismo esistenziale.


Gli animali e le macchine giocano ovviamente un ruolo fondamentale dentro un libro di questo genere. 
Wes è una testa calda, che parte con una sorta di gatto delle nevi dalla forma di una carlinga slanciata nello stile dell'art déco; in seguito a un incidente, smonta il veicolo per ricavare un veloce hovercraft. I suoi nemici viaggiano su barche a vela attrezzate con scii nel caso dei nativi, mentre la sua nemesi adopera un classico dirigibile armato di siluri. Uno scontro tra queste balene del cielo costituisce la fenomenale cifra di apertura di “Above The Timberline”. Il feticismo, più che benvenuto, verso armi e marchingegni meccanici si riflette tanto nella prosa quanto nei disegni, evocativi nel delineare il (retro)futurismo di automobili e velivoli. In tal senso il romanzo è certamente dieselpunk, nel senso che tecnologia e mentalità sono indistinguibili dagli anni '20 e '30, con particolare riferimento agli Stati Uniti dell'eterna frontiera da esplorare (e colonizzare).
Questi rumorosi giocattoli non sarebbero tuttavia altrettanto efficaci se Manchess non li avesse inseriti e messi alla prova in un incubo di montagne e pianure ghiacciate, fracassati da tempeste e attacchi di animali selvaggi. La fauna di “Above The Timberline” è aggressiva e gigantesca: si parte con le mandrie di rinoceronti delle nevi, “rhino”, capaci di distruggere un treno in corsa, ai branchi affamati di lupi e sopratutto leopardi, predatori per eccellenza. Oltre alla radio, Wes adopera un falco per mandare messaggi alla madre. Gli orsi polari sono invece gli animali sacri dei nativi e del mondo di Gregory Manchess: intelligenti, leali, alla pari con gli eroi umani. Mentre l'idea alla base di “Above The Timberline” chiaramente deriva da Snowpiercer, gli animali sono tratti di peso da un romanzo fantasy di Philip Pullman, quale La bussola d'oro.
Tecnologia e animali infine interagiscono sullo sfondo di vedute mozzafiato. Barriere di ghiaccio, vedute d'alta quota, fortezze e villaggi abbarbicati sulle pendici di picchi solitari. Non a caso quando più il romanzo annoia è nel disegno degli interni o quando rinuncia a descrivere il luogo dove i protagonisti dialogano.

Dalla copertina fino all'ultima pagina, all'ultimo disegno, “Above the Timberline” è un romanzo illustrato più che da leggere, da contemplare e invidiare: Manchess ha raggiunto un picco di abilità impossibile da scalare. Il K2 dell'illustrazione.

2 commenti:

Marco Grande Arbitro ha detto...

Non ho molto d'aggiungere, se non dirti che ho scoperto “Above The Timberline” da te. Lo recupererò!

Coscienza ha detto...


@Marco Grande Arbitro

Bravo! Non ti deluderà :-)