venerdì 24 novembre 2017

Jeff Bezos, Sauron e la ricerca del Male assoluto


In questi giorni volevo scrivere un articolo sulla serie tv del Signore degli Anelli annunciata da Amazon, ma tra Twitter e Facebook ho sostanzialmente esaurito i pareri: trovo l'idea aberrante, ma dall'altro ho sempre criticato i cinefili che lamentavano i remake. Sarei pertanto un ipocrita se piagnucolassi che mi hanno “stuprato l'infanzia”, che non devono osare, ecc ecc.
Non ho mai ritenuto che nulla sia intoccabile e ciò vale a anche nel caso in questione.

Tuttavia... davvero non trovo un singolo motivo per una serie tv su Tolkien.
Gli attori della vecchia saga sono per l'appunto vecchi e disinteressati: se si può fare a meno di Rhys Davies, Viggo Mortensen sarebbe fondamentale per una serie ambientata prima della Compagnia dell'Anello. Come poter ricreare la Caccia a Gollum senza il suo cacciatore? E cosa farne degli Hobbit? Della Contea? E dove trovare un sosia di Saruman? Posso immaginare una serie basata sulle avventure di Elladan&Elrohir, ma faccio fatica a immaginare un singolo spettatore interessato a due gemelli elfi protagonisti. Ma ancora una volta: perchè? Perchè Tolkien?
Non c'è un singolo motivo nella scelta di Amazon che possa essere correlata all'arte, alla narrativa, a una motivazione genericamente culturale. Lo scopo dichiarato è far concorrenza a HBO, offrire una terza colonna tra Harry Potter e Game of Thrones. Non metto in dubbio che una serie tv o un film debba guadagnare; ma c'è modo e modo. Gli anni '80 che tanto si rimpiangono assistevano a produzioni di medio e piccolo calibro che miravano all'incasso, ma che conservavano una notevole ricerca artistica e sociale al loro interno. Carpenter mi sembra un esempio lampante. C'è l'interesse nel guadagno, nell'intrattenere lo spettatore, ma nel contempo non si resiste ad alcuni colpi bassi, ad alcuni sottotesti notevoli. Nel caso in questione puoi sentire in sottofondo le rotelle di Jeff Bezos calcolare introiti e derivati, competizione e ricavi. Potremmo parlare del Signore degli Anelli come di una lavatrice; di Tolkien come di un elettrodomestico. Sono oggetti da vendere, monopoli da conseguire, concorrenze da spezzare. Basti leggere il comunicato: Il Signore degli Anelli non è un'opera d'arte, non è una saga scritta da un filologo, non è un cazzo di capolavoro oggettivamente riconosciuto dalla letteratura, no, per Amazon è un “fenomeno culturale”.

Elladan&Elrohir secondo la Fantasy Flight Games


Quanto trovo davvero avvilente è l'accoglienza degli appassionati, dei fan, che sostanzialmente si sono limitati a un semplice “perchè no?”.
Qual'è la differenza tra un film e una serie tv?
Perchè, Jackson l'ha fatto “gratis”?

No, Jackson non ha lavorato gratuitamente. 
Ha tratto larghi profitti dalla saga, è tutt'altro che altruista. Non si può negare però che fosse appassionato del Mondo dell'Anello, che nutrisse da anni un forte interesse per Tolkien che aspettava solo una scusante, un'occasione buona. E' un regista che ha reinvestito il successo della trilogia per dare linfa vitale alla Nuova Zelanda, offrendole una pubblicità che altrimenti si sarebbe limitata ai Kiwi e ai Maori. E' un regista patriottico, perchè di proposito ha scelto di investire nel suo paese. Allo stesso modo le riprese, gli scenari, gli attori... basti guardare i behind the scenes per scoprire un uomo attento all'ambiente e ai suoi sottoposti, che ha sempre camminato con equilibrio tra margini di profitto e ricerca artistica.
Ancora una volta: Jackson non è un eroe, un santo o un guru. E' un uomo appassionato di quello che fa, altrimenti nello scenario post trilogia non si sarebbe impegnato a gettare milioni in progetti tanto personali quanto idiosincratici, da King Kong a Lovely Bones. Io chiedo solo questo: progetti diretti e girati da persone che amano quello che fanno. Possono intrattenere, possono gettarmi addosso pesanti riflessioni filosofiche. Quello che non digerisco è l'attuale andazzo che vede nei registi marionette di carne nelle mani dei produttori, che desiderano soltanto guadagnare quanti più milioni nel più veloce tempo possibile. Una produzione in serie (tv), una catena di montaggio, un mulino infernale, per citare i luddisti.
I film di Jackson sono opere di artigianato. Le mega produzioni alla Michael Bay negli anni '90 sono opere industriali.
Le rivendite di videocassette negli anni '80 erano artigianato di appassionati che volevano tirar su soldi, ma nel contempo guardavano quanto noleggiavano. Le catene di blockbuster negli anni '90 erano franchising in serie, industria diretta all'alto.
Oggigiorno i progetti su Kickstarter, i film ad alto budget, ma con completa libertà autoriale finanziati dall'Europa come Valerian o La Cura dal Benessere, i film indie girati con 10000 dollari... questo è artigianato, il che non vuol dire sia perfetto, povero o non miri a guadagnare. Tuttavia, come negli anni '90, infuria l'industria in serie di film Marvel, di film di Star Wars, di remake su remake... è una continua lotta e trovo sconsolante che Tolkien sia scivolato nel fronte di quell'industria che pure in vita tanto avversava.

Ancora una volta: perchè Tolkien?
Perchè non Michael Moorcock?
O Stephen R. Donaldson?
O Patrick Rothfuss?
O Steven Erikson?
O David Gemmell?
O Robert Jordan?
O Eoin Colfer?
Al diavolo, perchè non World of Warcraft?
Warhammer Fantasy?
Dragon Age?
Qualunque cosa fantasy al di fuori di Tolkien sarebbe più interessante di un suo remake.
Qualunque. Cazzo. Di. Cosa.

Prima che qualcuno commenti, no, non desidero che Tolkien sia messo sotto lucchetto.
In effetti quello che vorrei è che venisse tolto completamente dal copyright, diritti e tutto. 
Come con Lovecraft, Edgar Allan Poe e Burroughs, mi piacerebbe che il suo mondo appartenesse a tutti. Se Amazon vuole fare una serie tv, nessun problema, la faccia. Ma anch'io a mia volta devo avere il diritto di farci qualcosa, che sia un romanzo, un fumetto o un film. Quello che odio è vedere un mondo e un'idea sotto chiave, ma nel contempo sfruttata a sangue con l'intento di guadagnare. Mi piacerebbe che un modellista interessato a scolpire un hobbit sia libero di farlo senza incorrere in minacce di copyright o senza doversi fingere russo o cinese. Considerando come la Tolkien Estate si prepari a essere la Tolkien Bordello con la deposizione di Christopher Tolkien, non sono troppo ottimista.

Dalla rivista art nouveau "Jugend" (1897) o altrimenti "Cosa intendo per Fantasy"
Anyway, tralasciando le flagellazioni, in questi giorni stavo procedendo nella progettazione di un romanzo fantasy a cui avevo accennato a maggio 2017.
Ho un lavoro precedente che da anni desidero terminare – un'opera steampunk – che mi ha dimostrato quanto caro sia il prezzo di trascinare a lungo una storia, senza per altro un'adeguata scaletta. Adesso invece sto cercando di redigere una trama, un mondo e una sequenza di eventi il più possibile nel dettaglio, prima d'iniziare a scrivere effettivamente.
A ogni occasione vengo colto impreparato, stavolta non ho intenzione di bloccarmi.

A maggio mi interrogavo sulla necessità di fondare il proprio fantasy nel mondo che ci circonda. Come Tolkien aveva attinto dalla mitologia e dagli elementi che tanto amava nell'Inghilterra rurale, così lo scrittore fantasy moderno dovrebbe attingere all'ambiente e agli elementi che ama.
Al di là che suona terribilmente sdolcinato, è un'operazione più difficile di quanto pensassi.
Al momento ho dovuto accantonare diverse pagine di worldbuilding, perchè mi sono accorto che stavo letteralmente scrivendo una sorta di caricatura di Trieste. Questo è proprio il genere di cose che disprezzo: scrivere un fantasy tongue in cheek, che strizzi l'occhio ai lettori provinciali. Quindi ho cancellato il lavoro precedente e mi sono rimesso di buona lena a cercare basi solide.
Lo scrittore dovrebbe rielaborare il tessuto storico-sociale che si è affermato nei secoli dove vive, ma nel contempo questo dovrebbe costituire fondamenta talmente profonde da risultare invisibili al lettore. Nessuno che legge Tolkien esclama, “Ah! Questa è Oxford! Questo è il Surrex!” Al massimo può cogliere anacronismi, analogie casuali, “Oh! Gli Hobbit hanno l'orologio! Buffo!”.

Le caratteristiche e i valori che informano la realtà dello scrittore dovrebbero trasporsi nel suo fantasy. Non gli oggetti, non i personaggi, non i nomi: piuttosto i sentimenti, i valori che li animano.
Ad esempio se scrivessi un fantasy con gli orchi che parlano triestino, sareste perfettamente nel giusto a lanciarmi pomodori e liquame color marrone. Tuttavia, analizzare le basi del triestino e cercare di replicare nel proprio romanzo identici meccanismi, ovverosia un “pidgin”, incontro-scontro di più culture, sarebbe interessante.
Ovviamente no, non ho intenzione di usare il triestino, che come ogni dialetto è volgare e non mi dovete confondere per chi scrive di “specchio del sociale” e altre cazzate: l'idea è qui di studiare il proprio mondo per costruirne un altro, non di rifletterlo, o usarlo come metafora.

Un elemento cui sono piuttosto sicuro è la burocrazia.
Cioè, desidero scrivere di una razza di burocrati, senza tuttavia l'accezione negativa che il termine ha conquistato in Italia. Il mio riferimento è alla burocrazia asburgica, che in un Impero multinazionale di più lingue, più culture, (più carte) era rinomata per la sua efficienza. La burocrazia asburgica per altro mantenne sempre una fedeltà alla dinastia tuttavia disgiunta dal servilismo verso la Chiesa: i burocrati si consideravano giuseppinisti e pertanto incarnavano idealmente la perfetta sintesi tra l'Illuminismo e la tradizione degli Asburgo.

Quindi, con un naturale paragone agli hobbit, trattandosi in entrambi i casi di razze non-umane:
  • L'hobbit vive nella Contea, ama l'agricoltura e vive una vita epicurea, anche se un po' tonta e chiusa.
  • La mia razza vive in un ambiente urbano idilliaco, non futuristico, ma radicato nel passato, una sorta di centro storico cittadino per 1000; non coltiva i campi, ma gestisce un ufficio dove compila bolli e procedure talmente antiche e misteriose che non ne capisce più il senso; vive una vita soddisfatta, perché ama la lettura e l'arte. Come il giardinaggio degli hobbit, anche il mio burocrate ha un lavoro completamente opposto a quello dell'età moderna: un impiego fisso, immutabile, una sorta di sportello informazioni che ha assunto venature mistiche. Non c'è concorrenza, non c'è affanno: la compilazione dei moduli e gli stampi sulla carta assolvono a una sorta di obbligo formale, oltre a rafforzare la rete dei cittadini del regno. Come con gli Asburgo, la burocrazia è l'ossatura dell'impero: in questo caso letteralmente la razza è la burocrazia.
So che tutto ciò potrebbe sembrare bizzarro o ridicolo, ma sono sinceramente convinto di riuscire a rendere bene una razza simil-hobbit che faccia scattare nel lettore una sincera simpatia. Si tratterebbe di un mondo analogico, una sorta di figli di Gutenberg in versione fantasy. Qui l'elemento distopico attribuito alla burocrazia kafkiana si rovescerebbe nel suo opposto: immaginate quel fremito di sorpresa, quel piacere che deriva dall'entrare in una biblioteca, nel fare lavoro di ricerca, nello scoprire un libro raro in rigatteria: si tratterebbe di una civiltà di archivisti e robivecchi, bibliotecari e librai, burocrati e segretari. Funzionerebbe, sulla carta.

Un momento Weird in "Jugend" (1903)
Un secondo dilemma che mi sono posto a questo proposito è come realizzare un antagonista adeguatamente cattivo. Il problema è duplice: concepire un Male assoluto, malvagio in quanto malvagio e nel contempo rendere questo Male assoluto credibile al lettore contemporaneo.
E' un'impasse così maledettamente difficile da superare, per di più all'interno di un High Fantasy
Ho accartocciato l'equivalente digitale di una risma di carta vagliando diverse idee. Non ho ancora ad esempio realizzato quale potrebbe essere l'equivalente della razza “malvagia”, degli “orchi”, per intenderci. Il tenebroso Signore del Male della situazione è ancora impossibile da definire. Non voglio ricadere nell'immagine dell'uomo incappucciato sul trono, con una piramide di teschi o una torre con un occhio infuocato. Dall'altro, ogni rappresentazione realistica che motivi l'antagonista e cerchi di far comprendere il suo “punto di vista” a mio parere vanificherebbe l'immagine di un “Male assoluto”. Infine un terzo problema è ricadere nell'auto ironia che ammorba il post moderno: un Sauron che si rivolge al lettore, che fa riferimenti -meta, che fa ironia sul suo ruolo, pur comportandosi d'antagonista. Questo sarebbe in ogni caso la soluzione peggiore.

Ordunque, che fare?
Al momento sono giunto alla conclusione di voler raddoppiare gli antagonisti per aggirare il problema. Da un lato, inserire un “nemico” normale, un Signore oscuro nel senso tradizionale del termine. Tuttavia, a metà romanzo, svelare che questo nemico di cartapesta nasconde una minaccia infinitamente peggiore: un male alieno, incomprensibile e lovecraftiano.
Nel primo caso l'attributo del cattivo sarebbe la barbarie: mi piacerebbe recuperare come fanteria di leva del male o una razza di Uominibestia, alla Warhammer Fantasy, o nella stessa direzione un'orda di selvaggi cannibali, che rappresentino non una razza “tribale”, quanto piuttosto una civiltà a tal punto decaduta da essere sprofondata nell'orrore. Un popolo di mostri divenuti tali per un collasso ambientale, sociale e morale da loro causato. Per un accumulo di errori a cui non hanno voluto far fronte, preferendo scivolare nell'idiozia sbavante di chi preferisce continuare a ballare mentre la nave affonda. Un'alternativa sarebbe una razza di uomini-maiali: umanoidi evolutosi dai suini, che parodino la società umana nei suoi peggiori eccessi. Ho sempre trovato sotto-utilizzato e bistrattato questo stereotipo, ma se reso efficacemente può risultare inquietante.
In secondo luogo l'autentico nemico abbatterebbe una vera apocalisse non solo sugli eroi, ma sulla stessa ambientazione: si tratterebbe di un Male infiltratosi nel mondo del protagonista senza che se ne accorgesse, una forma di nemico che mi piacerebbe rendere “vegetale” come i Trifidi dell'omonimo romanzo. Questo farebbe da contralto alla “fauna” dell'antagonista tradizionale.

Una soluzione che non mi convince molto, per cui ci sarà ancora da lavorarci e rifletterci attentamente.
  

5 commenti:

Paolo Nardi ha detto...

Che Tolkien sia un fenomeno culturale è ormai un dato di fatto, come tra l'altro attestato da Tolkien: un fenomeno culturale di Brian Rosebury, e io aggiungerei che lo sono stati anche i film di Peter Jackson. Non voglio fare il fanboy a tutti i costi, ma la trilogia del Signore degli Anelli è stata fondamentale per cambiare il cinema e il genere fantasy, e senza di essa non ci sarebbe mai stato Il trono di spade (che paradossalmente tanto piace a chi in genere odia il fantasy con la motivazione che "gli elfi hanno rotto"). Ormai chi si approccia alla materia deve necessariamente fare i conti con quel monolite, e l'ha sperimentato lo stesso Peter Jackson con Lo Hobbit che infatti si è ritrovato prigioniero di quella struttura e di quell'estetica, esagerando con i citazionismi (e questo secondo me è stato il suo principale limite, non i personaggi poco tolkieniani o le lungaggini), esattamente come succede per qualsiasi nuovo capitolo di Star Wars. Ora la domanda è: cosa farà Amazon? Rifarà la trilogia classica? Comincerà da storie diverse per confluire nella storia che già conosciamo? Si focalizzerà su Aragorn con un attore più giovane? Seguirà la via intrapresa dai videogiochi Warner, La guerra del Nord e L'ombra di Mordor (che vedeva anche Elladan ed Ellohir), con storie alternative che si inseriscono nella macrostoria che tutti conosciamo, con l'apparizione di personaggi noti? A che estetica si rifarà? Farà un accordo con la Weta? Non se ne sa nulla. Non ho particolari preclusioni, da tolkieniano mi piacerebbe vedere una via alternativa a quella di Jackson che, per quanto criticabile, è comunque l'unica che abbiamo e che secondo me rimarrà per molto tempo. Certo è che il Silmarillion non lo vedremo perché, essendo un'opera di Christopher Tolkien, non hanno i diritti. Secondo me nemmeno Amazon sa cosa farà: siamo nell'era delle serie, l'importante è vendere il nome, poi ne parliamo. Speriamo solo che non venga fuori una schifezza modello high school come Shannara.

Coscienza ha detto...

@Paolo Nardi

Purtroppo devo ancora recuperare il testo di Rosebury, la saggistica tolkeniana è criminalmente assente nelle biblioteche (a differenza, ad esempio, di testi accademici su cinema e anime).
Non ci avevo mai pensato, ma effettivamente Game of Thrones non avrebbe potuto affermarsi senza avere un canone “classico” da rovesciare/sovvertire. Per me Jackson è davvero troppo logorroico nella trilogia hobbit(iana). Non arrivi in fondo, specie nel primo e nel terzo film. Bisognerebbe a questo proposito osservare quanto e come Del Toro l'abbia intralciato; sappiamo che aveva i produttori col fiato sul collo e che a differenza del Signore degli Anelli dovette partire senza uno script completo e senza storyboard. Un pesantissimo intralcio se costretto a girare un colosso fantasy con battaglie e scenografie. Io tutto quello che chiedo è un film/serie tv che sia girata da una persona che ami l'argomento o quantomeno il suo mestiere. Senza doverlo per forza rispettare pedissequamente, errore al contrario compiuto da Snyder col Watchmen di Moore.

Ho qualche dubbio sul Silmarillion. Cioè sì, i diritti sembrano essere in mano alla Tolkien Estate, ma la messa a riposo di Christopher mi sembra un segnale di pericolo, nonostante Tolkien Italia abbia scritto di tutto pur di rassicurare che sarà tutto come prima.
Non lo so, forse sono io a far da uccello del malaugurio, Vermilinguo docet...

E c'è poi la stanchezza.
Cioè, dopo il (mezzo) disastro de Lo Hobbit mi sarebbe piaciuto veder riposare un po' il fantasy tolkeniano, lasciar rigenerare le batterie, esplorare nuovi sentieri. E invece, bam! Una nuova serie tv, abbracciata da tutti perché la quantità a quanto pare importa a tutti più della qualità.
Vediamola così, considerando i tempi politici che corrono, se viene fuori qualcosa di bello potrebbe svolgere lo stesso ruolo consolatorio della Trilogia Jacksoniana uscita a pochi mesi dall'11 settembre e dall'invasione in Iraq...

Marco Grande Arbitro ha detto...

Penso che fosse inevitabile un un ritorno del Signore degli Anelli. Non se ne sente il bisogno, visto che la trilogia di Jackson è ancora ben stampata nel nostro immaginario. Però, immaginavo che qualcosa di nuovo sulle opere di Tolkien sarebbe arrivato. Dopo lo Hobbit, che comunque ho molto rivaluto in positivo dopo aver visto la versione integrale, è stata palese la volontà di New Line Cinema/Metro-Goldwyn-Mayer/Warner Bros di spremere altro sul marchio. Pensavo davvero che puntassero sulle singole storie del Silmarillion. E invece hanno puntato sulla cosa più prevedibile, ma che non ci stavo pensando. I telefilm stanno spingendo molto, cavalcare l'onda non è mai sbagliato. Hanno azzeccato anche la partnership con Amazon.
Sono sicuro che sarà un'ottima occasione per mostrare tutte quelle cose scritte che non sono state mostrate nella trilogia.
Però, più ci penso e più credo che non se ne sente il bisogno di un telefilm del Signore degli Anelli. Cioè (per esempio) io non sento il bisogno di vedere Tom Bombadil, per quanto lo trovi simpatico. Alla fine quella trilogia è completa di suo, senza i particolari del libro. Dico senza problemi che riesce a rendere all'opera letteraria.
Si, hai ragione nel dire che si potrebbe puntare benissimo su altro.
Chissà, poi magari il successo del telefilm del Signore degli Anelli spingerà per produrre altro. Qualcosa di diverso... Me lo auguro!

Detto ciò, poi so già che me lo vedrò lo stesso ahah

Coscienza ha detto...

@Marco Grande Arbitro

Vedremo, in effetti è troppo presto per lamentare sventura.
Forse tireranno fuori qualcosa di decente, con tutti i milioni che ci stanno affondando (250 solo per assicurarsi i diritti; e questo tanto per iniziare).
Un primo banco di prova sarà osservare dove sceglieranno di girare, se in Nuova Zelanda per mantenere il legame con la vecchia trilogia o altrove.
Si vedrà lì quale corso hanno deciso di scegliere.

P. S. Tom Bombadil nella trilogia di Jackson sarebbe sembrato terribilmente fuori luogo, ma se lo dici a un tolkeniano doc rischi che ti salti addosso ;-)

Unknown ha detto...

Ora che sappiamo che tratterà della seconda era cosa ne pensi?