mercoledì 6 settembre 2017

"La pubblicità è il nuovo carbone": Tristan Harris su Internet e i social


La politica americana non è la politica italiana e alcune volte la partecipazione emotiva degli italiani a quanto avviene negli States rasenta il paradosso. La morte di alcune star o di alcuni attori rappresentano occasioni di commemorazione grottesche, che stento a giustificare considerando i macelli di civili e non-civili nel resto del mondo. Tuttavia, è innegabile che per la posizione di equilibrio e controllo geopolitico, tenere un occhio aperto sulle attività nella Casa Bianca non fa mai male, specie per l'interconnessione delle tecnologie digitali che derivano ancora in gran parte dal villaggio (globale) della Silicon Valley. Internet – se si può ancora parlare di Internet – rimane nei suoi server e nella sua struttura di base in territorio americano. Teoricamente, come osservava il fondatore di PirateBay, è ancora possibile “staccare la spina”. Allo stesso modo, decisioni prese negli States possono influenzare le grosse proprietà dei social.
But thanks to the centralization of the internet, (possible) censorship or surveillance tech is a whole lot harder to get around. Also, because the internet was an American invention, they also still have control of it and ICANN can actually force any country top level domain to be censored or disconnected. For me that's, a really broken design. (intervista del 2015 a Peter Sunde, Vice). 



Ovviamente è stato un sollievo leggere, qualche settimana fa, della cacciata di Steve Bannon dall'entourage di Trump: se i neocon, i lacchè di Wall Street e i falchi militari non sono certo rassicuranti, Steve Bannon sembrava personificare, con quel faccione avvinazzato, il giornale Breitbart e le citazioni continue di Evola e Mussolini, il male per eccellenza. Bannon avrebbe dovuto funzionare dall'inizio della presidenza come la gran cassa populista di Trump, riunendo nei suoi discorsi il variegato arcipelago dei gruppi di estrema destra, i dominionisti, gli evangelici, i neonazisti, i fascisti, i suprematisti bianchi, il KKK, 4chan/pol, gruppi dell'alt-right, complottisti antisemiti, ecc ecc
Tuttavia, come osservava Secular Talk, dei consiglieri di Trump Bannon era l'unico che perseguiva una politica interventista dello stato in economia, reclamando a gran voce un aumento delle tasse sui milionari, un piano di ricostruzione delle infrastrutture e la necessità di fare la “voce grossa” con le multinazionali che traslavano le sedi nei paradisi fiscali, eludendo il fisco. Nessuno, tra i repubblicani, osa chiedere qualcosa del genere; le promesse di Trump delle “barriere tariffarie” e della guerra economica con la Cina si sono rivelate trucchi da baraccone per avere quei voti delle classi operaie che la Hillary si era tanto impegnata ad alienare. Catapultato alla presidenza, Trump in campo economico ha disertato tutte queste offerte – persino il Nafta col Messico è stato abolito e poi silenziosamente reintrodotto con altro nome. Non c'è stata in tal senso un'uscita dal neoliberalismo, che anzi ha accelerato alla stragrande. In tutto questo, i piani di Bannon si sono dovuti scontrare con Trump e a mio parere il suo allontanamento è stato dovuto più a ragioni economiche che culturali. Bannon stesso, in un'intervista, ha definito i gruppi che lo sostengono perdenti e idioti, nel contempo lamentando il comportamento irresponsabile di Trump nelle relazioni con la Nord Corea
Tra le proposte più interessanti di Bannon, c'era l'idea di considerare Facebook e Twitter “servizi pubblici”, “public utilities”. Trump ha ovviamente dissolto anche gli ultimi vincoli proposti “tanto per” da Obama, ma Bannon era convinto che i social dovrebbero essere strettamente sorvegliati e regolati dallo stato: Google, Facebook, Twitter, Apple, YouTube, Instagram dovrebbero certo essere liberi di agire e reclamare profitti, ma dovrebbero anche rispondere del loro operato agli stati nazionali, agendo a favore dei cittadini e non solo a favore delle fette azionarie.


Quante ore un utente di Facebook trascorre al giorno?
Quante ore lo stesso Trump trascorre su Twitter?
Perchè, se si propone di nazionalizzare un servizio digitale, tutti sollevano le sopracciglia?
Alla fine, è così diverso da tanti altri servizi statali, o privati, ma sotto stretto controllo statale?
Credo che nessuno, tranne i i libertari hardcore, argomenti contro l'acqua come bene pubblico, o l'elettricità, o il gas, o i servizi pubblici come i treni e i bus. Quando agiscono sotto un'azienda privata, lo stato deve per forza mediare e intervenire. Con buona pace dei ritardati convinti che nel libero mercato un maggiore profitto equivale a una maggiore efficienza, in realtà il guadagno e il servizio a tutti i cittadini devono continuamente essere riallineati: si può avere un servizio privato che “rende” ai suoi proprietari immensi profitti, ma senza che gli usufruitori godano di un servizio efficiente, o sicuro, o economico. Una volta era tutto più semplice. Nel caso di un treno, è nell'interesse di chi lo possiede farlo arrivare in orario, con vagoni puliti e comodi. I due obiettivi si trovano riuniti: già qui, tuttavia, possiamo individuare un primo difetto. E' possibile infatti avere un servizio ferroviario ottimo, ma i cui prezzi “tagliano” fuori la gran parte dei pendolari.
Questo disavanzo tra profitto ed efficienza può essere sorvolato per altri servizi, o considerato un danno collaterale, o un incidente di percorso: nel caso tuttavia dei social e di Google, è alla radice di come funzionino. Facebook è facile e intuitivo da utilizzare, è immediato: il sistema su cui tuttavia è costruito mira esplicitamente a danneggiare l'utente, a fargli perdere molto più tempo di quanto sarebbe necessario. Sotto un profilo di guadagno, più tempo passa un cliente su Facebook, più il social guadagna; ma il suddetto cliente ne viene danneggiato, irrimediabilmente. Allo stesso modo, con gli attuali modelli pubblicitari, nonostante gli algoritmi, la massa continua a contare: un blog, un sito, una pagina sopravvive e profitta quanto più i suoi visitatori vi rimangono ore a surfare e commentare. Conta la quantità, non la qualità. Si possono abbassare i prezzi per chi spamma e inganna i lettori, ma al fondo, un giornale online guadagna se ha milioni di visite. Da qui i titoli clickbait, gli articoli di 500 parole o meno, la rincorsa allo scandalo, al morboso, all'immagine prima della parola, alle gif, ai video ecc ecc. Queste sono condizioni strutturali dell'attuale sistema pubblicitario dei social e dei siti: il proprietario guadagna solo danneggiando l'utente e banalizzando i propri contenuti. In questo contesto, allontanandoci da Steve Bannon, che ripeto, trovo ripugnante, ci può venire in soccorso la riflessione di Tristan Harris, un “product manager a Google”, che alcuni mesi fa aveva rilasciato un'interessante intervista su Wired.

Nicholas ThompsonHai argomentato in questi anni che le grosse piattaforme Internet ci influenzano in maniere che non comprendiamo. Come hai concepito quest'idea?

Tristan Harris (TH): E' tutto iniziato con 60 Minutes e il suo articolo dove valutava i modi con cui l'industria tecnologica e delle comunicazioni usa tecniche di progettazione (design techniques) per tenere le persone incollate allo schermo per quanto più a lungo e di frequente possibile. Non perchè siano malvagie, ma a causa di questa corsa agli armamenti per catturare l'attenzione. E questo ha portato a un'intervista sul podcast di Sam Harris sui diversi modi con cui la tecnologia sta persuadendo milioni di persone in modi che non possiamo vedere. Ed è andato virale con la Silicon Valley. Penso che diversi milioni di persone l'hanno ascoltato. Quindi questo discorso su come la tecnologia stia hackerando le persone sta veramente prendendo piede. 

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Il problema non è collaterale e non dipende dalla forza di volontà, che certamente gioca un ruolo importante; è un difetto alla base, volutamente inserito in fase di progettazione. Si cerca di costruire social e app che non forniscono pause o vie di fuga, perchè questo si tradurrebbe in un calo dei profitti. Questa consapevolezza ha l'unico risvolto positivo che assolve la spiegazione razzista, secondo cui ci sono utenti “stupidi” e utenti “intelligenti”: in un social, alcune dinamiche virali possiedono tutti, ingenuità o meno.

Quindi il primo passo è trasformare la propria consapevolezza di sé. La gente spesso pensa che altre persone possono essere persuase, ma non io. Io sono quello intelligente. Sono solamente quelle altre persone che non sanno controllare i loro pensieri. Quindi è indispensabile comprendere che sperimentiamo il mondo attraverso una mente e un corpo di carne che lavora sulla base di un hardware evolutivo che è vecchio di milioni di anni, e dall'altro invece che siamo contro migliaia di ingegneri informatici, che dispongono dei dati più personalizzati in assoluto su come funzioniamo.

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TH: La consapevolezza è il primo passo. Consapevolezza che gente con un alto quoziente intellettivo lavora con Google e vogliono hackerare la nostra mente, indifferentemente che lo vogliano fare deliberatamente o meno. E non ce ne accorgiamo?
Già. E non intendo essere così astruso al riguardo. YouTube ha centinaia di ingegneri che cercano di trovare il perfetto video successivo che si avvii automaticamente. E le loro tecniche diventeranno sempre più perfette col tempo, e noi dobbiamo resistere questa perfezione. C'è un intero sistema che è molto più potente di noi, e che lo diventerà ancora di più. Il primo passo è solo comprendere che non scegliamo davvero come reagire a queste cose. 

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TH: E quindi, prima che domandiate, Chi siamo, Nick e Tristan, per dire cos'è meglio per voi?, meglio chiedere: perchè Facebook promuove un sistema di commenti e un bottone “Mi Piace” in primo luogo? Stavano gli inventori di Facebook pensando al modo migliore per l'umanità di avere conversazioni su argomenti controversi? No. Non arrivano a chiedersi questa domanda. L'unica domanda che arrivano a farsi è, “Che cosa coinvolgerà maggiormente le persone sulla piattaforma?”. 

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Una possibilità concreta per evitare di sfruttare in questo modo gli utenti, è ovviamente modificare la struttura del social/sito. Tristan, ad esempio, ipotizza che invece di commentare, dando vita a un'infinita discussione al vetriolo su Internet, ci sia un bottone per proporre un incontro - “vediamoci e ne parliamo” – o più realisticamente, un bottone “Change my Mind” attraverso cui l'utente che vuole commentare se accetta, viene reindirizzato in una sezione di Facebook appositamente creata per discussioni profonde e/o controverse, dove l'intento propagandistico di “convertire” l'interlocutore alle proprie convinzioni non si esaurisce in un litigio gratuito. Un esempio è il canale “changemyview” di Reddit. L'idea è di specializzare la conversazione, invece di ridurre il tutto a una rissa da bar. L'obiettivo è di spendere il tempo nel migliore dei modi possibili, non di sprecarlo perchè intralciati da una messaggistica, delle app e un sistema di mi piace calibrati per penalizzare il cliente a scapito del sistema.
A proposito delle pubblicità, la proposta di Tristan per un nuovo modello di business, che sia basato sulla qualità del tempo trascorso, non la quantità (!) è tra le più efficaci che abbia mai letto:

TH: La parte tre è trasformare business e responsabilità. Dobbiamo avere un grande dibattito sulla pubblicità. Penso che in futuro guarderemo all'attuale sistema pubblicitario – che ha un interesse sconfinato nell'ottenere più tempo possibile delle persone sullo schermo – e lo vedremo come una cosa arcaica, come quando prendevamo la nostra energia dal carbone. La pubblicità è il nuovo carbone. Ha funzionato a meraviglia per alimentare l'economia di Internet. Ci ha permesso di arrivare a un certo livello di prosperità economica, e questo è fantastico. E ha anche inquinato il nostro ambiente mentale, culturale e politico, perché ha permesso a chiunque alla fin fine di pagare per avere accesso alla nostra mente. E su Facebook, in particolare, ha permesso messaggi ultra mirati (hyper-targeting of messages) che persuadono alla perfezione e polarizzano l'opinione delle popolazioni. E questo è una cosa pericolosa. Ha anche dato un grande incentivo a tutte queste compagnie a massimizzare il tempo della tua vita a loro dedicato. Quindi dobbiamo abbandonare questo modello di business. E non abbiamo ancora inventato un'alternativa.

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Sto pensando al paragone da un mese e lo trovo davvero azzeccato, perchè riunisce i due elementi: la facilità con cui usare il carbone, e la sua utilità, al suo potenziale dannoso. Evidenzia anche la necessità di un cambiamento tecnologico generale, che superi il modello basato sui social, che sta davvero mostrando le corde. Nessuna delle alternative funziona davvero, a meno di non disporre di decine di migliaia di lettori. Nessuno sopravvive con le donazioni paypal o su Patreon, se non è già famoso in partenza. Le mance su Internet non hanno l'utilità delle mance reali; non scatta quel “qualcosa” che alle mostre o durante le visite guidate spinge la persona ad aprire il portafoglio. E le sottoscrizioni sono un impegno eccessivo, specie se si è blogger solitari, o non si segue una rigida scaletta. E ancora una volta, ci vogliono non migliaia, ma decine di migliaia di lettori. 
A scapito della qualità, as always.


TH: Quindi come era successo col carbone, con cose come l'energia eolica e solare, se andiamo indietro al 1950 e diciamo, “Dobbiamo smetterla di usare il carbone”, buona fortuna. Non avevamo all'epoca ancora inventato nessuna alternativa che ci portasse vicino all'ammontare di energia necessario per sostenere la nostra società. Se dici, “Dobbiamo lasciar perdere le pubblicità”, sottoscrizioni e micropagamenti non sono (ancora) progrediti a sufficienza per competere con le pubblicità. Ma esattamente com'è successo con tutte queste energie rinnovabili, possiamo arrivarci se facciamo gli investimenti necessari adesso. E lo sfondo per questo terzo punto sulla trasformazione del business, è, le piattaforme tecnologiche sono destinate a diventare sempre più persuasive. 
Quello che voglio dire è, avremo sempre più informazioni su come funziona la mente di Nick, non meno. Avremo sempre più informazioni su come persuaderlo a farlo restare incollato allo schermo del computer o dello smartphone. Avremo sempre più modi per setacciare il suo profilo e vedere cosa pubblica per trovare le chiavi di parole e gli argomenti che lo interessano e riflettere indietro i suo sentimenti su tutti quello che gli importa davvero quando gli mostriamo delle pubblicità. Diventeremo sempre più abili a destabilizzare la sua mente. E quindi l'unica forma di persuasione etica che esiste nel mondo è quando gli obiettivi dei persuasori sono allineati con gli obiettivi dei persuasi. Noi vogliamo che quelle migliaia di ingegneri dall'altra parte dello schermo lavorino con il nostro gruppo, opposti al gruppo il cui obiettivo è tenerci incollati allo smartphone. 
E questo significa un nuovo modello di business. 

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Tristan Harris è un americano e come tale indottrinato a cercare ogni possibile alternativa, prima di rassegnarsi a rinunciare al mercato e ai controlli. Propone pertanto una serie di ridicole alternative, con la Apple pronta a guidare una rivoluzione per il bene dell'umanità. Sorvolo per la vostra sanità mentale: sono aziende, il loro obiettivo è il profitto. Non avremo mai e poi mai un cambiamento dai vertici, non hanno alcun buon motivo per farlo. Possono esserci miliardari come Elon Musk, sinceramente interessate al miglioramento dell'umanità, ma illudersi che Bezos, Zuckerberg&simili modifichino il proprio modello di business a scapito della propria fetta di dividendi è stupida, illusoria e naif. Come con le regolazioni sul lavoro e le leggi sugli scioperi nell'ottocento, la richiesta deve provenire dal basso, dagli utenti stessi; e può attuarla solo una struttura statale, con la forza, in contrasto diretto con gli interessi monopolistici dei privati. Se ci sarà una simile rivoluzione tecnologica, che ci sollevi dall'incubo delle pubblicitàa carbone” attuali, dovrà essere attuata dagli stati nazione, perchè sono gli unici a possedere i mezzi per questa “imposizione”. Le strutture sovranazionali sono eccessivamente deboli e le piccole comunità sono per l'appunto piccole e inclini più alla censura xenofoba che all'effettiva collaborazione.

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TH: Ma gli incentivi adesso non lavorano in questo modo. La ragione che queste compagnie vogliono che usi tutto (tutte le app/social), è che in questo modo sono in grado di servire il massimo numero di pubblicità e ricevere il massimo profitto e soddisfare i loro azionisti, ma anche perchè così possono raccogliere quanti più dati possibili.
Penso che dobbiamo spostare la conversazione sui dati a una conversazione su cosa i dati permettono, il che ci fa tornare alla persuasione. Se ho dei dati, allora so esattamente cosa muove la psicologia di Nick, e posso persuaderlo in maniere che nessuno potrebbe comprendere sono diretti a te. Quindi questo è il mondo in cui viviamo. E questo è il mondo che, di nuovo, è sfuggito al controllo degli ingegneri delle piattaforme.
Dobbiamo pensare a questi servizi e piattaforme come a delle pubbliche infrastrutture, e abbiamo bisogno di essere capaci di risolvere questi problemi in anticipo. 
Se sei un cittadino di New York, quante delle tue tasse vanno a pagare la polizia, la metropolitana, i lavori sulle strade? Quanto va al sistema sanitario? Ci sono tantissime risorse e tasse che vanno allocate per mantenere la città funzionante per i cittadini, chiedendosi cos'è meglio per loro. Al contrario, si pensi a quanto poco queste compagnie di tecnologia spendono per “cos'è meglio per la gente”. Se si pensa alle dimensioni di Facebook, 2 bilioni (non, milioni, Bilioni) di menti umane sono collegate, molto più dei seguaci di una delle religioni mondiali. Hai bisogno di molte persone – non solo 10, 20 – che lavorino sul problema della disinformazione. Abbiamo bisogno di molte più persone che lavorino su questi problemi, dal cyberbullismo ai contenuti radicalizzanti, alle fake news e molto altro.


Prima che qualcuno si offenda, ho scoperto l'articolo da una condivisione su twitter del “nostrano” Bruce Sterling. Che come me e come tanti altri, con queste riflessioni non vuole criticare l'uso indiscriminato dei social, ma solo alcune delle loro modalità di funzionamento
Si può usare una tecnologia e nel contempo criticarla. 
Quindi avanti, condividete quest'articolo :-D

2 commenti:

Marco Grande Arbitro ha detto...

Premetto che ho letto tutto con avidità, nonostante faccio sempre fatica (visto che è un livello di pensiero superiore al mio).
Non ho nulla d'aggiungere a parte una cosa: "Io sono quello intelligente".
Quanto cavolo è vero! Quante volte l'ho pensato... E ci sono cascato!

Coscienza ha detto...

@Marco Grande Arbitro
"visto che è un livello di pensiero superiore al mio"

Mi lusinghi, ma ti posso assicurare che non è così :-D
Purtroppo, a causa dell'influenza del linguaggio accademico e delle relazioni richieste all'università, ormai ho acquisito un linguaggio spesso troppo astruso, troppo settoriale, come in questo caso.