Guardavo a dicembre i
#gameawards per i migliori videogiochi dell'anno e rimanevo alquanto
perplesso. Non per i premi in sé, che le classifiche e i totem
interessano solo i fan idolatri, ma per le presentazioni dei nuovi
giochi e le polemiche loro correlate.
Ho la netta impressione
che si voglia sinceramente tentare qualcosa di nuovo sia nel gameplay
che negli argomenti, senza tuttavia che questo “nuovo” si
realizzi affatto.
Il luogo comune vuole
che l'innovazione arrivi dai videogiochi indie, ma è chiaro
per chiunque navighi il settore che anche la scena dei piccoli
sviluppatori sia altrettanto conservatrice: spesso, dietro la scusa
di un gioco complesso, si nascondono clunky mechanism che non
verranno mai considerati dal giocatore se non per rassicurarlo che
sta giocando qualcosa di autenticamente complicato. Penso in
particolare a molte delle statistiche degli rpg dove in effetti la
quantità di numeri e cifre sommerge anche il giocatore più
paziente. Senza voler poi infierire sulla narrazione o su certi
stilemi che sono se possibile ancor più stereotipati che nei giochi
normali.
Ma non è sul gameplay
che voglio discutere, quanto sulle tematiche proposte. Che in molti
casi annunciano e trombettano di essere rivoluzionarie, delicate,
sottili, intriganti ecc ecc senza mai dimenticare l'aggettivo forse
più diffuso attualmente: dinamiche. Quanto ci piace essere dinamici
(e flessibili, naturalmente, flessibilissimi...) oggigiorno. Ne
andiamo davvero pazzi.
Addio alla narrazione
inesistente di soldatacci all'attacco, di strane creature intente a
correre e saltare, di omaccioni con complicate mosse X+Y+Y da
eseguire per soddisfacenti punteggi.
Roba vera, (quasi)
impegnata. Matura, finalmente.
Abbiamo dunque Far Cry
Primal. Uno spin off di Far Cry dove nell'età della Pietra dobbiamo
cacciare, combattere e ammaestrare animali conquistando il predominio
contro tribù di cannibali e scimmie antropomorfe. Un'idea nuova, che
incorpora la caccia, che tanto piaceva negli episodi precedenti,
aggiungendo il bonus di un elemento “cuccioloso” quali le bestie
d'addomesticare.
Detroit Become Human. Androidi sotto carica. |
Abbiamo dunque Detroit Become Human, dove un androide di nuova produzione
sembra destinato a una grama vita di servitore degli umani,
letteralmente box retail per i porci desideri di qualche ricco
acquirente. Androidi il cui perfetto servizio è ingiustamente
boicottato da luddisti che rischiano così di perdere il loro (già
precario, essendo Detroit) lavoro. Una musica da brivido per una
sequenza d'immagini d'impatto, una protagonista interessante, critica
sociale ecc ecc
Abbiamo dunque Ghost
Recon The Wildlands, dove al comando di un'unità d'elitè delle
forze speciali statunitensi andremo a investigare i cartelli della
droga nel sud america, attraverso un innovativo sistema flessibile e
dinamico di scenari e gestionale affrontabili a seconda delle proprie
inclinazioni e tattiche preferite. Un gioco realistico, maturo,
firmato Tom Clancy...
Si può iniziare dal
basso e cioè da Ghost Recon The Wildlands. Quelle righe che avete
appena letto le ho scritte ridacchiando, ma ci sono davvero
giornalisti convinti che sì, The Wildlands sia un gioco
intelligente.
Già l'etichetta di un
(defunto) conservatore come Tom Clancy è un biglietto di visita
sufficiente, ma l'idea che si possa conoscere la realtà dei cartelli
tramite una squadraccia dell'esercito Usa che si immischia dove non
dovrebbe è semplicemente ridicola.
Non discuto il
gameplay, o la storia, o la grafica, tutte parimenti interessanti.
L'idea però di
arrivare a conoscere qualcosa sul mondo sudamericano tramite
personaggi che sudamericani non sono, e il cui ruolo è di armi umane
in un contesto manovrato dall'alto che nel mondo reale nemmeno
comprendono... Patetico, semplicemente patetico.
E nei segmenti dove si
mostrano le missioni e le città popolate si comprende perfettamente
come vi sia un grande lavoro di ricostruzione di villaggi, persone,
monumenti, usanze, panorami. Invariabilmente destinati a venir
sommersi da secchiate di proiettili e inseguimenti, e coperture. Una
sensazione che ho avvertito tante volte con tanti giochi, ultimo dei
quali Bioshock Infinite: ambienti così straordinari, così piacevoli
meriterebbero di meglio che un banale combattimento.
Sul serio, c'è un
frammento del trailer dove si cammina nella folla di una cittadina
della Bolivia che trovo assolutamente affascinante. Perchè diamine,
se proprio devo assumere i panni di uno statunitense, devo andarmene
in giro con un fucile.
Datemi un giallo,
un'avventura, non so, un mistery, qualcos'altro, diamine.
Questo genere di giochi
sono pornografia militare, nient'altro che spot per le forze
speciali.
E chi si lamenta della
scomparsa dei film di guerra tradizionali, dove il soldato americano
combatteva senza paura, dovrebbe guardare la lista di Call of Duty in
produzione da tempo immemore e comprendere che si è semplicemente
trovato un medium più adatto alla solita propaganda.
Non a caso i consulenti
che gli studi dei videogiochi chiamano per dare verosimiglianza ai
loro giochi, e che s'intervistano nelle anteprime e nelle recensioni,
sono contractor abbruttiti, o repubblicani con la mentalità
dell'American Sniper (1).
Essendo video
indirizzati agli adolescenti, nessuno si domanda chi sia il
consulente che di volta in volta spiega come abbiano fornito un tocco
di realismo al videogioco. In effetti, se l'intento di The Wildlands
fosse davvero trattare il traffico di droga in Bolivia, avrebbero
intervistato un... beh.. un boliviano, no? Un uomo del posto.
Un'autorità, un militare, un membro della polizia,
dell'amministrazione, un giornalista che studi il cartello.
Invece,
non sembra proprio che in un videogioco ambientato in Bolivia, i
boliviani possano avere alcunchè ruolo.
Ci pensa mamma U.S.A. a
parlare e spar(l)are per loro, questo sia nella politica che nei
games.
Radio Santa Blanca. Cattura "DJ Perico". Perchè? Cosa avete contro i DJ? >__< |
Nel caso di Detroit Become Human la questione si complica.
L'inganno non è
nell'androide, o nell'idea di fondo: è nella locazione.
Detroit non è una
normale città americana, non è una megalopoli in crescita, non è
un dinamico (sic) centro industriale. E' al contrario una wasteland
di edifici sventrati, di case in sfacelo, di industrie abbandonate
abbarbicate attorno a un cuore urbano morente. Detroit non è ancora
morta, perché sarebbe un cadavere troppo ingombrante per essere
sopportato.
Il declino della città
non deriva da comunisti interventi statali, o invasioni armate dei
malvagi cinesi, ma risulta semplicemente la conseguenza della crisi
economica.
Un ottimo testimonial
degli effetti del capitalismo americano.
Nel videogioco si
presume che l'androide giungerà ad avere coscienza di sé, a
rivendicare i suoi diritti, a modellarsi come persona padrona di sé
e non al padrone soggetta. Com'è però evidente dal segmento del
trailer, ci riuscirà solo a spese di quegli stessi abitanti di
Detroit che rappresentano la fascia povera della popolazione.
Cartelli, disagio e proteste vedono l'androide crudelmente “cacciato”
dai poveri di Detroit. Non a torto, i cittadini vedono nell'androide
l'ennesima tecnologia in grado di licenziarli. L'uomo reso obsoleto
dalla macchina, e conta davvero poco che la macchina in questione sia un
androide senziente. Perchè il videogioco sia davvero impegnato,
l'androide dovrebbe allearsi con questi gruppi “proletari” (uso
il termine in senso largo).
Ovviamente ciò non
succede: l'androide è perseguitato dai poveri che sono
inevitabilmente visti come brutti, rozzi, plebei. Ci scommetto che la
soluzione nel gioco risulterà che l'androide verrà riconosciuto
come essere “umano” individualmente, mentre le reali cause della
diseguaglianza sia del sistema che l'ha prodotto come merce, che di
Detroit stessa, verranno ignorate.
Sto ovviamente
divagando sulla base di ben poche informazioni: è tuttavia chiaro
che sono qui all'opera due diverse ideologie. La prima, che sostiene
una lotta per i diritti individuali nella forma di leggi
emancipatrici, che non attaccano però le basi economiche del
problema. L'impegno è traslato a favore di piccoli gruppi,
spezzettato in una miriade di iniziative futili. Nel nostro caso, è
giusto lottare per i diritti del povero androide, ma guai a chiedersi
perchè quell'androide è stato prodotto, o come si è arrivati a
ideare quello che alla fine è uno schiavo robotico.
La seconda, è il caro
vecchio mantra della Silicon Valley: l'androide è una nuova
tecnologia e come tale automaticamente buona&giusta&progressiva.
Chi si oppone è solo un retrivo luddista che non è sufficientemente
“dinamico” e “flessibile”.
Detroit Become Human. Dettaglio del trailer uscito durante la Paris Week. |
Se The Wildlands e
Detroit trattavano il capitalismo rispettivamente “militare” e
tecnologico”, Far Cry Primal indaga il rapporto malsano con la
Natura. In altre parole, l'ambientalismo.
Primal è infatti
ambientato nella preistoria. O almeno, quanto i designer e i
giocatori pensano sia la preistoria. Non provo a immaginare quale
atroce tormento sia per un archeologo dover guardare un video di Far
Cry Primal e sentir parlare di “realismo”.
Perchè in effetti,
stando al gameplay presentato, Far Cry è insospettabilmente vicino
ai tempi nostri. Il rapporto che questo homo sapiens sapiens possiede
con la Natura è decisamente moderno.
Possiede un'aquila che
fa volare a suo piacimento, la cui visuale dall'alto è irrealistica:
l'uccello riesce a star fermo al suo posto come un elicottero che
stazioni su un obiettivo, si muove in modo statico e rigido, senza
poter planare o virare in modo repentino come i volatili fanno e il
suo attacco ha la precisione di uno Stuka nazista. Sopratutto, quando
si sceglie di guardare con gli occhi dell'aquila, si vede il terreno
con la stessa visione di un drone cecchino. Persino i colori sono
simili e se scegliessi di sovrapporre uno screenshot di Far Cry
Primal a uno screenshot di una zona afgana vista dagli occhi bionici
di un drone U.S.A. non sapreste raccontare la differenza.
Dalla rivista in
edicola, ai modelli civili, alle proposte di Amazon, si tenta di
rendere il drone una tecnologia il più possibile “amica” alla
popolazione.
Nessun complotto, nel
caso di Far Cry Primal, semplicemente i designer si sono riferiti a
un modello “ludico” mortalmente (ahahah) efficace.
L'idea di ammaestrare
gli animali non è né originale, né positiva.
In primo luogo,
l'animale ammaestrato non ha con il giocatore alcun rapporto che non
sia il possesso oggettuale, una volta “domato” l'animale è
sfruttato fino a quando serve, per essere poi rimpiazzato con un
altro, ugualmente intercambiabile. Gli animali sono strumenti
nell'economia del gioco, nient'altro. L'idea non è originale, perchè
preda (predatore/predare/ primal, quanto sono divertente...) da un
genere di videogiochi molto vecchia: l'interminabile, stucchevole
categoria dei “Pet Simulator”. Evoluzione elettronica dei giochi
col peluche, i Pet Simulator hanno da sempre rappresentato una pecora
nera, un intreccio sfortunato di grafiche orribili per console
portatili, copertine trash e fasce d'età basse, rivolte a un
pubblico femminile. Come tanti “Simulator”, sono i bersagli
preferiti dei recensori, che sfogano così la frustrazione di dover
dare voti invariabilmente positivi per qualunque gioco appena uscito.
Tuttavia, questi
aborriti Pet Simulator, sono così diversi da Far Cry Primal?
Nel suo rapporto con
gli animali, cosa vi aggiunge il nuovo Far Cry? Poco o nulla. La
grafica, la violenza, l'open world, l'essere una parte e non la
totalità del gameplay. Probabilmente, nel rapporto con l'animale
domato, Far Cry Primal supera in stupidità Pet Simulator.
Il rapporto di
quest'uomo primitivo con la Natura non è certo olistico o “saggio”.
Come nel quarto episodio della saga di Assassin's Creed, Black Flag, il
giocatore trae soddisfazione dal ripulire la mappa dalle tante icone
che preludono a diverse attività. Nell'esempio, ciò porta il nostro
sicario/pirata a cacciare ogni singolo pesce nei mari dei Caraibi,
dalle balene, alle orche, agli squali ecc ecc Senza voler fare
ironia, non ci si sente un pirata, ma una flotta di pescherecci
giapponese.
In Far Cry Primal, la
caccia si svolge in un ambiente virtualmente inesauribile. Non c'è
una catena alimentare realistica, o com'era persino nella preistoria,
fragile e contingente. La nostra caccia feroce può imperversare a
volontà, comunque per gli algoritmi del gioco c'è sempre un animale
pronto a cadere sotto la nostra lancia. Le specie non si estinguono,
gli habitat non si stravolgono, la ricchezza della terra è
inesauribile. Il comportamento del giocatore, in quest'ambiente,
ricorda un virus che divora ogni elemento a sua disposizione, senza
rispetto per l'ambiente in cui si muove. Oltre che un paradiso per il
cacciatore contemporaneo, Far Cry Primal ricorda perciò l'idea di
Natura che hanno i repubblicani americani, i reazionari cristiani, i
“Dominionisti”.
Dio ha creato questo
mondo per l'uomo e il nostro diritto è sfruttarlo all'esaurimento,
senza respiro. D'altronde, se il paradiso ci aspetta in un'altra
vita, è chiaro che verso quest'inferno (il mondo terrestre) siamo
liberi di scatenarci. E ovviamente no ai cambiamenti climatici, sì
al consumo di carbon fossile come alla caccia indiscriminata, e poi
eddai, se nella Bibbia è scritto che il Diluvio Universale è già
successo una volta, che è sta' storia dell'innalzamento dei mari...
è già successo nel testamento, non può ripetersi di nuovo, che
diamine...
Dog Simulator, aspettiamo il dlc con i biscottini e la pallina da rincorrere. |
Queste osservazioni
potrebbero far pensare che odio i tre giochi nominati.
Al contrario, quando
usciranno non vedo l'ora di giocarli (se potrò permettermi
l'hardware, ovviamente). Proprio perchè “giochi” ritengo che
meritino un'attenzione di gran lunga maggiore rispetto al silenzio
della critica nei loro confronti. Come un film o un libro veicolano
un'ideologia e un'idea ben precisa che può influenzare le decisioni
e la forma mentis di un lettore, allo stesso modo un
videogioco con una specifica impostazione può cambiare molto a una
persona, nel bene e nel male.
Non esiste un libro
“neutro” o apolitico e allo stesso modo non esiste un videogioco
che sia completamente astratto dal sistema economico in cui nasce. E
d'ide(e)ologia ormai i videogiochi sono pieni zeppi, anche più di
tanti romanzi.
(1) Matteo
Bittanti nel saggio Orizzonti di Forza, sul racing game (in lettura),
tratta di sfuggita anche questo tema.
Riporto a sostegno
della mia tesi il seguente passaggio, inscusabile per l'Activision:
Pochi videogiochi esprimono meglio (o peggio) di Call of Duty la profonda saldatura tra intrattenimento e politica, ideologia e propaganda. Uno dei consulenti di Black Ops 2, per esempio, è Oliver North, l'ex-luogotenente americano coinvolto nello scandalo Iran-Contra durante l'amministrazione Reagan-Bush e attualmente commentatore televisivo per Fox News, il network iper-conservatore americano. Si noti che North non solo è apparso nel videogioco sotto forma di avatar, ma ha svolto anche il ruolo di evangelista e testimonial.
2 commenti:
E' un pezzo stupendo :D una critica videoludica che vada oltre la godibilità del gioco serve come il pane ormai, spero di leggerne altri così in futuro ^^
Sono contento che almeno a qualcuno l'articolo sia piaciuto! :-D
Una volta dedicavo largo spazio del blog ai videogiochi, ora col Pc sempre più malmesso mi limito ai giochi indie... che non sono così innovativi come tutti millantano, ma comunque...
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