Secondo il
filosofo Baudrillard, Disneyland è presentata come un luogo
“immaginario”, un parco giochi artificiale, ma in realtà è tutta l'America a essere artificiale e infantile, esattamente come
Disneyland, la cui esistenza, simbolicamente, serve a nascondere
l'inganno perpetuato dal parco giochi. Allo stesso modo, il carcere,
al di là della sua ovvia funzione detentiva, serve per nascondere
che in realtà è l'intera società a essere carceraria, nei suoi
obblighi e regole di cui è intessuta.
Abbiamo
dunque nei due esempi citati due luoghi che sono presentati come
“eccezioni”, ma risultano in realtà simbolo di una condizione
pre esistente, nel primo caso l'infantilismo e l'irrealtà della
società statunitense, nel secondo caso il carattere detentivo e
punitivo della società moderna.
Il testo cui
faccio riferimento – e che sto orribilmente generalizzando – è
Simulations (1983) e sembra stranamente bene adattarsi al romanzo di
Claudio Vergnani Lovecraft's Innsmouth.
Il nucleo
sia della novella iniziale pubblicata nel ciclo Cthulhu Apocalypse
che nel romanzo vero e proprio è il parco giochi di Innsmouth.
Costruito sull'esempio dell'omonimo racconto del Solitario di Providence, è un vasto villaggio fatiscente, in cui comparse
camuffate dai mutanti/abitanti fingono di terrorizzare i turisti,
mentre si mimano le diverse fasi del racconto. Dalle offerte a Dagon,
al sacrificio (in questo caso di una bella fanciulla, abile attrice),
all'irruzione dei mostri nelle camere dell'albergo. Al contempo, a
tanta serietà corrispondono i feticci di ogni buon parco giochi: dal
ristorante, al bar, ai negozi di souvenir, alle camere con wi fi
nell'albergo solo in apparenza malmesso e putrido ecc ecc
Il parco
vuole ricreare a beneficio degli appassionati di H.P. un'atmosfera
autentica e fedele all'opera originaria, non risparmiando alcun
dettaglio per quanto truculento od eccessivo. Al contempo, nessun
luogo d'intrattenimento può privare il visitatore occidentale
dei suoi amati non-luoghi, quale per l'appunto il ristorante già
citato. Inoltre, l'esasperata ricerca dell'iper realismo di quella
che tuttavia è un'opera “di fantasia” si scontra con la
necessità di smussare gli angoli, evitando ogni possibile
inconveniente o pericolo per il cliente pagante: i vetri rotti sono
in realtà smussati, le armi sono di gomma, le zone pericolose lungo
la scogliera recintate, l'appartamento lurido l'atrio di una nascosta
stanza d'affitto iper accessoriata ecc ecc
Si forma già
un paragone col discorso su Disneyland di Baudrillard: Lovecraft's
Innsmouth vorrebbe essere niente più che un parco divertimenti, ma
il suo realismo, il suo “prendersi sul serio” smentisce questa
finzione e proclama a gran voce l'esistenza di una Innsmouth “reale”.
Sarebbe per altro d'approfondire come un ciclo, quale I Miti di
Cthulhu, totalmente inventato, venga dal parco giochi preso tanto sul
serio. E' come se, in virtù del successo di Lovecraft, quanto abbia
scritto non sia più un'opera di fantasia, ma una descrizione di un
luogo esistente, da replicare con piglio di storico attento alle fonti.
A romanzo
ormai inoltrato, senza far spoiler, il personaggio di Claudio,
essendo la parte “riflessiva” del duo, se ne rende presto conto:
E, al di là di questo, quel posto mi dava la sensazione di essere sempre sul punto di rivelarsi, magari mostrando una realtà verminosa sotto la patina innocua, ma senza farlo mai davvero. Un luogo che, per far soldi, fingeva di essere un altro posto e che magari, alla fine, era proprio quel posto. A meno che tu non chiedessi in giro, naturalmente. Nel qual caso tutti a giurare e spergiurare che si trattava solo di una baracconata.
Ovviamente,
dove il paragone funziona al suo meglio è quando si osserva che alla
Innsmouth finta, corrisponde una Innsmouth reale. Sulle stesse sponde
del Massachussets su cui è stata costruita questa baracconata, giace
discosta la Innsmouth reale, un catalogo di catapecchie e grotte.
Eppure Vergnani fino all'ultimo, fino al termine del romanzo, rende la
Innsmouth “finta” molto più reale del reale della Innsmouth
esistente per davvero. E' un colpo di genio: il prodotto del turismo,
“finto” è percepito dai protagonisti come più reale del reale,
come una finzione che meglio si adegua alle loro aspettative.
L'intera scoperta della Innsmouth “nascosta” è un anticlimax che
solo per un guizzo (di mano palmata?) verso la fine ritrova un po' di
tensione, di antico terrore. Il messaggio resta però chiaro:
l'attrazione turistica supera l'attrazione orrorifica, il reale
virtuale (messo in scena, filmato, preteso da un pubblico pagante)
supera il reale reale dei mostri e dei tentacoli, che non sembrano
avere altrettanta efficacia.
L'immediato
corollario del romanzo è che come nella serie di Providence, di Alan
Moore, il pantheon lovecraftiano pur rimanendo alieno e terrificante,
è descritto con termini più benevoli. L'intero apparato di cosmiche
entità si rivela per terrorizzare il duo di Claudio&Vergy, agita
i suoi tentacoli, le sue mostruose appendici, ulula i suoi richiami e
i suoi gridi subumani, gocciola e inzacchera i polverosi antri
infestati. Tuttavia, Claudio è più impietosito che terrificato e
nonostante non prevalga dall'inizio alla fine nessuna soluzione
anacronistica e pacifica, si guarda a Dagon e ai suoi seguaci con
maggiore empatia del solito:
No, non suscitavano terrore, rabbia e aggressività, ma compassione. Nei loro occhi permaneva una scintilla che nessun patto demenziale e ultraterreno era riuscita a spegnere.
Non potevo sapere quanta consapevolezza della passata umanità fosse rimasta nelle degenerate caricature che si riversavano a frotte nella caverna, ma non potevo fare a meno di pensare che, se avevamo ora di fronte dei carnefici, questi erano stati prima di tutto delle vittime.
Questo gioco
di scambio delle parti (tra mostri e vittime, e luoghi reali e
attrazioni turistiche) prosegue anche sotto il profilo narrativo.
Il romanzo
di Vergnani è infatti la versione estesa della novella già
pubblicata un anno prima. Anziché tuttavia scrivere una storia ex
novo, o come immaginavo, continuare dal finale aperto del primo, il
romanzo di Lovecraft's Innsmouth ripercorre nel suo primo terzo le
vicende già narrate.
E' in realtà
una scelta interessante, perché se le scene rimangono le stesse,
sono a volte riscritte, a volte arricchite con nuovi dettagli. La
lettura, almeno per il sottoscritto, diventa così una caccia all'intruso,
confrontando mentalmente cosa è stato tolto, cosa è stato aggiunto.
La prima scena nel cantiere è pressapoco simile, ma risulta meno
trascinata e i paragoni di Claudio più naturali (e spassosi,
naturalmente). Prima di entrare a Lovecraft's Innsmouth compare una
sala d'attesa e qualche riga in più è fornita dalle (inutili)
descrizioni di quale cibo stia trangugiando Vergy.
In generale ogni
capitolo è arricchito, rispetto alla novella, da più battute e più
metafore spicce per divertire il lettore: l'effetto è piacevolmente
grottesco, anche se a volte talmente protratto da distogliere
l'attenzione dalle vicende. Un esempio emblematico:
Quando scendemmo dal Mercedes, il cuore mi cadde dal petto e mi rotolò direttamente sulla strada. Estrasse una piccola vanga da un ventricolo e prese a scavare nel fango per scendere ancora più in basso. I testicoli lo seguirono dappresso. Attesero che si gettasse nel buchino che si era fatto, poi saltellarono dentro con lui.
L'albergo Gilman era un autentico cesso...
Delle nuove
scene di questa versione “rimasterizzata”, ho apprezzato in
particolare la scena nel vicolo, quando Vergy è alle prese con
quanto ritiene un banale effetto speciale via audio. Senza svelare
nulla, è interessante come sia possibile inquietare il lettore più
con dei rumori e un auricolare, che con incolori descrizioni dei
soliti mostri tentacolari.
Speciale su Lovecraft dell'Heavy Metal Magazine, ottobre 1979 |
Paradossalmente
il difetto maggiore non è nella prima parte, dove si ripercorre
quanto già letto (almeno da molti...) piuttosto nell'immediato
seguito quando, dopo essere fuggiti da Innsmouth, Claudio e Vergy
riposano e discutono nel rifugio del loro patrono, il prof
Brandellini. Non siamo che a metà del romanzo, ma l'intero capitolo
sembra molto più lungo e noioso. Essenzialmente, sia Claudio che
Vergy ciondolano in giro, mangiano, praticano attività fisica e
recitano la parte da loro prevista dall'autore, cioè di eroi
riluttanti a mettere in pericolo le loro vite per qualcosa di diverso
da una congrua somma di denaro. Vergnani, qualunque sia la
situazione, si salva sempre grazie a un umorismo così affilato che
ci si può fare la barba: resta però che, tolte le battute, sembra
un intermezzo superfluo, che aggiunge davvero poco alla storia
principale.
Chiusa la
parentesi “civile”, il romanzo ritorna facilmente in carreggiata
tornando al vero centro dei divertimenti, sia per il lettore che per
i turisti, ovvero Innsmouth. Il romanzo allora, conforme all'impianto
ludico dell'intero romanzo, mette in campo una black ops degna di uno
sparatutto, dove Claudio e Vergy scendono livello dopo livello nelle
viscere del maledetto villaggio.
Senza
svelare spoilerosi dettagli, è apprezzabile la cura
nell'equipaggiamento e nell'uso dello stesso, dalle armi da fuoco,
alle arrampicate, agli scontri corpo a corpo. Il duo protagonista
recita quelle battute anni '80 che i fan amano tanto, ma l'intera
vicenda resta abbastanza verosimile. Ottima, ad esempio, l'intuizione
di quale (semplicissima) arma sarebbe in realtà letale contro i
bagnati e fradici uomini pesce di Dagon...
Alla fine di
questo rollercoaster di montagne russe (pardon, del New
England), la semplice verità è che leggere Lovecraft's Innsmouth
diverte. Non si vede l'ora di voltare la pagina per scoprire la
prossima battuta di Vergy, la prossima azione di Claudio... non è
nemmeno merito dell'umorismo soltanto, altrimenti vi starei
consigliando un ricettario di barzellette. E' il modo con cui i
mostri, gli eroi e l'ambientazione finiscono assieme, senza alcuna
forzatura, con un modo di scrivere dell'autore volutamente rilassato,
che non sembra sforzarsi di fingere lessici inutilmente ricercati (la
parola più complicata è cifotici) ma nemmeno di diluire il lessico
fino a scrivere come un neanderthal a un idiota.
Volendo, dal
cosmicismo lovecraftiano – assente – all'esistenzialismo
spicciolo – tutto si riduce ai soldi – ai riferimenti politici –
il senatore - ce ne sarebbe di che criticare, ma di fronte a una
lettura così piacevole... che posso dire? Sono difetti su cui
soprassiedo ben volentieri.
Aspettiamo
pazienti le prossime avventure di Claudio&Vergy, consapevoli che
per due italiani in cerca di lavoro quali sono, di mostri ne avremo
sempre in abbondanza...
Fonti:
Lovecraft's Innsmouth, di Claudio Vergnani (Pagina Amazon).
2 commenti:
Molto puntuale e interessante. Esiste ancora gente seria in grado di esaminare seriamente un testo.
Grazie
claudio v
@Claudio
Di nulla, per molti è una fatica esaminare "a fondo" un testo, ma io lo trovo un esercizio stimolante. In questo caso il paragone con Baudrillard è più una suggestione che una tesi precisa, ma ritengo che funzioni.
Spero di vedere a presto le avventure precedenti di Vergy in formato ebook!
Ti ho scoperto purtroppo poco prima della chiusura della Gargoyle... :)
Posta un commento