Giubbotto allacciato,
familiare peso del talismano magico chiamato “libretto
universitario” nella tasca sinistra. Camminata veloce attraverso la
città al crepuscolo. Gruppetti di ragazzine che papereggiano presso
il sacro tempio chiamato Burger King. Barbe&baffi travestite da esseri
umani che formano minuscoli gruppetti presso il cinema. Non è ancora
il momento. Mentre procedo nel Viale, gli edifici cominciano a
liquefarsi, a decadere in calcinacci e tapparelle abbassate.
Suono all'ennesimo
condominio di piccole stanze per piccoli budget per piccoli studenti.
Portone, ascensore, corridoio.
...Ora senti, forse il tuo metodo di massaggi è diverso dal mio ma sai... toccare i piedi di sua moglie e infilare la lingua nel più sacro dei suoi buchi non è lo stesso fottuto campo da gioco, non è lo stesso campionato...
Per meglio distrarsi
dall'esame sul pessimismo leopardiano, l'Amico di Cinema mangia la sua cena
guardando Pulp Fiction. Un tostapane che sembra uscito dall'ultima
guerra (cioè la guerra boera, ovviamente!) riscalda panini poco
appetitosi. Fobicissimi entrambi di file e posti a sedere esauriti,
decidiamo che mezz'ora di anticipo è il minimo indispensabile. Ghost
in the Shell: Arise ci aspetta. Oh yeah!
Una birra, due, tre.
Usciamo. Il Cinema
lampeggia, ma non c'è fila, solo un solitario cinese, qualche
barbuto panzone uscito direttamente dagli stereotipi anni Ottanta e un paio di pensionati, che sono come il prezzemolo, stanno bene dovunque. Constatiamo con fastidio
libertariano il divieto di portarsi drinks dall'esterno. Sempre la
stessa storia, misure protezioniste everywhere. E non c'è
nemmeno la bisaccia per contrabbandare qualche panino, qualche
lattina sotto costa, per rifocillare i nostri poveri corpi.
Rassegnati, tormentiamo la
piccola commessa perché ci fornisca le locandine promesse. Good! Il
bambino pacioccone che è in tutti noi nerdacci che si rispettino
esulta.
Entriamo in sala...
Un mese fa ho sperimentato
la maratona di Ghost in The Shell della Nexo Digital e ne sono
rimasto piuttosto soddisfatto. Costosetta certo, ma erano anni che
non guardavo un'anime sul grande schermo.
Quand'ero, ironicamente,
ragazzino (tredici, quattordici anni) consideravo qualunque cosa non
fosse un film con attori reali, una cosina “per bambini” indegna di
attenzione. Col tempo, questo pregiudizio è perdurato sottopelle,
fin a quando mi sono accorto, che sì, stranamente anche i cartoons
possono risultare interessanti, e anzi vantare sceneggiature niente
male. Ghost in the Shell è una delle poche serie anime che abbia
visto quand'ero giovine e una delle poche di cui abbia visionato credo
tutto, dagli Oav alle due serie tv, in particolare la 2nd Gig per quanto terribilmente lenta vantava una sceneggiatura
fenomenale.
Della maratona, la
rivelazione era risultato l'Attacco dei Cyborg; 2004, appena uscita la computer
grafica, Mamoru Oshii voleva provare qualcosa di nuovo. E l'aveva provato
dannazione! La quantità di riferimenti, giochi temporali, illusioni
virtuali e pure orgie visive t'imprimevano sulla cornea una
sensazione indescrivibile di sublime, (quasi) di sacro terrore.
Ghost in the Shell: Arise,
strutturato in tre parti da un'ora ciascuno (OAV) ha un'impostazione
molto più Ghost Pain ha un'andatura nell'insieme lenta rispetto a Ghost Whispers, e fa
meno presa sullo spettatore. Gli eventi devono ancora ingranare. C'è
qualche bella intuizione: il corpo del Maggiore sovvenzionato dall'esercito e conseguentemente di sua proprietà, gli
usuali interrogativi uomo-macchina, un lavoro in termini di
Worldbuilding sociopolitico assai imponente. C'è sempre stato un fondo
di astrattismo intellettuale, nelle avventure del maggiore Kusanagi,
specie nella seconda serie tv. E quest'astrattismo ritorna nel primo
episodio, che cede poi sul fronte dell'azione con Ghost Whispers.
tradizionale. Gli stessi disegni, oscillano da
un'impostazione paesaggistica fino ad allora assente, a modelli dei
diversi personaggi a volte poco precisi, stilizzati quasi. Delle due
parti,
Motoko Kusanagi in questo
prequel è una Maggiore piuttosto arcigna, che nel corso dei due episodi si rivela alquanto brutale in
confronto alle precedenti serie tv. C'è un'interessante cortocircuito del
fan service, il quale più che risultare contenuto, viene invalidato dalla
protagonista stessa, che risulta troppo giovane, troppo androgina se
confrontata con le sue precedenti incarnazioni.
Nella sigla iniziale, c'è
qualche momento “stuzzichevole” (odio quest'aggettivo) tuttavia
man mano che l'episodio si dipana, l'esile silhouette dell'esperta di
cervelli elettronici acquista sempre meno corporeità. Un fan service
digitalizzato non è fan service. E di questo sono molto contento.
Grazie alla matrice
poliziesca il primo episodio butta lì diversi momenti introspettivi
che ho personalmente apprezzato: Kusanagi è intralciata oltre
dall'ingenuità dei primi anni, da un corpo cibernetico nell'insieme
debole, se paragonato alle mostruosità metallo-carne che affronta di
volta in volta. C'è una sensazione di disparità nelle forze in
campo che finora mancava.
E quindi? Nell'insieme?
Valsa la pena?
Risponderei Ni: questi due episodi hanno un ritmo
troppo classico, troppo “normale” se confrontati con i mostri
sacri che li precedevano. Tuttavia, scorrono piacevolmente. Mancando
inoltre ancora due episodi, in realtà è impossibile fornire un
giudizio definitivo. In ogni caso, rincontrare la Maggiore Kusanagi è
sempre una gioia. *_____*
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