Sì lo so, sono più di 500 parole e ciò abbondantemente supera la vostra soglia dell'attenzione, ma io continuo a sperare in visite e commenti ^__^
La macchina del tempo era una sfera
metallica rivettata di bulloni e ingranaggi, che ricordava a Enrico
un gigantesco magnete attira-spazzatura.
Sentiva i jeans stringere in vita, la
cintura con la fibbia a forma di mouse anni Novanta segare la pancia
in due. Invidiava la pratica tuta aderente della collega Lucinda, la
maglietta intelligente da quattro soldi dell'amico Hacker Luca,
perfino quegli inestetico, ma praticissimo SmartWatch che ronzava sul
polso dello storico Polidori. Interrogò quest'ultimo, per alleviare
la tensione prima del salto temporale.
- Allora: ho tutto? -
Il professore di storia consultò un
database olografico, scorse velocemente un lungo elenco di foto
vintage. Finse di picchiare più volte coll'indice sullo schermo
invisibile. Un vezzo risalente a quando s'usavano schermi solidi e
tecnologia Touch, che di tanto in tanto alcuni nostalgici fingevano
ancora praticare. Irritante. Ma d'altronde, Polidori era uno Storico,
un antropologo di usi e costumi dei primi anni del secolo
Ventunesimo. Al pensiero, Enrico sentì il cuore accelerare i
battiti, impazzire nella cassa toracica. Si calmò con lunghi
respiri. Non è il momento, pensò. Era una strana sensazione,
indossare vestiti così grezzi e malcuciti, senza un'intelligenza
artificiale che rammentasse il numero di calorie consumate, il
livello di alcool nel sangue, gli appuntamenti dell'agenda. Che
monitorasse grado d'inquinamento dell'aria, respiri, sudorazione
eccessiva. Indossava vestiti stupidi, poco da fare.
- Hai l'ipod? - Chiese Polidori.
- Cosa? Sì! - Frugò nella tasca, fino a esibire un rettangolino azzurro scheggiato.
Constatò stupito
il groviglio di cavi che fino a qualche secondo prima aveva
diligentemente districato.
- Ogni volta che hai un momento
libero, cammini, sei al bagno, in treno o in autobus, mettitelo
sempre al collo e infila gli auricolari. A quei tempi, non si usciva
senza una canzone nelle orecchie, ricorda. -
Enrico annuì timoroso. La scaletta di
canzoni che gli avevano consegnato andava dal melenso al trash e la
musica classica sembrava bandita completamente. Invano aveva implorato
Polidori di poter inserire almeno un'opera di Wagner, qualche melodia
di Schubert, una marcetta di Elgar. Suppliche inutili.
Quei nomi
strani, che aveva osato ascoltare, quei "Gigi d'Alessio",
"Lady Gaga", "Fabri Fibra" costituivano più un
concentrato di rumori, una cacofonia confusionaria, che un'effettiva
melodia.
- Zaino? Cos'hai dentro? -
Enrico tirò lo stretch e rabbrividì
al rumore del velcro strappato. Mostrò una tavoletta nera, dallo
schermo lucido in una custodia di pelle, un block notes, diverse
penne e matite.
- Alla fine hai scelto un lettore
elettronico, a quanto vedo, uno dei primi Kindle. Che ci hai messo
dentro, come ebook? -
- I Classici, signore. Le prime
esperienze di Autopublishing dell'epoca, via blog. Fantascienza
d'assalto, che precluse al crollo delle grandi case editrici. -
- Dovrebbe andar bene – Mugugnò
il professore. Enrico poteva leggergli nelle orbite infossate
l'invidia per non poter partecipare al viaggio, ma era troppo
vecchio. Non sarebbe sopravvissuto al balzo temporale. - Dimmi
qualche tema politico dell'epoca, se ti attirano a bere un bicchiere
di alcool in quei luoghi chiamati "bar" -
Enrico, preso alla sprovvista rimase
per qualche secondo in silenzio. Mentre Polidori lo fissava alzando
il sopracciglio, Enrico afferrò la risposta. - La Crisi economica,
signore! -
- Ah! Molto bene. Altro? - Polidori
sorrise.
- Quant'è difficile trovare lavoro
senza cercarlo affatto, discussioni su Berlusconi, indignazioni sui
costi della politica, tasse, lamentele sul social network
dell'epoca, FaceBoom.-
- Facebook – Corresse Polidori –
Ricorda che eravamo negli anni prima dello scandalo Zuckerberg,
quando si scoprì che il piccolo Genio alimentava reparti
paramilitari in Africa e trafficava schiavi dall'Oriente. All'epoca,
non gli avevano ancora diagnosticato paranoia e sociopatia, anzi,
veniva considerato un genio -
- D'accordo. - Enrico voleva coprire
lo sbaglio precedente, quindi aggiunse – E se ricordo bene, in
America è per la prima volta Presidente un nero, quel tale Morgan
Freeman, giusto? -
Polidori scosse la testa, ridacchiando.
- Se fossimo a un esame orale, ti boccierei. Presidente era Obama, ti
stai confondendo con Hollywood. -
- Hollywood? Era ancora viva? Non
c'era ancora il cinema africano? -
- Te l'ho detto, siamo negli anni
prima del Crollo. Videogiochi? -
- C'è il credo del prete, che
usciva ogni anno a opera di quella casa francese... La Ubisoft. E
poi ci sono le avventure dell'idraulico italiano, Mario, giù nei
tubi -
- E' il credo dell'assassino,
casomai. Non dimenticare lo sparatutto per veri retrogamer,
oggigiorno, Call of Duty. Molto difficile, se confrontato ai
videogiochi odierni. Meglio lasciar stare la storia dei videogiochi,
è un argomento complesso. Tasche? -
- Cellulare! - Enrico mostrò una
mattonella grigiastra, dalla pulsantiera mangiata dagli anni. - Lo
usavano per chiamare, giusto? E per mandare i " messaggini"
– Pronunciò l'ultima parola lentamente, come se non ne
comprendesse appieno il significato – E si divertivano a comporre
strane faccine usando la tastiera... -
- Esatto! - Annuì Polidori,
soddisfatto – Come sei con il portafoglio? -
- Male, signore. Non abbiamo trovato
le banconote dell'Euro, così le abbiamo sostituite col Monopoli da
tavolo del figlio di Lucinda. La somiglianza è notevolissima -
- Monete giocattolo, non mi
sorprende. Bene, sembra tu abbia tutto, figliolo – Diede
un'occhiata allo Smartwatch, confrontò i documenti dell'epoca con
il vestiario del ragazzo. La barba di Enrico era una nota
eccentrica, ma Polidori confidò che sarebbe passato come un hipster
all'ultimo stadio.
- Mi raccomando, Enrico. Abbiamo
marchiato quel periodo come "NeoMedioevo" per ottime
ragioni. Stai per finire in un'epoca buia e violenta, specie in
Italia. Le persone vivevano come bruti senza cervello, imbottiti dai
mass media, soggetti a strane manie, dall'amore per la carta a
moralismi di ogni genere. Avere un blog non era considerato un
lavoro, ma un hobby discutibile, un giocattolino per menti
egocentriche. E nella politica, nella società, nei costumi la
gerontocrazia imperava mostruosa, divorava ogni cosa. Stai attento,
annota quanto ti abbiamo chiesto e ritorna al più presto. -
Enrico annuì e cinque secondi più
tardi la scomposizione molecolare lo inviava come un fax
interstellare nell'Anno Domini 2013.
4 commenti:
Buono, buono! Ma "sento" che scivola troppo bruscamente, nel finale, dall'ironico/satirico al retorico. Potresti per esempio cercare di far passare il pistolotto conclusivo attraverso il modo in cui i personaggi si interrogano, nel dialogo che precede, sul funzionamento degli "antichi" marchingegni; l'imbecillità della nostra epoca potrebbe trasparire da quelli senza commenti, senza glosse. E concludere semplicemente con Enrico che parte per il viaggio nel tempo per nulla convinto, anzi con quel genere di angosciosa stretta al c... che si ha quando ci si lancia con il paracadute...
Ehi: è un'opinione, eh? ;-) non ho le chele né cammino all'indietro
Sì, lo sviluppo è troppo accelerato, troppo forzato, a rileggerlo.
Proverò a diluirlo, perché non volevo risultare così pedante, nell'idea iniziale del racconto
Bellissimo. L'unica cosa che mi lascia perplesso è un futuro in cui non esistono bar nè mass media, ma d'altra parte è naturale non approfondire, il protagonista dà tutto per scontato. Particolarmente geniale è la dicitura NeoMedioevo. Complimenti.
Sei troppo gentile ^^ E la cosa buffa che ho mandato un racconto che è sostanzialmente una riscrittura di questo pochi giorni fa a un concorso... Le coincidenze! Più che alla scomparsa del bar pensavo alla scomparsa dell'alcool, assieme alla scomparsa del luogo in sé come elemento socializzante
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