martedì 14 maggio 2013

Un salto in edicola (rant videoludico)


Per un motivo o per l'altro, quando una settimana fa sono giunto in edicola chiedendo l'ultimo numero di The Games Machine, mi sono improvvisamente reso conto che non acquistavo una rivista da almeno, sei mesi? Uno, due anni, non considerando qualche occasionale quotidiano, subito accartocciato nel cestino vicino alla scrivania.

Insomma, un bel po' di tempo.
Come per i libri cartacei, sarebbe ingiusto incolpare solo internet, che pure nel campo videoludico ha da tempo soppiantato le tradizionali riviste; diciamo pure che sia la mancanza di tempo che denaro aveva svolto un ruolo fondamentale. Allo sfogliare la rivista avevo sostituito il surfare i blog di turno, all'aggiornarmi sulle ultime mirabolanti anteprime su riviste come Giochi per il mio computer, ero passato a più soddisfacenti aggiornamenti in tempo reale. Insomma, è il progresso, dopotutto. 

rip in peace :-(
Una gestione ubriaca, ai limiti dell'idiotico, spesso francamente incomprensibile di molte testate avevano
completato l'avvilente quadretto: ricordo ancora con malcelata sofferenza gli ultimi mesi d'uscita di quella che un tempo era fra le mie riviste preferite, Giochi per il mio computer.
Costretta a un'anoressia di pagine sempre più forzata, continuamente storpiata dalle politiche della Sprea, inutilmente appesantita dal videogiochi (in)scatolati che proprio in quegli anni subivano la massiccia offensiva via Steam, Giochi per il mio computer era scomparso come un desaparecidos in terra messicana.

Ricordo quanto si allungassero sempre più i ritardi, fino a quando... la rivista svanì.
Come vento nel deserto. O qualcosa del genere.
Certo, lo scorpione Sprea ci aveva messo di suo un pungiglione avvelenato, nel terminare la rivista, e tuttavia leggendo gli ultimi numeri, sottrarsi da una chiara sensazione di stanchezza generale, era piuttosto difficile.

Ad ogni modo, ricordo Giochi per il mio computer con affetto. Nel valutare recensioni e anteprime spesso il giocatore-lettore si preoccupa di voti, numeri e immagini; tuttavia in Gmc c'era una cura nel linguaggio, nella costruzione delle frasi che sebbene sarebbe ardito definire raffinata era lontana dai modelli caciaroni che ora propongono- con criteri che sarebbe imbarazzante definire criteri! - youtubers dalla bocca sporca di latte (e disinformazione). Nel frattempo, impianti come Multiplayer mantengono il tradizionale assetto da sito video ludico con novità e recensioni, ma in cambio, mascherandosi dietro la facciata gratuita, rifiutano di pagare qualsiasi volenteroso freelancer.


E in edicola? In campo videoludico, sopravvive The Games Machine.

Con formato leggermente ridotto, prezzo abbordabile e sensata rinuncia al gioco inscatolato, la rivista mi è parsa in gran forma, sebbene a viziare l'iniziale impatto positivo siano incorse numerose pecche.
Al di là della sfortunata distribuzione, che mi ha visto arrancare in cinque diverse edicole, prima di trovare il numero che cercavo, The Games Machine sembr'aver esagerato l'impatto cordiale, caciarone che fin dall'inizio era il suo marchio di fabbrica. In tal senso, a leggerlo si respira un'aria di nostalgia, di strizzata d'occhio chiaramente rivolta alle vecchie leve, che i "veri" giochi "li hanno sudati e conosciuti", allungando al contempo la mano verso i "ggiovani" che potranno così fregiarsi del titolo di veterani, andando a giocare titoli misconosciuti degli anni 90, per poi vantarsene con gli amici.

Ora, questa è una mia personale mania; non ho in gran simpatia i retrogamer.
O per essere più esatti; non sono molto d'accordo con la visione del mondo che propongono.
Visione del mondo in cui UN capolavoro è stato creato, e per suo riflesso tutti gli altri videogiochi vi si devono adeguare, se possibile imitandolo, persino negli elementi più astrusi.

In altre parole, tutto è già stato scritto, compilato, videogiocato: si tratta solo di re-interpretare. Ora, in un medium come il videogioco, in continua evoluzione, venire guidati da una mentalità del genere è un po' come girare con una palla al piede. Eppure, per quanto ovviamente siano esistiti grandi capolavori nel passato, e non tutti i retrogamer abbiano quest'idea del "passato", questa è l'idea dominante. Non a caso, IMHO, Kickstarter nel campo videoludico ha fallito; e fallito miserabilmente. E' vero, attendo anch'io , come tutti, l'uscita di Shadowrun, o del nuovo Wasteland; e alzo un pollice all'insù per l'insospettata rinascita degli isometrici. E tuttavia, ci troviamo pur sempre di fronte a un retro-cedere, un ritorno al passato dal sapore quantomeno anacronistico. Ovviamente, se nei giochi Kickstartati verranno mostrate nuove features di gameplay, ben venga. In assenza, siamo costretti ad ammettere che Kickstarter non ha granché aiutato la crescita di nuovi modi per videogiocare, nuovi gameplay, nuovi punti di vista che non sia la prima persona con shotgun in spalla.

Lord british con barba e baffi, +2 in carisma

In The Games Machine, ovviamente, la disamina presente sui giochi Kickstartati, è trionfale.
Giustamente, considerando le potenzialità in fatto di trama dei personaggi coinvolti (Chris Avellone, Lord British, ecc) E tuttavia, qualche cenno al sostanziale conservatorismo di cui Kickstarter è chiara espressione, qualche prudenza nei confronti di giochi che pad alla mano sono stati provati poco o nulla...

Ma via, sono troppo critico. Già, critico.
Un po' come il recensore di Bioshock Infinite, che ci tiene a ribadire, di paragrafo in paragrafo, fino all'ultima trionfale casella del voto, che questo "non è un capolavoro".
Assolutamente, lo capite? Non è un capolavoro.
E io capirei davvero, questa scelta, se concentrasse il difetto nel gameplay, che effettivamente si presenta zoppicante e malmesso, decisamente retrò- Ah ma non era questo un vantaggio, al momento di parlare di giochi Kickstarter made?
Pazienza.

E tuttavia, come dicevo, la chiave della critica non è il gameplay: è la trama.
Esatto: lo svolgimento degli eventi, la catena di sentimenti, colpi di scena e azioni che collegano i personaggi. Come vogliate chiamarla, insomma.

Per chi non abbia mai giocato Bioshock, o non sia pratico di videogiochi, non peccheremmo di arroganza nel paragonare Bioshock Infinite, il capolavoro di Levine, alle opere ciclopiche ed Escheriane di Nolan. Avete mai vistoThe Prestige o il più famoso Inception? Una trama coordinata e caricata come un orologio svizzero, che al giusto momento, al giusto istante, fa cadere trionfate il sipario, gettando il lettore in un istante di puro, attonito stupore.

Bioshock Infinite in tal senso è un perfetto marchingegno Clockpunk, che nel finale colloca Ogni Singolo meccanismo al suo posto, dando origine ad un midfuck che, come già accennavo, lascia a fauci spalancate.

E questa forma di narrazione è davvero un unicum, nell'originalità, nella maniacalità che Levine ostenta.
Un titolo cervellotico? In un certo senso, sì.
Ma cervellotico, non vuol dire confuso.
Bioshock Infinite in tal senso tratta il giocatore, per una fottutissima, santissima volta! Come un uomo adulto e intelligente, che grazie all'abilità deduttiva è in grado di arrivare da solo alla soluzione.
Quindi mi perdonerà il redattore, dopotutto questo è solo un piccolo rant di un piccolo blog, ma affermazioni del genere mi lasciano davvero basito.

Ciò nonostante, non di rado vi troverete in situazioni piuttosto convulse e non proprio limpidissime, tanto da risultare di difficile interpretazione. Non saprei dirvi se questa linea narrativa sia stata adottata di proposito, per confondere il giocatore, o se durante il lungo e travagliato sviluppo alcuni dettagli si siano persi per strada... 
Di fronte alla maestosità delle ambientazioni e a una storia complessa ed estremamente articolata (pure troppo, se mi concedete una nota critica in merito) ... 

Quando andavo alle medie (e alle superiori la situazione non cambiò molto) spesso faticavo a comprendere alcuni concetti matematici, alcune equazioni, alcune soluzioni che avrei dovuto cercare di testa propria. Peccato che, a differenza di molti altri, mi rendessi conto di come esistesse un metodo, una soluzione a quanto mi proponevano; solo, dovevo ancora trovarla. Mai, mi sarei messo a dire al professore, che
"non capisco, e quindi la sua materia fa schifo a priori, gne gne!!!1" .
Mi rendevo conto che non ci arrivavo in quel momento, con quegli strumenti.

Dichiarare che la trama di Bioshock Infinite è " non proprio limpidissima " o " di difficile interpretazione " equivale a urlare a tutti i venti la propria stupidità. Equivale a dichiarare che non si ha voglia di mettere in moto il cervello per arrivare alla soluzione dell'equazione, equivale insomma a mettersi un cartello da idiota in testa. Cosa vuol dire poi " troppo complessa?"
Una persona non è mai "troppo intelligente" esattamente come difficilmente un videogioco (o un libro) può avere una trama troppo complessa o troppo ben costruita. Davvero, andando indietro con la mente a libri e videogiochi, difficilmente il difetto che trovo più comune è "un eccessivo grado d complessità".
Ma per favore... Casomai, è vero il contrario, ben sapendo come il mondo sia governato dagli stupidi, in ultima analisi.
Sono piuttosto queste le parole (velenose) del maestro invidioso dell'allievo che l'ha appena superato, o del padre che vorrebbe un figlio Meno bravo.
Massì! Perché affaticarsi il cervello sulle inutili divagazioni filosofiche di Levine? Andiamo pure tutti assieme nella generale lobotomia di un Cod Online a caso fra i tanti, o scegliamo di lasciarci stuprare la corteccia cerebrale dall'ennesimo cinepanettone italiano!
Si tengano, blogger e giocatori seri sto' titolo con gameplay antiquato dagli occhialoni hipster...

io li picchierei con un tomo di meccanica quantistica... ^__^

Ok. Pausa. Sospiro. 
Mi fermo nell'invettiva, perchè trovo che i rant, superata una certa soglia siano tristi, e nulla più.
Spero che sia chiaramente emerso il punto del dibattito, della controcritica,
se mi lasciate passare il termine.

Per il resto? Non molto da dire.

Le affezionate rubriche che avevo sporadicamente letto anni fa mantengono alte le loro bandiere, sebbene a distanza di anni il colloquiare caciarone mi sia venuto un po' a noia.
E se come nei vecchi numeri fosse spuntata una pin up del mese, probabilmente a differenza di un tempo avrei storto il naso. Non per improvviso puritanesimo, piuttosto perchè stanco di questi metodi, di questo modo di scrivere e presentare. Se il giornalismo videoludico vuole davvero distinguersi dagli outisider col loro ridicolo blog (come il sottoscritto) sarebbe ora che provassero una scrittura un minimo più intellettuale, più acculturata, sfruttando la quantità di ramificazioni sociologiche e filosofiche che il medium offre.

In Bioshock Infinite stesso, riflessioni&analisi delle tematiche esposte sarebbero enormi, tali d'occupare una tesina di storia, o filosofia. Ma nei casi migliori, punto di riferimento rimane il cinema, mentre nel caso dell'opera di Levine ci si limita a rimarcare religione e razzismo come tematiche "importanti" (cosa a cui anche un bambino sarebbe arrivato).
Per il vecchio giornalismo videoludico, sarebbe dunque ora di crescere e maturare.

Senza per questo perdere l'allegria, sia inteso ;-)

Articoli correlati:
Bioshock Infinite, impressioni a caldo

2 commenti:

Unknown ha detto...

6 mesi? io saranno almeno 6 anni che non compro una rivista di videogame =) ... ricordo con piacere psmagazine con le sue copertine fumettose!! (quanto tempo passato a ricopiarle =)

Coscienza ha detto...

:-D

Eh, io ero appassionato a Giochi per il mio computer, c'era un legame con la redazione che non ho poi più trovato, in altre riviste
Oltre alla qualità della scrittura, ovviamente.

Ps magazine credo ci sia ancora, ho un amico che la comprava per i poster in omaggio ^__^