Tengo d'occhio il movimento Chap da un
bel po', sebbene non abbia ancora messo le grinfie sul suo cuore
pulsante, il loro giornale “The Chap”.
Difficile definire cosa sia il
movimento Chap. Non è un club o un'associazione sul modello
britannico, perchè non segue logiche di tesseramento e
classificazione, né pone effettivi pregiudizi di sesso o età.
Chiunque può essere Chap.
Si potrebbe definire il movimento come una
subcultura sartoriale, perchè effettivamente sei Chap se vesti
seguendo una moda sorpassata, ponendo un'attenzione ai limiti del
maniacale alle pieghe dei vestiti, del cappello, della posa. In tal
senso il movimento Chap può sembrare, e per certi versi è, un
movimento di Dandy. Di fronte alla becera realtà di politici in
maniche di camicia, dirigenti Apple col maglioncino e imprenditori
sbracati, il movimento Chap si riappropria del vestito elegante per
ricondurlo a tutta la sua magnificenza. Lungi dall'essere "grigi" e borghesi, i dandy del movimento sono elegantissimi, ma
coloratissimi, alla continua, estenuante ricerca di un aspetto tanto
formale, tanto perfetto da risultare stravagante.

E dopotutto, non è un
ritorno alle origini, in quest'ambito, anche fumare la pipa? La pipa
attualmente è associata, a differenza del sigaro, all'elitè. Il
vecchio bambogio fuma la pipa, esattamente come la borghesia alta, il
padre di famiglia, il vecchio. Ma in origine non era così: la pipa
nell'ottocento la fumavano le classi basse, dal quella in pannocchia dei contadini, alle pipette e pipe che nei romanzi di Dickens
compaiono nelle bocche sdentate dei pescatori, dei venditori
all'ingrosso, degli operai nella pausa pranzo. Ormai dà più
fastidio fumare tabacco che fumare marijuana, e incontro nella gente
un odio acceso, verso il tabacco, che lascia perplessi.Non voglio costruire chissà quale
apologia verso la pipa, ma solo evidenziare il controsenso di città
inquinatissime, dove bambini soffocano nello smog, ma dove l'unico
fumo che "uccide" stranamente è il tabacco.
Siate almeno coerenti: se odiate
il fumo, siate anche ambientalisti. Il movimento Chap è così
irritante: si veste troppo bene per l'egualitarismo americano che
vuole "tutti trendy", fuma aggeggi sorpassati quali la pipa, e
predica una cura (maschile) della persona odiato dall'attuale massa
di consumatori in t-shirt sporche di nutella.
Per certi versi, ma questa è solo una
mia illazione, il movimento Chap ricorda il miglior socialismo degli
esordi, quello utopista: l'attenzione alle classi lavoratrici non appare disgiunto dal culto della gentilezza, della cortesia,
della tradizione; la felicità della società si raggiunge non
attraverso il distruttivo edonismo Thatcheriano, ma favorendo
condizioni più umane, personali e rispettose. Il nemico è
giustamente individuato nella Tecnica, in quella tecnologia che “non
pensa” (cit Heidegger) ma che appare solo al servizio di un consumo
esagerato, gargantuesco. Non c'è qui quel culto del progresso che
rende insopportabili molte sinistre e che le traduce spesso
nell'ennesima marionetta del Capitale di turno.
L'intervista che ho preso in analisi è
vecchia, del 2004, condotta dalla giornalista Isabel Taylor all'attuale leader
(informale) del Movimento Chap, Gustav Temple. Squisito maestro di
estetica, dandy raffinato e conversatore pungente, Gustav riassume
bene alcuni concetti cardine del movimento.
La traduzione è mia, del tutto
artigianale e del tutto a-professionale, per cui se ve la cavate
coll'inglese consiglio l'intervista in originale. Eventuali errori
sono tutti dovuti alla mia incapacità.
Nonostante sia vecchia, l'intervista
rimane attuale: l'unico puntiglio che mi sento di fare è relativo
alle controparti femminili del Chap, le “chapette”. Nonostante la
nostalgia verso il Settecento e l'Ottocento, il movimento non è
maschilista e specie negli ultimi anni ha spesso dato risalto a
elementi femminili. Per altro, sotto l'aspetto del vestiario le
Chapette hanno decisamente più libertà dei maschi, passando dal
vestiario tradizionale del 40' femminile al preferire il “tre pezzi
maschile”.
Non si confondano gli ideali: questo è
Anarco-Dandismo, non qualche sozzo Conservatorismo!
Le sta a pennello, Signore:
un'intervista con Gustav Temple della rivista The Chap