Qualche
giorno fa, mi accorgevo distratto che i tovagliolini della colazione
avevano una bizzarra macchia al centro. Mezz'ora dopo, riportato a
nuova vita da quell'incredibile bevanda altrimenti nota come caffè,
osservavo distratto che era uno dei servitori di un recente film d'animazione, Minions.
Non
a caso, al di sotto di quello sgorbio color giallo verso cui avrei
dovuto provare qualche simpatia, c'era una scritta a caratteri
cubitali:
One
in a Minions.
Ah.
Ah. Ah.
Quante
risate. In a Minions/Millions, capite? Come siamo originali, come
siamo divertenti.
Era
riflettevo qualche ora più tardi, in una pausa dallo studio e col
secondo caffè in mano, solo la minuscola parte di una gigantesca
macchina pubblicitaria che in occasione del film si era messa in
moto.
Preparando il terreno.
Infiltrando la mente di grandi e piccini (adulti ormai rimbambiti e bambini ormai adulti).
Lanciando sui social campagne, meme, cross over, scritte, immagini, merchandising...
Estendendosi persino ai tovaglioli con cui mi ero pulito il mio barbuto muso quella mattina.
Preparando il terreno.
Infiltrando la mente di grandi e piccini (adulti ormai rimbambiti e bambini ormai adulti).
Lanciando sui social campagne, meme, cross over, scritte, immagini, merchandising...
Estendendosi persino ai tovaglioli con cui mi ero pulito il mio barbuto muso quella mattina.
Ovviamente, perchè sorprendersi. Minions non è comunque un film della Disney - è prodotto da una casa di più piccole dimensioni, e non ho nulla da obiettare che si facciano pubblicità - semplicemente, stavano usando gli stessi, identici metodi che usano i fratelloni più grandi, dai film "ufficiali" della Disney alla patina hipster della Pixar. Bombardamento pubblicitario a tappeto.
Il che ci porta al vero argomento di questo rant e cioè la malefica Multinazionale di Topolino...
La Disney è la Disney – una Multinazionale che non sarebbe una Multinazionale se il suo scopo fosse altro che il profitto. Un utile realizzato in una grottesca area grigia di prodotti in apparenza destinati ai bambini, ma in realtà ampiamente riservati agli adulti. Per alcuni un'area meravigliosa, generosa, piena di nobili ideali; per altri, me compreso, molto più banalmente la Disney fa quanto fa la Apple. Vende sentimenti sotto forma di oggetti. O nel nostro caso di film. Ci si illude di comprare un sentimento, si compra il film. Nulla di nuovo.
Il che ci porta al vero argomento di questo rant e cioè la malefica Multinazionale di Topolino...
La Disney è la Disney – una Multinazionale che non sarebbe una Multinazionale se il suo scopo fosse altro che il profitto. Un utile realizzato in una grottesca area grigia di prodotti in apparenza destinati ai bambini, ma in realtà ampiamente riservati agli adulti. Per alcuni un'area meravigliosa, generosa, piena di nobili ideali; per altri, me compreso, molto più banalmente la Disney fa quanto fa la Apple. Vende sentimenti sotto forma di oggetti. O nel nostro caso di film. Ci si illude di comprare un sentimento, si compra il film. Nulla di nuovo.
Al terzo caffè della mattina, osservavo però inquieto che a fronte
della campagna pubblicitaria e degli oggetti a essa correlati, il
film era ben poca cosa. In altre parole, certo, il fine della
pubblicità era vendere il film, ma era probabile che persino un'IP
di nicchia come i Minions generasse maggiori introiti con pupazzi e
magliette che con i biglietti sold
out.
Gli
spettatori e l'affluenza al cinema sarebbero stati un chiaro indice
del successo o meno del film, ma era altamente improbabile che il
grosso dei profitti venisse da lì. Anche così, la campagna
pubblicitaria restava impressionante, e cos'è peggio invasiva al
punto da impedire persino una semplice indifferenza.
Dopotutto,
sapete qual'è il film dove Tim Burton ha incassato di più?
Alice nel Paese delle Meraviglie. Esatto, proprio quel film. Quell'orrore benpensante, terribilmente lucido per essere un film di Alice, rigonfio come un bubbone molesto di effetti speciali, infedele al libro (non che a me importi, dell'esattezza della trasposizione, ma per sommare difetto a difetto...), con una protagonista insopportabile e un Johnny Depp pronto alla decapitazione per incapacità attoriale.
Alice nel Paese delle Meraviglie. Esatto, proprio quel film. Quell'orrore benpensante, terribilmente lucido per essere un film di Alice, rigonfio come un bubbone molesto di effetti speciali, infedele al libro (non che a me importi, dell'esattezza della trasposizione, ma per sommare difetto a difetto...), con una protagonista insopportabile e un Johnny Depp pronto alla decapitazione per incapacità attoriale.
Eppure,
tra i tanti piccoli gioielli di Tim Burton disprezzati&ignorati,
la pellicola di Alice rimane la più redditizia. Perchè, vi
domanderete. Perchè a finanziare l'intera operazione c'era la
Disney.
E
qualunque cosa tocchi la Disney nell'ultimo decennio, diventa oro
puro.