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venerdì 8 febbraio 2013

Lincoln


Ultimamente vado molto al cinema.

Il multisala è lento, macchinoso. La prenotazione è spesso fallace, abbondano i furbetti che occupano le ultime file. Dalle mie parti, forse per economizzare spazio, lo schermo appare praticamente incollato alla faccia. E c'è sempre un silenzio da sepolcro egizio. Non una parola. Tutti zitti, a fissare e sgranocchiare. 
Ci avete mai pensato quanto sia innaturale? 
Ma come, insorgeranno critici e intenditori, il male del cinema E' proprio la gente che parla in sottofondo!
Well, non mi trovo così d'accordo. Nel senso che trovo piacevole ogni tanto scambiare una battuta con l'amico vicino, o gesticolare animosamente a determinate scene. 
Insomma, ci dev'essere un rapporto attivo con il film. Starsene immobili per due, tre ore a mo' di mummia egizia, con tutto che spesso il film è quello che è, mentre la poltroncina ti morde le chiappe e tu pensi che a quel'ora potevi andare avanti a rigiocarti per l'ennesima volta the witcher...
Insomma, non sono lo spettatore ideale.

Tuttavia, non esistono solo i multisala. Esistono anche i vecchi cinema.
Dinosauri con ampie sale, posti che ti piazzi dove Vuoi, cinque euro a biglietto e spettatori al contagocce.
E alla fine ho ceduto; certo l'immagine è spesso sgranata, a volte persino scattosa. 
Ma alla resa dei conti importa poi tanto? 
Come si dice coi videogiochi... Non si gioca per la grafica, ma è il gameplay che conta.

Lincoln, in questo senso non fa rimpiangere il multisala. E' un film con più attori che comparse, in cui Spielberg ha chiaramente giocato al risparmio. Le diverse vicende che si susseguono funzionano come altrettante scene a teatro, dominate di volta in volta da politici con grandi barbe, o dalla figura a spaventapasseri di Lincoln, un anoressico gigante dal cappello a tuba.