lunedì 8 ottobre 2018

"Cassette Futurism": una rivoluzione brutalista 2/3


Lo ricordo come se fosse ieri

Ma non sembrava ieri, sembrava il domani.

Ricordo il futuro
È morto una generazione fa. 
Fede nel futuro, intendo. 
Fede nell'ingenuità umana.
Nella soluzione fornita dal successo delle tecnologie. 
Altre età hanno sacrifici umani – il sole, la ragione, il sangue di una gallina - l'Inghilterra aveva la grandezza (bigness) e la novità (newness), una novità che è ora vecchia, ma ancora capace di suscitare sprezzante meraviglia per la combinazione di prodezza tecnologica e ingenuità morale.

Capace d'indurre puro ottimismo e confidenza cieca.
Capace di suscitare ancora nostalgia per il progresso, non importa dove conduca.
Tutto è possibile.

Remember the Future (1997)

"Calendar for the Hungarian Insurance Company" (1992), di Boros-Sikszai


Il noto polemicista e critico d'arte Jonathan Meades esprime perfettamente cosa comporti l'estetica del “Cassette Futurism” nella serie “Remember the Future” (1997) quando si avventura nella tranquilla campagna inglese alla ricerca delle reliquie tecnologiche degli anni Sessanta e Settanta. Le dighe artificiali, le torri di trasmissione, i radar, fino all'architettura cementizia dell'università e dei sobborghi. Edifici e infrastrutture promettenti un futuro scintillante di ottimismo e proprio per questo ormai sorpassati dal grigiore e dallo sporco dell'ennesimo conflitto nel Medio Oriente.
Jonathan Meades visita ad esempio la Belmont Transmitting Station: costruita nel 1965 e tra le strutture in assoluto più alte dell'Europa occidentale, è una torre per le comunicazioni semplicemente colossale.
Il futuro, osserva Meades, all'epoca voleva dire guardare avanti e guardare in alto... molto in alto: 1154 piedi per l'esattezza, ovvero 351 metri. Non è un traliccio o un'opera d'arte: è una torre vera e propria, visitabile e funzionante.
All'epoca era un trionfo ingegneristico dell'uomo sulla natura; oggigiorno ricorda la torre di un mago o una costruzione aliena, isolata e svettante nella campagna. Come altri edifici analizzati da Meades, non c'è in questo periodo, come nel Cassette Futurism, alcuna intenzione di mimetizzarsi o mescolarsi nell'ambiente naturale.
L'oggetto è fiero di presentarsi come funzionale e moderno.
La struttura, assolutamente spoglia e disadorna, trova proprio nella sua funzionalità il carattere estetico e il magnetismo proprio di una novità futuristica. Come ho cercato – ammetto in modo contorto – di spiegare qualche giorno fa, questo è “Cassette Futurism”.
La torre Belmont fu infatti costruita quando i satelliti erano ancora apparecchi militari, lontani dal fornire quella copertura oggigiorno considerata ovvia e scontata.
Negli anni Sessanta era ancora possibile ipotizzare un futuro dove le trasmissioni venissero assicurate dalle strutture a terra e per l'appunto da torri aliene come la Belmont.
Qui, al nocciolo, ritroviamo un possibile spunto: un futuro dove la tecnologia per cause esterne, dovute a una minaccia aliena o per ragioni strutturali, non ha ancora sviluppato l'attuale rete satellitare e dove i mezzi di comunicazione vengono assicurati da strutture ancorate a terra.
È un futuro dove la spinta tecnologica degli anni Sessanta ha proseguito imperterrita e dove si sono sviluppate strutture e torri sempre più elaborate, fino a raggiungere dimensioni colossali... Un mondo dove la predominanza dell'analogico ha rallentato le comunicazioni fino a permettere solo rudimentali floppy e cassette... Un mondo migliore, dove c'è ancora spazio per carta&penna, così come per uno scambio di idee che non sia frenetico e parossistico.
Cassette Futurism, per l'appunto.

Atari 800 artwork dall'Atari BASIC Programming manual/ Basic Computing Language cartridge (1979)

Si tratta pertanto di un'estetica, applicabile a un'ambientazione fantascientifica, ma svincolata da uno specifico genere: ci può essere un “Cassette Futurism” ambientato in una Terra alternativa, come appena proposto; un “Cassette Futurism” nello spazio; un “Cassette Futurism” slasher o lovecraftiano, così come un “Cassette Futurism” thriller e perchè no? romantico.

L'estetica rientra in un arco storico che va dagli anni Sessanta ai primi anni Duemila, prima della diffusione di massa del computer e della Rete. 
La tecnologia, così come il vestiario, l'oggettistica e i mezzi di trasporto, si caratterizzano per un'estrema solidità e una pesantezza intrinseca, trasmessa dall'uso di materiali rari e costosi da produrre. La Rete Internet appare limitata a terminali e/o computer di grandi dimensioni. I portatili, quando presenti, sono scomodi oggetti più simili a macchine da scrivere che laptop ultrasottili, da riporre in una vera e propria valigia. La tecnologia è pertanto trasportabile in alcuni casi, ma con precisi limiti di costo e spazio.
Sia per una ragione pratica, dovuta ai costi dei macchinari, che per una scelta estetica, la tecnologia appare squadrata, voluminosa, senza appigli per l'ornamento o il dettaglio.
Se presente, il decorativismo viene trasmesso dall'esagerato numero di tasti, leve e pulsanti dei diversi macchinari, siano una moto, un'auto o un computer casalingo.
I touchscreen sono un'idea di un futuro lontano, irrealizzabile: gli schermi sono piccoli e compatti, caratterizzati dall'uso di grafica vettoriale o nei casi più estremi ricostruzioni a suon di pixel.
Le cassette, siano forme di VHS o nastri magnetici, sono un po' dovunque, utilizzate alla pari delle chiavette usb, con l'eccezione di contenere un centesimo degli attuali dati e pertanto venire accatastate e accumulate in quantità enormi. I depositi delle aziende e del governo dispongono d'immensi archivi di cassette e cartucce dati, prelevate all'occorrenza da sistemi automatizzati di bracci robotici all'interno di chilometri su chilometri di distese sotterranee.
I bambini si scambiano cartucce per i giochi sui rispettivi computer di casa, mentre gli adulti hanno sempre una cassetta da registrare pronta nella valigia di lavoro. Limiti, tanto di risorse, quanto ideologici, hanno impedito il passaggio a forme più agili di memorizzazione dei dati.
Le cabine telefoniche si sono evolute e diffuse per garantire postazioni d'accesso ai cittadini e vengono quotidianamente usate per un po' di tutto, dalle videochiamate, alle telefonate, all'invio dei messaggi.
Hackerare queste postazioni è un gioco da ragazzi per chiunque abbia meno di vent'anni, mentre gli hacker sono in grado di ascoltare chiamate e registrare importanti dati... su cassetta, ovviamente!

Centrale Nucleare, sala controlli (2011)
Il futurismo nell'ambientazione s'innesta inoltre su un passato tecnologico che oggigiorno definiremmo anacronistico e dieselpunk: uno slancio verso il futuro caratterizzato dall'uso di combustibili fossili, bulloni a manetta e un gusto per l'art déco ora mescolato incongruamente con il gusto brutalista e aggressivo dei nuovo edifici. 
Questo sostrato derivante dagli anni Trenta e Cinquanta rivela, a un occhio attento, un'incredibile retro compatibilità con le nuove tecnologie: un meccanico esperto può utilizzare componenti di un aereo degli anni Quaranta su un'auto degli anni Ottanta, mentre un tecnico è in grado di visualizzare i dati di una scheda forata del 1945 su un moderno terminale (e riversarlo su cassetta, ovviamente, come avrete ormai indovinato).

Sfruttare o meno i neon per trasmettere quell'atmosfera propria dei film di Nicolas Winding Refn o di Blade Runner, è una scelta che spetta al creatore. Personalmente trovo che i neon appartengano più al cyberpunk old style, che all'estetica del Cassette Futurism. Generalmente i neon vanno sempre bene in Giappone, mentre in Europa e in America vanno bene negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta e in maggiori quantità verso il 1985. Sarebbero al contrario da evitare nei tardi anni Novanta e soprattutto nel Duemila.
Conviene inoltre riflettere su come la presenza dei neon nei film anni Ottanta, oltre a mascherare il basso budget (Ridley Scott) soddisfacesse una nostalgia verso la prima metà del '900, dov'erano invece davvero ovunque. Giova ricordare come la nostalgia verso gli anni Ottanta era a sua volta replicata dalla nostalgia all'epoca per gli anni Cinquanta (Stephen King docet).

Questo insistere sull'essenzialità e sul brutalismo non comporta necessariamente un'ambientazione distopica o improntata a un perpetuo grigiore. La tecnologia in questione può anche essere colorata, come nell'anime Bubblegum Crisis, dove l'anima cyberpunk viene inserita in un ambiente urbano pulito e sgargiante. La serie è innegabilmente un esempio di fantascienza cyberpunk, ma la metropoli è assolata e sicura, con la criminalità confinata alle periferie.
L'enfasi sulle cassette, sulla manualità degli oggetti e sull'essenzialità del design può essere gradevole, persino consolante. Come lo steampunk, il Cassette Futurism propone una tecnologia ancora intuitivamente comprensibile e come tale aggiustabile con tanto olio di gomito e un libretto d'istruzioni. La solidità di quest'estetica ne garantisce l'utilizzo per anni, con l'affidabilità e la dimestichezza propria di un vecchio amico.
Mentre gli anni Novanta propendono per il grigio e gli anni Ottanta per il nero, preferirei per il Cassette Futurism qualcosa di più anni Settanta: colori caldi, bianco panna per le imbottiture di auto e poltrone e color pelle od ocra per i computer e le tecnologie.
Le stanze dovrebbero essere piccole, ma confortevoli: solai e cubicoli tappezzati di motivi multicolori o in alternativa uffici e corridoi aziendali caratterizzati da decorazioni geometriche: fasce di colori primari, tartan e tappeti monocromi. Una sensibile palette anni Settanta, caratterizzata da colori quali rosso e giallo, ma smorti come nelle cartoline e nelle fotografie del tempo.

Artwork di Syd Mead
Stabilita la tecnologia di ogni giorno e quale forma di atmosfera si vuole riprodurre, il passaggio successivo consisterà nel definire qualche elemento iconico per il “Cassette Futurism”.
Una mossa facile è ovviamente appellarsi all'esercito e ai giocattoli militari. Se vogliamo intrattenere i lettori, non c'è nulla di più gratuito dell'action. E un'ambientazione quale il Cassette Futurism basato su un periodo storico quale la guerra fredda non può prescindere da quest'argomento.
Non c'è bisogno di essere guerrafondai: si può ipotizzare un clima di tensione bellica a causa del quale la tecnologia si sia evoluta nella direzione di una profonda affidabilità e robustezza, oppure una distensione diplomatica avvenuta prima di quanto si pensasse, che abbia garantito a entrambi i colossi la tranquillità per un'evoluzione tecnologica confusa e rapida, anzitempo.
Restringendo la lente ai popoli liberi – ossimoro adesso quanto allora – un veicolo icona del Cassette Futurism è senza dubbio il carro armato M1 Abrams.
La forma tanto efficiente, quanto brut(t)a e la miscela di tecnologia avanzata connessa a un inguaribile arrange di cavi e tastiere proprie del periodo lo rendono un candidato ideale.
Senza interessarsi alla versione storica, prendete l'Abrams e camuffatelo come preferite: rendetelo ancora più scorfano, ancora più brutale o al contrario estremizzatene gli ausili tecnologici.
Se invece gradite qualcosa di più futuristico e anni Ottanta, l'hovercraft tank è una buona soluzione.
L'ho visto proporre spesso nelle discussioni sul genere e trovo che sia adatto per la presenza nei videogiochi a 8 Bit e nei wargame carta&penna degli anni Settanta e Ottanta.
È un tank montato su una tecnologia a lievitazione gravitazionale o in alternativa su cuscinetti ad aria compressa proprio come li conosciamo dai decenni post Seconda Guerra Mondiale.
Il Cassette Futurism sembra adatto a trasporre molte delle icone pixel dei videogiochi di quegli anni: l'hovecraft stesso sarebbe interessante nella forma geometrica di una piramide con un cannone e un motore. Un carro armato dalla corazzatura liscia e senza fronzoli, al più con un sistema di luci incorporato nella carrozzeria e/o una mimetica a cubi o triangoli.

HoverTank 3D (1991)
Lo Steampunk pertanto ha lo zeppellin o il treno corazzato, mentre il Dieselpunk ha i mech e il Cyberpunk i cyborg e i droni: il Cassette Futurism ha invece il possente Abrams.
Il parco di veicoli civile non dovrebbe allontanarsi grandemente da quello militare: mezzi solidi e affidabili, caratterizzati da un eccesso di plastica
Mentre l'appassionato di Warhammer 400000 riconoscerà nell'M113 le linee inconfondibili di un Rhino dell'Adeptus Astartes, per i veicoli civili il riferimento naturale è la Volkswagen Type 182The Thing” o per la sci fi la Kitt di Knigth Rider.
Spingendo invece sul pedale dell'acceleratore, è possibile ipotizzare schermi con le mappe e i tracciati vettoriali, così come le linee slanciate e aerodinamiche di una costruzione con i primi programmi di grafica. Un'automobile “asciugata” di ogni superfluo gadget: niente maniglie, loghi, antenne o accessori di sorta. Si tratterebbe di una carrozzeria costituita da un unico, apparente blocco, dove le portiere si aprono automaticamente e i fanali si limitano a due fessure nel muso. 
All'interno è possibile immaginare controlli puramente basati su uno schermo, dove compare un volante digitale da manovrare con uno scomodo joystick o nei casi peggiori con un mouse e una tastiera apposita. Il touchscreen va evitato, perchè rischierebbe di catapultare il lettore nell'era di Steve Jobs, dominata dall'estetica della Apple.

Il protagonista della nostra ambientazione, il Cassette Futurism, ha ora un'automobile e si muove in una città cyberpunk, ma ragionevolmente ordinata e sicura.
Dopo aver definito i caratteri estetici della tecnologia, definire l'architettura del luogo è una sua naturale prosecuzione: la regina di quest'ambientazione è il Brutalismo degli anni Sessanta e Settanta, permesso dall'abuso del cemento armato, al quale si attribuivano caratteri di durabilità rivelatosi falsi.
Il Brutalismo come genere architettonico – al cui riguardo rimando agli splendidi documentari di Jonathan Meades – non va confuso con il Modernismo, il Post Modernismo e lo Strutturalismo.
Molta della architettura contemporanea, ad esempio dell'archistar Massimiliano Fuksas, è Post Modernismo con tutte le sue stigmate: durabilità pari a zero, presunzione di leggerezza contraddetta dall'effettiva realizzazione e infine un totale disdegno per l'architettura popolare
Gli architetti post moderni prediligono i grandi musei, i grandi aeroporti, i grandi congressi: edifici diplomatici o turistici, destinati ai potenti.
Senza negare gli orrori del Brutalismo, questi perseguiva, specie nell'Est Europa, una soluzione ad una crisi abitativa tutt'ora in corso e nei cui confronti si è preferito chiudere un occhio o nella Russia post sovietica rimediare con sterminate baraccopoli.
Qualsiasi centro urbano raramente si sviluppa come un singolo abitato, ma mescola edifici e fabbricati di diverse ere storiche, senza distinzione. Nel caso del cyberpunk e del Cassette Futurism ritengo la soluzione migliore adottare lo stile art déco come l'architettura precedente, sulla quale poi innestare lo stile che si preferisce.
Nelle discussioni online compaiono i seguenti nomi, da indagare a fondo: International Style, Mid-Century Modern, Functionalism, High-Tech, Structuralism, Deconstructivism, Neomodernism, Streamline Moderne, PWA Moderne, Neoplasticism, Constructivism e Neues Bauen.

Monumento Ilinden, Macedonia, 1974 di Jordan e Iskra Grabuloski
I limiti di una tecnologia basata su cassette e supporti fisici, dove Internet appare circoscritta ai militari o agli utilizzi più semplici, rendono difficile immaginare una robotica granché sviluppata.
D'altronde è innegabile come i robot siano “cool” e non c'è un reale motivo per eliminarli dal Cassette Futurism: se rientra nell'estetica, perchè no?
I robot domestici, non così diversi da un'aspirapolvere o una lavatrice, sembrano essere i candidati migliori: creature tozze, munite di ruote, dalla forma spesso di un disco, un mobile, una botte... (R2D2 docet). In alternativa li si può immaginare umanoidi dal torso in su, con chele e/o mani di plastica limitate al pollice opponibile e un “guanto” uniforme.
Un film quale Runaway (1984), dove i robot sono tanto goffi, quanto letali è una miniera di idee e visuali per il Cassette Futurism. In alternativa è possibile considerare per l'esercito umanoidi corazzati, camminatori di qualche metro d'altezza ed eventuali piattaforme di armi semoventi.
Le forme dei primi satelliti, dagli anni Settanta e Ottanta, sono un altro esempio di materiale da rielaborare per trarne robot adeguatamente goffi e pesanti.
I primi robot per l'istruzione, in realtà niente più che computer mascherati da un involucro di plastica, così come tanti giocattoli degli anni Settanta, costituiti da linee dritte e squadrate, offrono un'altra fonte d'ispirazione.
Quanto invece trovo poco adatto al Cassette Futurism e invece fertile terreno per il cyberpunk propriamente detto sono le diverse fusioni tra umano e artificiale, così come i robot indistinguibili dagli umani e i diversi cyborg a cui ci hanno abituato gli anime, tra tutti con Ghost in the Shell.

Nonostante il Cassette Futurism sia un'estetica e come tale modificabile e completamente “aperta”, perchè funzioni dev'esserci un unico dogma, un'unica regola da seguire.
Il Cassette Futurism non deve avere connessioni wireless d'alcun genere.
Se uno desidera controllare un'email, così come scaricare un film o sbloccare il codice di lancio di un missile nucleare l'unico modo è usare una connessione via cavo o in alternativa trasportare l'informazione su un supporto fisico: la “cassetta” del nome, l'eventuale cartuccia da videogioco, il nastro magnetico e così via...
Lo scrittore può escogitare la scusante che preferisce: un limite tecnologico di qualche motivo, ragioni militari (guerra fredda, again? Alieni?), culturali, ambientaliste, ecc ecc.
La naturale conseguenza di questa regola è un'esagerata importanza dei terminali, così come delle cabine telefoniche e generalmente di qualsiasi portale d'accesso si voglia inventare. La regola garantisce inoltre quella fondamentale compresenza di carta e digitale fondamentale per l'ambientazione: i “vecchi” metodi, volendo, sono ancora validi. La burocrazia, ad esempio, cerca di sfruttare il potenziale delle nuove tecnologia, ma nel contempo richiede ancora di compilare permessi e questionari su carta.

Il terzo e finale appuntamento della miniserie dedicata al “Cassette Futurism” indagherà i suoi tanti figli e sottogeneri, cercando nel contempo di evidenziare esempi ludici e cinematografici dove questo genere di estetica sembra emergere con chiarezza. Lo scopo di questa rubrica è proprio di slegarsi dai modelli puramente narrativi per perseguire un'ispirazione legata alla storia della tecnologia, dell'architettura e del design. Pertanto additare un film come esempio pone il rischio di limitare eccessivamente quest'estetica.
Sempre a questo proposito, cercherò di offrire alcuni esempi su come si possa costruire un'estetica Cassette Futurism senza legami con l'immaginario americano o generalmente anglofono.
In altre parole, è tempo di scoprire cosa nasconde la cortina di ferro...

1 commento:

Sonia - Il salotto del gatto libraio ha detto...

Ciao che carino questo spazio sono diventata una tua nuova follower, se ti va di conoscermi io sono Il salotto del gatto libraio