Lo
ricordo come se fosse ieri.
Ma non sembrava ieri, sembrava il domani.
Ricordo
il futuro.
È morto una
generazione fa.
Fede nel futuro, intendo.
Fede nell'ingenuità umana.
Nella
soluzione fornita dal successo delle tecnologie.
Altre età hanno
sacrifici umani – il sole, la ragione, il sangue di una gallina -
l'Inghilterra aveva la grandezza (bigness) e la novità (newness),
una novità che è ora vecchia, ma ancora capace di suscitare
sprezzante meraviglia per la combinazione di prodezza tecnologica e
ingenuità morale.
Capace
d'indurre puro ottimismo e confidenza cieca.
Capace
di suscitare ancora nostalgia per il progresso, non importa dove
conduca.
Tutto è
possibile.
Remember
the Future (1997)
"Calendar for the Hungarian Insurance Company" (1992), di Boros-Sikszai |
Il noto polemicista e critico d'arte Jonathan Meades esprime perfettamente cosa comporti l'estetica del “Cassette Futurism” nella serie “Remember the Future” (1997) quando si avventura nella tranquilla campagna inglese alla ricerca delle reliquie tecnologiche degli anni Sessanta e Settanta. Le dighe artificiali, le torri di trasmissione, i radar, fino all'architettura cementizia dell'università e dei sobborghi. Edifici e infrastrutture promettenti un futuro scintillante di ottimismo e proprio per questo ormai sorpassati dal grigiore e dallo sporco dell'ennesimo conflitto nel Medio Oriente.
Jonathan
Meades visita ad esempio la Belmont Transmitting Station: costruita
nel 1965 e tra le strutture in assoluto più alte dell'Europa
occidentale, è una torre per le comunicazioni semplicemente
colossale.
Il
futuro, osserva Meades, all'epoca voleva dire guardare avanti e
guardare in alto... molto in alto: 1154 piedi per l'esattezza, ovvero
351 metri. Non è un traliccio o un'opera d'arte: è una torre vera e
propria, visitabile e funzionante.
All'epoca
era un trionfo ingegneristico dell'uomo sulla natura; oggigiorno
ricorda la torre di un mago o una costruzione aliena, isolata e
svettante nella campagna. Come altri edifici analizzati da Meades,
non c'è in questo periodo, come nel Cassette Futurism, alcuna
intenzione di mimetizzarsi o mescolarsi nell'ambiente naturale.
L'oggetto
è fiero di presentarsi come funzionale e moderno.
La
struttura, assolutamente spoglia e disadorna, trova proprio nella sua
funzionalità il carattere estetico e il magnetismo proprio di una
novità futuristica. Come ho cercato – ammetto in modo contorto –
di spiegare qualche giorno fa, questo è “Cassette Futurism”.
La
torre Belmont fu infatti costruita quando i satelliti erano ancora
apparecchi militari, lontani dal fornire quella copertura oggigiorno
considerata ovvia e scontata.
Negli
anni Sessanta era ancora possibile ipotizzare un futuro dove le
trasmissioni venissero assicurate dalle strutture a terra e per
l'appunto da torri aliene come la Belmont.
Qui, al
nocciolo, ritroviamo un possibile spunto: un futuro dove la
tecnologia per cause esterne, dovute a una minaccia aliena o per
ragioni strutturali, non ha ancora sviluppato l'attuale rete
satellitare e dove i mezzi di comunicazione vengono assicurati da
strutture ancorate a terra.
È
un futuro dove la spinta tecnologica degli anni Sessanta ha
proseguito imperterrita e dove si sono sviluppate strutture e torri
sempre più elaborate, fino a raggiungere dimensioni colossali... Un
mondo dove la predominanza dell'analogico ha rallentato le
comunicazioni fino a permettere solo rudimentali floppy e cassette...
Un mondo migliore, dove c'è ancora spazio per carta&penna, così
come per uno scambio di idee che non sia frenetico e parossistico.
Cassette
Futurism, per l'appunto.
Atari 800 artwork dall'Atari BASIC Programming manual/ Basic Computing Language cartridge (1979) |
Si
tratta pertanto di un'estetica, applicabile a un'ambientazione
fantascientifica, ma svincolata da uno specifico genere: ci può
essere un “Cassette Futurism” ambientato in una Terra
alternativa, come appena proposto; un “Cassette Futurism” nello
spazio; un “Cassette Futurism” slasher o lovecraftiano, così
come un “Cassette Futurism” thriller e perchè no? romantico.
L'estetica
rientra in un arco storico che va dagli anni Sessanta ai primi anni
Duemila, prima della diffusione di massa del computer e della Rete.
La tecnologia, così come il vestiario, l'oggettistica e i mezzi di
trasporto, si caratterizzano per un'estrema solidità e una
pesantezza intrinseca, trasmessa dall'uso di materiali rari e costosi
da produrre. La Rete Internet appare limitata a terminali e/o
computer di grandi dimensioni. I portatili, quando presenti, sono
scomodi oggetti più simili a macchine da scrivere che laptop
ultrasottili, da riporre in una vera e propria
valigia. La tecnologia è pertanto trasportabile in alcuni casi, ma
con precisi limiti di costo e spazio.
Sia per
una ragione pratica, dovuta ai costi dei macchinari, che per una
scelta estetica, la tecnologia appare squadrata, voluminosa, senza
appigli per l'ornamento o il dettaglio.
Se
presente, il decorativismo viene trasmesso dall'esagerato numero di
tasti, leve e pulsanti dei diversi macchinari, siano una moto,
un'auto o un computer casalingo.
I
touchscreen sono un'idea di un futuro lontano, irrealizzabile: gli
schermi sono piccoli e compatti, caratterizzati dall'uso di grafica
vettoriale o nei casi più estremi ricostruzioni a suon di pixel.
Le
cassette, siano forme di VHS o nastri magnetici, sono un po' dovunque,
utilizzate alla pari delle chiavette usb, con l'eccezione di
contenere un centesimo degli attuali dati e pertanto venire
accatastate e accumulate in quantità enormi. I depositi delle
aziende e del governo dispongono d'immensi archivi di cassette e
cartucce dati, prelevate all'occorrenza da sistemi automatizzati di
bracci robotici all'interno di chilometri su chilometri di distese
sotterranee.
I
bambini si scambiano cartucce per i giochi sui rispettivi computer di
casa, mentre gli adulti hanno sempre una cassetta da registrare
pronta nella valigia di lavoro. Limiti, tanto di risorse, quanto
ideologici, hanno impedito il passaggio a forme più agili di
memorizzazione dei dati.
Le
cabine telefoniche si sono evolute e diffuse per garantire postazioni
d'accesso ai cittadini e vengono quotidianamente usate per un po' di
tutto, dalle videochiamate, alle telefonate, all'invio dei messaggi.
Hackerare
queste postazioni è un gioco da ragazzi per chiunque abbia meno di
vent'anni, mentre gli hacker sono in grado di ascoltare chiamate e
registrare importanti dati... su cassetta, ovviamente!
Centrale Nucleare, sala controlli (2011) |
Il
futurismo nell'ambientazione s'innesta inoltre su un passato
tecnologico che oggigiorno definiremmo anacronistico e dieselpunk:
uno slancio verso il futuro caratterizzato dall'uso di combustibili
fossili, bulloni a manetta e un gusto per l'art déco ora mescolato
incongruamente con il gusto brutalista e aggressivo dei nuovo
edifici.
Questo sostrato derivante dagli anni Trenta e Cinquanta
rivela, a un occhio attento, un'incredibile retro compatibilità con
le nuove tecnologie: un meccanico esperto può utilizzare componenti
di un aereo degli anni Quaranta su un'auto degli anni Ottanta, mentre
un tecnico è in grado di visualizzare i dati di una scheda forata
del 1945 su un moderno terminale (e riversarlo su cassetta,
ovviamente, come avrete ormai indovinato).
Sfruttare
o meno i neon per trasmettere quell'atmosfera propria dei film di Nicolas Winding Refn o di Blade Runner, è una scelta che spetta al creatore.
Personalmente trovo che i neon appartengano più al cyberpunk old
style, che all'estetica del Cassette Futurism. Generalmente i neon
vanno sempre bene in Giappone, mentre in Europa e in America vanno
bene negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta e in maggiori
quantità verso il 1985. Sarebbero al contrario da evitare nei tardi
anni Novanta e soprattutto nel Duemila.
Conviene
inoltre riflettere su come la presenza dei neon nei film anni
Ottanta, oltre a mascherare il basso budget (Ridley Scott)
soddisfacesse una nostalgia verso la prima metà del '900, dov'erano
invece davvero ovunque. Giova ricordare come la nostalgia verso gli
anni Ottanta era a sua volta replicata dalla nostalgia all'epoca per
gli anni Cinquanta (Stephen King docet).
Questo
insistere sull'essenzialità e sul brutalismo non comporta
necessariamente un'ambientazione distopica o improntata a un perpetuo
grigiore. La tecnologia in questione può anche essere colorata, come
nell'anime Bubblegum Crisis, dove l'anima cyberpunk viene inserita in un ambiente
urbano pulito e sgargiante. La serie è innegabilmente un esempio di
fantascienza cyberpunk, ma la metropoli è assolata e sicura, con la
criminalità confinata alle periferie.
L'enfasi
sulle cassette, sulla manualità degli oggetti e sull'essenzialità
del design può essere gradevole, persino consolante. Come lo
steampunk, il Cassette Futurism propone una tecnologia ancora
intuitivamente comprensibile e come tale aggiustabile con tanto olio
di gomito e un libretto d'istruzioni. La solidità di quest'estetica
ne garantisce l'utilizzo per anni, con l'affidabilità e la
dimestichezza propria di un vecchio amico.
Mentre
gli anni Novanta propendono per il grigio e gli anni Ottanta per il
nero, preferirei per il Cassette Futurism qualcosa di più anni
Settanta: colori caldi, bianco panna per le imbottiture di auto e
poltrone e color pelle od ocra per i computer e le tecnologie.
Le
stanze dovrebbero essere piccole, ma confortevoli: solai e cubicoli
tappezzati di motivi multicolori o in alternativa uffici e corridoi
aziendali caratterizzati da decorazioni geometriche: fasce di colori
primari, tartan e tappeti monocromi. Una sensibile palette anni
Settanta, caratterizzata da colori quali rosso e giallo, ma smorti
come nelle cartoline e nelle fotografie del tempo.
Artwork di Syd Mead |
Stabilita
la tecnologia di ogni giorno e quale forma di atmosfera si vuole
riprodurre, il passaggio successivo consisterà nel definire qualche
elemento iconico per il “Cassette Futurism”.
Una
mossa facile è ovviamente appellarsi all'esercito e ai giocattoli
militari. Se vogliamo intrattenere i lettori, non c'è nulla di più
gratuito dell'action. E
un'ambientazione quale il Cassette Futurism basato su un periodo
storico quale la guerra fredda non può prescindere da
quest'argomento.
Non c'è
bisogno di essere guerrafondai: si può ipotizzare un clima di
tensione bellica a causa del quale la tecnologia si sia evoluta nella
direzione di una profonda affidabilità e robustezza, oppure una
distensione diplomatica avvenuta prima di quanto si pensasse, che
abbia garantito a entrambi i colossi la tranquillità per
un'evoluzione tecnologica confusa e rapida, anzitempo.
Restringendo
la lente ai popoli liberi – ossimoro adesso quanto allora – un
veicolo icona del Cassette Futurism è senza dubbio il carro armato M1 Abrams.
La
forma tanto efficiente, quanto brut(t)a e la miscela di tecnologia
avanzata connessa a un inguaribile arrange di cavi e tastiere proprie
del periodo lo rendono un candidato ideale.
Senza
interessarsi alla versione storica, prendete l'Abrams e camuffatelo
come preferite: rendetelo ancora più scorfano, ancora più brutale o
al contrario estremizzatene gli ausili tecnologici.
Se
invece gradite qualcosa di più futuristico e anni Ottanta,
l'hovercraft tank è una buona soluzione.
L'ho
visto proporre spesso nelle discussioni sul genere e trovo che sia
adatto per la presenza nei videogiochi a 8 Bit e nei wargame
carta&penna degli anni Settanta e Ottanta.
È
un tank montato su una tecnologia a lievitazione gravitazionale o in
alternativa su cuscinetti ad aria compressa proprio come li
conosciamo dai decenni post Seconda Guerra Mondiale.
Il
Cassette Futurism sembra adatto a trasporre molte delle icone pixel
dei videogiochi di quegli anni: l'hovecraft stesso sarebbe
interessante nella forma geometrica di una piramide con un cannone e
un motore. Un carro armato dalla corazzatura liscia e senza fronzoli,
al più con un sistema di luci incorporato nella carrozzeria e/o una
mimetica a cubi o triangoli.
HoverTank 3D (1991) |
Lo
Steampunk pertanto ha lo zeppellin o il treno corazzato, mentre il
Dieselpunk ha i mech e il Cyberpunk i cyborg e i droni: il Cassette
Futurism ha invece il possente Abrams.
Il
parco di veicoli civile non dovrebbe allontanarsi grandemente da
quello militare: mezzi solidi e affidabili, caratterizzati da un
eccesso di plastica.
Mentre l'appassionato di Warhammer 400000
riconoscerà nell'M113 le linee inconfondibili di un Rhino
dell'Adeptus Astartes, per i veicoli civili il riferimento naturale è
la Volkswagen Type 182 “The Thing” o per la sci fi la Kitt di Knigth Rider.
Spingendo
invece sul pedale dell'acceleratore, è possibile ipotizzare schermi
con le mappe e i tracciati vettoriali, così come le linee slanciate
e aerodinamiche di una costruzione con i primi programmi di grafica.
Un'automobile “asciugata” di ogni superfluo gadget: niente
maniglie, loghi, antenne o accessori di sorta. Si tratterebbe di una
carrozzeria costituita da un unico, apparente blocco, dove le
portiere si aprono automaticamente e i fanali si limitano a due
fessure nel muso.
All'interno è possibile immaginare controlli
puramente basati su uno schermo, dove compare un volante digitale da
manovrare con uno scomodo joystick o nei casi peggiori con un mouse e una tastiera apposita. Il touchscreen va evitato, perchè rischierebbe di
catapultare il lettore nell'era di Steve Jobs, dominata dall'estetica
della Apple.
Il
protagonista della nostra ambientazione, il Cassette Futurism, ha ora
un'automobile e si muove in una città cyberpunk, ma ragionevolmente
ordinata e sicura.
Dopo
aver definito i caratteri estetici della tecnologia, definire
l'architettura del luogo è una sua naturale prosecuzione: la regina
di quest'ambientazione è il Brutalismo degli anni Sessanta e
Settanta, permesso dall'abuso del cemento armato, al quale si
attribuivano caratteri di durabilità rivelatosi falsi.
Il
Brutalismo come genere architettonico – al cui riguardo rimando
agli splendidi documentari di Jonathan Meades – non va confuso con
il Modernismo, il Post Modernismo e lo Strutturalismo.
Molta
della architettura contemporanea, ad esempio dell'archistar
Massimiliano Fuksas, è Post Modernismo con tutte le sue stigmate:
durabilità pari a zero, presunzione di leggerezza contraddetta
dall'effettiva realizzazione e infine un totale disdegno per l'architettura popolare.
Gli architetti post moderni prediligono i
grandi musei, i grandi aeroporti, i grandi congressi: edifici
diplomatici o turistici, destinati ai potenti.
Senza
negare gli orrori del Brutalismo, questi perseguiva, specie nell'Est
Europa, una soluzione ad una crisi abitativa tutt'ora in corso e nei
cui confronti si è preferito chiudere un occhio o nella Russia post
sovietica rimediare con sterminate baraccopoli.
Qualsiasi
centro urbano raramente si sviluppa come un singolo abitato, ma
mescola edifici e fabbricati di diverse ere storiche, senza
distinzione. Nel caso del cyberpunk e del Cassette Futurism ritengo
la soluzione migliore adottare lo stile art déco come l'architettura
precedente, sulla quale poi innestare lo stile che si preferisce.
Nelle
discussioni online compaiono i seguenti nomi, da indagare a fondo:
International Style, Mid-Century Modern, Functionalism, High-Tech,
Structuralism, Deconstructivism, Neomodernism, Streamline Moderne,
PWA Moderne, Neoplasticism, Constructivism e Neues Bauen.
Monumento Ilinden, Macedonia, 1974 di Jordan e Iskra Grabuloski |
I
limiti di una tecnologia basata su cassette e supporti fisici, dove
Internet appare circoscritta ai militari o agli utilizzi più
semplici, rendono difficile immaginare una robotica granché
sviluppata.
D'altronde
è innegabile come i robot siano “cool” e non c'è un reale
motivo per eliminarli dal Cassette Futurism: se rientra
nell'estetica, perchè no?
I robot
domestici, non così diversi da un'aspirapolvere o una lavatrice,
sembrano essere i candidati migliori: creature tozze, munite di
ruote, dalla forma spesso di un disco, un mobile, una botte... (R2D2
docet). In alternativa li si può immaginare umanoidi dal torso in
su, con chele e/o mani di plastica limitate al pollice opponibile e
un “guanto” uniforme.
Un film
quale Runaway (1984), dove i robot sono tanto goffi, quanto letali è una miniera
di idee e visuali per il Cassette Futurism. In alternativa è
possibile considerare per l'esercito umanoidi corazzati, camminatori di qualche metro d'altezza ed eventuali piattaforme di
armi semoventi.
Le
forme dei primi satelliti, dagli anni Settanta e Ottanta, sono un
altro esempio di materiale da rielaborare per trarne robot
adeguatamente goffi e pesanti.
I primi
robot per l'istruzione, in realtà niente più che computer
mascherati da un involucro di plastica, così come tanti giocattoli
degli anni Settanta, costituiti da linee dritte e squadrate, offrono
un'altra fonte d'ispirazione.
Quanto
invece trovo poco adatto al Cassette Futurism e invece fertile
terreno per il cyberpunk propriamente detto sono le diverse fusioni
tra umano e artificiale, così come i robot indistinguibili dagli umani e i diversi cyborg a cui ci hanno abituato gli anime, tra tutti con
Ghost in the Shell.
Nonostante
il Cassette Futurism sia un'estetica e come tale modificabile e
completamente “aperta”, perchè funzioni dev'esserci un unico
dogma, un'unica regola da seguire.
Il
Cassette Futurism non deve avere connessioni wireless d'alcun genere.
Se uno
desidera controllare un'email, così come scaricare un film o
sbloccare il codice di lancio di un missile nucleare l'unico modo è
usare una connessione via cavo o in alternativa trasportare
l'informazione su un supporto fisico: la “cassetta” del nome,
l'eventuale cartuccia da videogioco, il nastro magnetico e così
via...
Lo
scrittore può escogitare la scusante che preferisce: un limite
tecnologico di qualche motivo, ragioni militari (guerra fredda,
again? Alieni?), culturali, ambientaliste, ecc ecc.
La
naturale conseguenza di questa regola è un'esagerata importanza dei
terminali, così come delle cabine telefoniche e generalmente di
qualsiasi portale d'accesso si voglia inventare. La regola garantisce
inoltre quella fondamentale compresenza di carta e digitale
fondamentale per l'ambientazione: i “vecchi” metodi, volendo,
sono ancora validi. La burocrazia, ad esempio, cerca di sfruttare il
potenziale delle nuove tecnologia, ma nel contempo richiede ancora di
compilare permessi e questionari su carta.
Il
terzo e finale appuntamento della miniserie dedicata al “Cassette
Futurism” indagherà i suoi tanti figli e sottogeneri, cercando nel
contempo di evidenziare esempi ludici e cinematografici dove questo
genere di estetica sembra emergere con chiarezza. Lo scopo di questa
rubrica è proprio di slegarsi dai modelli puramente narrativi per
perseguire un'ispirazione legata alla storia della tecnologia,
dell'architettura e del design. Pertanto additare un film come
esempio pone il rischio di limitare eccessivamente quest'estetica.
Sempre
a questo proposito, cercherò di offrire alcuni esempi su come si
possa costruire un'estetica Cassette Futurism senza legami con l'immaginario americano o generalmente anglofono.
In
altre parole, è tempo di scoprire cosa nasconde la cortina di
ferro...
1 commento:
Ciao che carino questo spazio sono diventata una tua nuova follower, se ti va di conoscermi io sono Il salotto del gatto libraio
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