lunedì 18 luglio 2016

Il Grande Strappo, di Giuseppe Menconi.


Landon Banes è un semplice minatore di taunuxanio sulla colonia di Armissan, un derelitto insediamento ai margini dello spazio conosciuto. La vita sul pianeta è dura, tra escursioni in esoscheletri corazzati, passeggiate tra la lava e operazioni di estrazione in un ecosistema “minerario” adattatosi a condizioni estreme. 
Landon però, è contento: sa di fare il lavoro di Dio.
Il tauxanio servirà infatti alla costruzione del Portale, un dispositivo per il viaggio extradimensionale costruito presso santa Terra, il pianeta natale dell'Umanità.
Siamo infatti nel XXV secolo e lo “strappo” profetizzato nel XXI secolo si sta tragicamente avverando: l'universo sta implodendo, risucchiando pianeti, stelle, ogni genere di energia umani compresi.
Acqua alla gola, l'umanità si è fratturata in due diverse fazioni: la Federazione di papa Callisto, cui Landon è fedele (in entrambi i sensi) e l'Unione di Mizar. La prima è uno stato teocon dove si è realizzata dopo secoli di guerre di religione la vocazione imperialista del cattolicesimo; la seconda all'opposto un gruppo sovversivo di atei collettivisti che combattono per la distruzione del Portale.
Landon, durante il suo lavoro su Armissan, intuisce come sia solo propaganda, ma desidera disperatamente crederci. E' infatti padre e se la moglie è depressa e scoraggiata dalla vita nella colonia, il sorriso delle sue due figlie lo consola e lo riempie di gioia a ogni sera di ritorno dal lavoro. Vive per la famiglia e farebbe di tutto per salvarla. E' per questo che si attiene rigidamente ai protocolli di sicurezza, biasimando ogni incidente dei suoi colleghi alla disattenzione, come ribadendo a ogni piè sospinto che Callisto li salverà tutti. In altre parole, Landon è l'operaio grato del padrone, il minatore convinto che lavorare sodo&onesto siano l'unica strada per la salvezza.
La monotonia di ogni giorno si strappa però quando l'Unione a sorpresa attacca la colonia. Landon insiste per attenersi agli standard di sicurezza, ma per la prima volta fallisce. L'Unione non è debole come insistevano i canali di comunicazione, dispone addirittura di tecnologia aliena: le difese non valgono a nulla e per Landon inizia una disperata corsa per difendere la famiglia.
Vero inizio di una via crucis dove Landon scoprirà suo malgrado che tutto quello che gli è stato raccontato, impartito e catechizzato è una patetica bugia.


Al momento di scrivere la trama ho scelto di concentrarmi su Banes e sulla sua famiglia, perchè nonostante la ricchezza dell'ambientazione e dei dettagli scientifici è alla fine il sentimento di padre di Banes a dominare la storia. Ogni sua azione, per tutto il romanzo, mira a proteggere i suoi cari, che diminuiscono all'aumentare della minaccia. La disperazione di Banes lo porta senza soluzione di continuità ad abbracciare ogni ideologia che al momento gli sembra adatta a salvare le sue figlie.
E' una lotta contro il tempo: sia contro lo strappo che incombe sullo sfondo, che contro i militari, che contro le diverse missioni che gli vengono affidate.
Inizialmente, Menconi è particolarmente bravo a ritrarre una famiglia “tipo”, tutt'altro che sana, ma funzionale: il figlio scontroso, le figlie troppo giovani per rendersi conto del malessere della madre, depressa e impasticcata (il primo aspetto causa il secondo, il secondo perpetua il primo). Non sono ironico se scrivo che questo genere di quadretti famigliari mi spaventa più di qualsiasi combattimento o mostro spaziale: quel senso di stanchezza e squallore che già presente in Abbandon viene qui ripreso scendendo di classe sociale.
All'arrivo dell'Unione, Banes per sopravvivere è costretto a cambiare, ma in fondo questo cambiamento è solo apparente, perchè sempre finalizzato a salvare la sua famiglia. La disperazione del nostro minatore è continuamente sottolineata, sia dai dialoghi, a volte eccessivi, che dai pensieri dell'io in prima persona, febbrilmente alla ricerca di un modo per cavarsela.
Chiunque abbia familiarità con le vicende dei civili in zone di guerra, in Medio oriente ad esempio, o nei Balcani, o nell'Europa della seconda guerra mondiale, riconoscerà senza problemi il mindset di Banes. Senza pretendere che abbia chissà quale valore “scientifico”, ritrovate nel gioco This War of Mine gli stessi dilemmi e le stesse scelteimpossibili” che Banes deve fronteggiare nel romanzo, stretto tra due (e anche più, tra monaci&xenovermi) fronti di una guerra infinita.
Nonostante combatta, Banes è un civile che fa del suo meglio e ancora una volta, per salvare quelle due bambine che vedete in copertina fa davvero del suo peggio.
L'Unione e la Federazione si comportano allo stesso modo quando si tratta di massacrare i civili, dimostrando per tutto il romanzi qualsiasi sia l'obiettivo una straordinaria indifferenza nei confronti della vita umana. Dal capitano Grispo con i suoi androidi, ai diversi personaggi del romanzo nessuno, di fronte allo strappo e in un contesto alienato, si preoccupa di rispettare le regole.
Come i mech e le astronavi, anche le vite umane sono mezzi per raggiungere un fine. Lo stesso Banes perde sempre più remore a uccidere e mentire per il bene superiore della famiglia.
Di volta in volta Banes usa l'ideologia che gli capita per giustificare le sue azioni: dapprima la Federazione, poi l'Unione, persino la Quintessenza e gli xenovermi. Verso la fine del romanzo, il protagonista arriva a un nichilismo dove riconosce nelle intenzioni di Menconi ogni precedente bugia. Quando non c'è il ruolo della religione a supportare l'uccisione, Banes si sente alcune volte colpevole e alcune volte del tutto assuefatto, consapevole che non gliene importa più niente.
In tal senso, ricorda gli studi condotti sul battaglione 101 e sui reparti colpevoli di atrocità di guerra, che si sentivano alcune volte nel giusto e altre volte nascondevano un senso di anormalità ed estraniamento con alcool e droga. Non è un caso che Banes sia fortemente dipendete sia dal lobodan per motivi di lavoro, che dalla metamina, per la concentrazione.
Ovviamente queste sono solo mie suggestioni, che potete anche accantonare: come romanzo di fantascienza Il Grande Strappo funziona egregiamente per proprio conto.
Tuttavia, alcuni passaggi... mi è voluto spontaneo porli in relazione con alcune riflessioni sulle violenze di Ernst Junger nel suo luciferino diario del '44 e '45, Irradiazioni:
Al finestrino due giovani ufficiali delle truppe corazzate: uno dei quali si distingue per la bontà del suo viso. Pure parlano già da un'ora di uccisioni. L'uno voleva con i suoi camerati far sparire in un lago un abitante sospetto di spionaggio; l'altro ha espresso l'opinione che, dopo ogni attentato contro i nostri soldati, si dovrebbero mettere al muro cinquanta francesi. «Farebbe presto a finire.»
Sembra che nel mezzogiorno si diffonda un'atmosfera da veri lemuri. Così egli ha raccontato la storia di una signora. Già da quattro mesi si trovava in prigione. Due sgherri del servizio di sicurezza stavano parlando tra loro su quello che avrebbero dovuto fare di lei, dato che era estranea alla faccenda, in connessione alla quale l'avevano arrestata. «Facciamola fuori, così ce ne saremo liberati.»

Quest'indifferenza per la vita altrui è difficile da citare senza far spoiler, ma nel Grande Strappo le azioni stesse di Landon e dei suoi nemici e/o alleati (il più delle volte prima nemici, poi alleati...) parlano da sé. Verso la fine del romanzo, la trasformazione sembra completa:
Non ho ucciso nessuno di mia mano, ma è come se l'avessi fatto. Non mi verranno dei rimorsi solo perchè devo uccidere tre o quattro persone in più.

Censurata per evitare spoiler:
Xavier estrae la pistola e fredda gli altri due con un colpo alla testa. Per la prima volta in vita mia non me ne frega niente.
« Sì, lo so. (…) E' strano, però. Non mi fa male quanto con Adrianne e Jessica. E' come se mi ci stessi abituando...» a perdere pezzi della mia famiglia.

L'amore di Banes per la famiglia travalica spesso la soglia di sopportazione del lettore medio: il minatore sembra urlare i nomi del figlio, della fidanzata del figlio, delle gemelle in metà dei dialoghi. Se ricevessi un centesimo per ogni declinazione del verbo -salvare sarei milionario al termine delle pur brevi 267 pagine del Grande Strappo.
Negli ultimi capitoli troppe volte il discorso viene interrotto a metà, con una serie eccessiva di trattini a spezzare il discorso. Landon sembra inoltre abbonato allo svenimento o all'esplosione da fine capitolo: dalle navicelle in fiamme, a incidenti di lavoro su Armissan un numero eccessivo dei capitoli sembra terminare con Landon che sbatte il cranio su qualcosa o viene frastornato dal Boom boom! di un'esplosione. Rispetto ad Abbandon, i combattimenti sono perfettamente calibrati e non si avverte la minima noia, c'è più azione e immersione qui che negli ultimi film d'azione che ho visto. A riprova di come la parola scritta possa reggere un'azione visiva tanto e di più della celluloide. Rimango un po' scettico su un'altra eredità di Abbandon, ovvero gli incubi di Landon, che dallo schermo dell'ebook non avranno mai lo “scare”, il sobbalzo dell'inquadratura ravvicinata di Event Horizon&compagnia. La lunga citazione dalla Bibbia su Lot era anch'essa tagliabile – sottoporrei volentieri a editing la parola sacra, ma sembra che Dio e i suoi rappresentati non accolgano bene il concetto di Show Don't Tell. Come con Abbandon, i personaggi femminili sono o negativi, o nel caso della moglie eliminabili ai fini della narrativa. In particolare la moglie di Banes ha meno spazio dei suoi mech da lavoro e da battaglia.

Tears of a distant sun, ukitakumuki
Queste però sono inezie a fronte del lavoro complessivo. Ho dovuto sforzarmi per tirar fuori queste critiche e a distanza di diverse settimane dalla lettura ricordandomene attraverso le annotazioni.
Il romanzo scorre davvero bene, senza un singolo istante che si avverta “sbagliato” o fuori luogo.
I colpi di scena sono connessi in modo logico e inaspettato, le descrizioni inserite nel vivo dell'azione, gli avverbi depurati, la ricchezza delle ambientazioni notevole, sia per quantità che per qualità. Di solito si descrive bene un singolo setting della storia, per trascurarne tutti gli altri. Nel caso di Menconi, Armissan è un ecosistema interessante quanto la Terra, a sua volta interessante come le diverse astronavi in azione, o l'abbandonato hangar dello scontro tra mech di Procione VI.
Non c'è una frazione del romanzo che sia stata trascurata, in tal senso le cinque riscritture non credo siano state una perdita di tempo come le definirebbero i sostenitori dell'ebook “agile” a “99 centz” (sic!). La qualità trascina la lettura, senza dar pausa.

La storia del Grande Strappo è costruita a cerchi concentrici, a scatole cinesi. Scarti la prima scatola, ne scopri un'altra al suo interno, la scarti ansioso ed eccone un'altra e un'altra ancora. Non mi riferisco alla girandola di situazioni, ma al puro ragionamento ideologico di Landon: ogni volta ritiene di aver scoperto l'ideologiada seguire” per correggere la precedente e ogni volta si sbaglia, tragicamente. Il percorso di disillusione, come lo propone Menconi nella post fazione, prevede di sbucciare strato dopo strato di menzogne per arrivare infine al vuoto del nichilismo assoluto.
Non l'ho letto, ma ho sentito descrivere The Warlord of the Air, di Moorcock allo stesso modo: il protagonista è dapprima un convinto liberale, poi in linea col pensiero tardo ottocentesco un anarchico, per infine comprendere (svolta punk) come l'attentato stesso sia un ingranaggio di un sistema che si autoalimenta (svolta novecentesca, disillusa appunto).
Il finale pertanto non è negativo, com'è stato descritto, ma l'unico modo per Banes per “contare” qualcosa, per smetterla di essere un pupazzo del ventriloquo politico di turno. 
Trovo sia l'unica svolta positiva di un romanzo altrimenti nerissimo.

2 commenti:

Marco Grande Arbitro ha detto...

Sono in cerca d'ispirazioni, potrei dargli un'occhiata

Coscienza ha detto...

Provalo, è una lettura abbastanza trascinante, zero tempi morti... (a parte i personaggi, lì i morti abbondano, ^^)