La Osprey
negli scorsi due anni, nonostante una certa opposizione dei vecchi
barbogi, ha lanciato diverse nuove serie che la smarcano decisamente dall'ambito della storia militare e delle uniformi cui è di solito associata. Accanto al successo di Frostgrave, dimostrazione che c'è
ancora spazio per giochi di schermaglie tradizionali sul modello del
mai troppo compianto Mordheim, si è data da fare a promuovere sia
giochi da tavolo in scatola che manuali per schermaglie con le
miniature.
Tra i tanti
progetti, di particolare interesse è la serie Dark Osprey, rivolta a
quel genere di argomenti che si vorrebbe trattare scientificamente,
ma che l'appassionato sa in fondo appartenere al campo speculativo
più sfrenato.
La Osprey in
tal senso ha commesso un'autentica eresia per chi odia il
“fantastico”: nella serie Dark Osprey ha scelto infatti di
trattare argomenti immaginari con uno stile, una documentazione e
sopratutto delle immagini il più possibili realistiche; in altre
parole, ha scelto di applicare la veridicità storica e gli strumenti
essa correlati ad argomenti di cultura geek.
E' solo una
mia intuizione, ma ritengo che i lettori delusi da queste scelte che
definiscono “facile marketing”, siano gli stessi che criticano il
fantasy e la fantascienza perché storie “inventate” rispetto al
realismo del romanzo storico. Se non fosse che il romanzo di storia
stesso è alla fine un'opera di finzione, poco importa quanto
accurata e maniacale sia la ricostruzione in atto, protagonisti e
vicende restano a ogni modo inventate, a meno che tu non rediga una
biografia... Andrebbe anche aggiunto che non c'è alcuna barriera
invisibile che impedisce di usare la metodologia delle discipline
umanistiche per trattare argomenti di fantasia, o che ugualmente
impedisca di sfruttare le proprie conoscenze scientifiche per
scrivere hard sf. Quest'uso “giocoso” di quanto si è imparato
può irritare, ma è non ne scorretto, ne illegale.
Ma come
sempre, sto divagando...
Il volumetto
in questione di oggi è Bug Hunts, della Dark Osprey.
Ancor più
di Steampunk Soldiers e di Nazi Occult, Bug Hunts chiarisce da subito
i suoi riferimenti cinematografici, che possiamo riassumere a gran
voce nella duologia di Alien e nel primo Starship Troopers.
L'universo di Bug Hunts è un futuro tetro, dove l'umanità ha
lentissimamente colonizzato le stelle, alternando repentini balzi
tecnologici ad altrettanto repentine cadute. La colonizzazione è
divenuta possibile solo grazie a oligarchie di multinazionali
impegnate in guerre fratricide, che si auto-finanziano con
l'esplorazione di nuovi pianeti vergini da derubare di ogni risorsa.
Superato lo
scoglio dei primi viaggi interstellari, l'umanità cresce e aumenta
su decine di migliaia di stazioni orbitali, pianeti e cinture
d'asteroidi. Il livello tecnologico ricalca il pragmatismo anni
ottanta di Alien e Blade Runner, senza intelligenze artificiali e con
un'informatica ridotta all'osso.
In questa
corsa alla colonizzazione, i primi alieni scoperti sono stati
microscopici batteri, cui sono seguiti delle specie di granchi e
diversi, trascurabili animali senza vera intelligenza.
In questo
momento della cronologia temporale di Bug Hunts, avviene la scoperta
del primo alieno, lo xenomorfo di Draper World. Parassita che usa il
corpo umano come incubatrice per i propri piccoli, sangue acido e
fauci bavose, bocca retrattile e artigli: il modello è chiaramente
l'Alien frutto del genio di Ridley Scott Giger. Seguendo un pattern
comune a tutto il libretto, lo xenomorfo della Osprey è un copycat
ancor più letale del suo originale filmico, una vera bestia
assassina.
Dalla
descrizione del primo contatto degli scienziati con l'alieno è
chiaro che Mark Latham è riuscito a unire nella storia sia
Prometheus, che Alien, che Aliens - Scontro finale.
A differenza
tuttavia del consolatorio finale di questi film, nel mondo di Bug Hunts l'impreparazione degli umani fa sì che lo xenomorfo continui a
diffondersi e a ripresentarsi, terrorizzando intere frange di sistemi
solari.
La seconda
razza scoperta in Bug Hunts sono gli Aracnidi di Centauri. Il modello
stavolta sono gli insettoidi di tanti videogiochi e giochi di
miniature, citando infine quell'opera di satira del tutto
sottovalutata che è Starship Troopers. Alieni a otto zampe, capaci
di intelligenza collettiva, dalle armi da fuoco organiche chiaramente
mutuate dai Tiranidi di Warhammer 40000, gli aracnidi offrono le
prime descrizioni in Bug Hunts di battaglie su larga scala. Non c'è
quell'idiota di Rico, ma l'impiego dei primi “marines spaziali” e
una battaglia persino sulla Terra chiariscono (come se ce ne fosse
bisogno!) quali siano i classici di riferimento...
La terza razza rappresenta forse la miglior invenzione del (finto) saggio: sono gli Hive Beasts di Klaatu Nebula. Mark Latham mescola in un'unica razza granchi giganti, insettoni con poteri psichici, vermi delle sabbie che ricordano Dune, infezioni virali alla Resident Evil, persino una sorta di insetti “intelligenti” che controllano il cervello delle loro sfortunate vittime.
Non mi
sovviene nessun film che corrisponda a questo genere di alieno, le
Hive Beasts devono perciò essere “originali” o riferirsi a
fantascienza militare da noi non pervenuta in Italia. Dopo aver
combattuto e respinto sia gli xenomorfi che gli aracnidi, i
marines spaziali sono ormai una forza combattente di tutto
rispetto, il braccio armato della compagnia. Il progresso nella
tecnologia e nell'addestramento degli “sterminatori spaziali” si
scontra così con una razza aliena più simile a una spora che a un
essere senziente. La battaglia sul pianeta è narrata con lo stesso
taglio usato per uno scontro “moderno”: uno stile asciutto,
dettagli tecnici, movimenti delle truppe.
E' quanto ad
esempio dovrebbero imitare gli scribacchini di Age of Sigmar e
Warhammer 40000, invece di usare quell'orribile stile a metà tra
romanzo e resoconto, dove non c'è la singola persona, o la struttura
di un romanzo, ma non c'è nemmeno il realismo che richiederebbe un
resoconto “scientifico”. Si arriva così a scrivere dei
sentimenti dell'eroe di turno, senza però calarli dentro una vera
struttura narrativa.
O l'uno, o
l'altro. Se scegli di scrivere gli avvenimenti come un saggio di
storia, non puoi fermarti a fare introspezione, a meno di mascherarla
come una riflessione filosofica del (finto) autore.
Nel caso di
End of Times, con la Games Workshop, si era raggiunto il fondo:
sembrava di leggere un “qualcosa” che era un'infelice via di
mezzo tra resoconto (si descriveva una successione di eventi), poema
epico (si usava un lessico pompato e fintamente antiquo) e romanzo
(di tanto in tanto, si scivolava nei pensieri di quello o quell'altro
personaggio).
Bug Hunts è
l'esatto contrario, nella sua finzione di saggio sugli scarafaggi
spaziali funziona egregiamente:
The marines touched down just two klicks from the Compass Rose’s tail section, and instantly set up firebases and field HQ. Three platoons were sent towards the wreckage in Armored Personnel Carriers (APCs), following the plumes of smoke that still smoldered a week after the crash. The remaining marines were split into patrols to search the surrounding landscape for mineral deposits and enemy activity.
Oppure,
prendiamo questa descrizione di una ritirata da Klaatu, tutt'altro
che priva di pathos:
While one exo-suit specialist set about righting the APCs, the other three waded into close-quarter combat against the aliens. With their power-assisted servos, the exo-suit troopers proved the physical equal of the bugs, while their inbuilt flamethrowers, carbines, and grenade packs made up for their lack of numbers. The bugs’ massive claws proved capable of tearing through exosuit
armor plating, but the marines’ combat training gave them the tactical advantage. Three suits stood against more than 20 bugs, desperately buying their platoon enough time to get underway. Only once the APCs were good to go did the exo-suit specialists disengage, one of them irreparably damaged.
Fire support troopers wielding heavy auto-carbines and railguns – the only weapons capable of penetrating the crab-beasts’ thick chitin armor – laid down covering fire. Even as the marines got underway and left the bugs behind, the sky behind them began to darken as swarms of flying aliens flocked from the distant hives. The beasts were nothing if not tenacious.
Accanto alle
tre razze di “bug” spaziali, Mark Latham presenta anche un lungo
elenco di specie aliene autoctone di singoli
pianeti, che pur non presentando una vera minaccia hanno richiesto di
volta in volta l'intervento di marines. La fantasia di certi
“insetti” è orribile nel senso buono del termine, con grandi
spunti creativi. Il mio preferito è lo Xeno Carcino Brutus, un
granchio gigante di Tritone, luna di Nettuno. Sa mimetizzarsi da
roccia, il che pone l'inquietante interrogativo di quale sia il
predatore che l'ha costretto a questa “evoluzione” darwiniana...
Una vena di nichilismo è inoltre sottesa a tutta la descrizione degli alieni, nonostante il tono di chi scriva sia quello strafottente e pieno di sé di un marines.
Nel mondo di
Bug Hunts non c'è un singolo alieno che possegga un'intelligenza
umana. Sono animali, agitati da istinti di protezione del branco o
dell'alveare (gli aracnidi). Non ci sono nemmeno le intelligenze
astrali e ultra terrene alla Lovecraft, o delle razze aliene
organizzate in qualche primitiva società. L'unica civiltà aliena
scoperta dai marines è stata spazzata via milioni di anni
prima dagli aracnidi, mentre le uniche forme di vita in giro per la
Galassia sono o batteri, o larve mostruose. E in quest'universo già
poco allegro, molto “basso”, l'umanità ha conquistato le stelle
solo grazie a multinazionali e oligarchie militari.
The idea of the Araknyds enacting some sort of vendetta against the human race quickly became the subject of a philosophical debate rather than a scientific one. No-one in the Authority wanted to believe that the first truly intelligent life encountered in the galaxy was a species of murderous, xenomorphic bug. However, any debate on the subject was soon to become moot.
Questa
visione, che alcuni definirebbero pessimista e io definisco realista,
prosegue nella descrizione dei
marines. La fanteria dello spazio di Mark Latham è un prodotto in
vitro della Star Industries, una forza di mercenari al soldo della
Multinazionale che li ha creati. Da lei riceve equipaggiamento,
stazioni di ricerca, addestramenti e ai livelli più alti ordini
operativi.
Gli interessi della razza umane e gli interessi della Star Industries
divergono e succede spesso che ci si domandi chi sia più alieno, se
i “bugs” o le corporazioni degli umani.
I
marines non esitano a bombardare interi pianeti se li sospettano
infestati di aracnidi, o a sacrificare le milizie locali pur di
ottenere un minimo vantaggio sugli insetti. Le richieste di aiuto
delle spedizioni di esploratori e scienziati vengono soccorse tanto
più in fretta quanto più sono in gioco gli interessi della Star
Industries, mentre sos e richieste di aiuto interplanetarie delle
corporazioni rivali rimangono convenientemente inascoltate. Anche
nella lotta all'alieno, la vittoria corporativa resta al primo posto.
La Star Industries può inoltre permettersi un'ampia libertà di
azione grazie alla popolarità dei marines tra la popolazione civile,
grazie al controllo dei mass media e diverse trasmissioni televisive
di successo. L'unico sprazzo di orgoglio e speranza viene dato dai
marines stessi, nelle numerose occasioni in cui disobbedendo agli
ordini e da brave teste calde, dirottano spedizioni e risorse
per ottemperare a quanto sentono il loro vero scopo, proteggere
l'umanità.
Dopo questa positiva esperienza con Bug Hunts, che pur essendo brevissimo (neanche cento pagine) è davvero godibile, recupererò presto altri volumi della serie.
Fonti:
Bug Hunts, Mark Latham (sito Osprey).
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