Ultimamente, in attesa
delle istruzioni per un'antologia di racconti, mi sono impuntato a
voler partecipare a un concorso di cui ho trovato il bando sulla
bacheca della biblioteca universitaria.
Quel genere di concorsi
letterari su temi di attualità, in questo caso frutto della
collaborazione di enti sia italiani che sloveni, che croati.
E' chiaramente
impossibile che vinca, per il semplice fatto che ho scelto di
scrivere una storia di fantascienza e di solito in questo genere di
concorsi vince sempre l'opera mainstream
che parla di “cose vere”. Tuttavia, mai lamentarsi: il
premio è consistente, l'argomento piuttosto libero, la
partecipazione gratuita. Magari ne leggessi più spesso negli avvisi
dell'Università!
Inoltre, il processo di
scrittura del racconto stavolta è stato anche più fluido del solito
e ne sono rimasto molto soddisfatto. Non del contenuto, o della
qualità del racconto inviato, ma del modo con cui l'ho redatto,
rispettando le scadenze da me imposte. Il processo ha seguito delle
tappe talmente scandite da sembrare un orologio svizzero. Le riporto
nel caso vi possano interessare, o nel caso ne possiate trarre
consigli utili. Ci tengo a puntualizzare che ho scritto l'intero
racconto controvoglia, odiandone ogni passaggio e senza la benché
minima scintilla di ispirazione; eppure se confronto un passaggio di
questo racconto con un altro in cui mi sentivo divinamente ispirato
ne io, ne il mio paio di lettori beta riusciamo a spiegarvi la
differenza. Traetene le conseguenze che volete...
Giorno (1): è mattina,
post lezione 10.30. Dopo aver strappato dalle grinfie della
bibliotecaria i libri per l'esame, leggo del bando di concorso prima
di uscire. Mi segno nome e scadenza.
Giorno (1), pomeriggio.
Inizio a vagliare le prime idee per il concorso, facendo altro. Mi
informo sul numero massimo di cartelle concesso, 27000 caratteri
spazi compresi. Scribacchio un aborto che accartoccio metaforicamente
nel mio cestino di Windows.
Giorno (2), sera, di
ritorno via treno. Stanco. Scelgo di spostare l'ambientazione storica
che volevo usare all'inizio (l'Austria-Ungheria) in un lontano futuro
apocalittico. Scrivo una bozza del primo paragrafo che illustri il
“setting” al lettore. Scrivo la scaletta, dividendo idealmente i
27000 caratteri in 6 paragrafi da 4500 ciascuno. Inserisco una nota
lugubre nella chiusura del paragrafo introduttivo (1) un cliffhanger
nella chiusura del seguente (2) tantissima azione muscolare nel terzo
(3) e un colpo di scena nel quarto (4) nel quinto un secondo colpo di
scena, assieme a lunghi dialoghi didascalici, purtroppo ineliminabili
(5) e un ultimo colpo di scena finale nell'ultimo paragrafo (6).
Giorno (3). Scrivo nel
pomeriggio i primi 3 paragrafi, con l'aiuto di troppo caffè. Il
protagonista è un bianco, maschio, adulto, militare. Per uscire
dallo stereotipo, lo invecchio fino a trasformare la moglie in
un'adorabile nipotina e lui in un nonno veterano dell'esercito.
Giorno (4). Scrivo al
pomeriggio e alla sera gli altri 3 paragrafi. Il racconto mi sembra
filare, ma sono più di 50000 caratteri, non esattamente i 27000 del
bando!
Giorno (5), mattina.
Assatanato, riscrivo i primi 3 paragrafi, economizzando su azioni e
descrizioni, lasciando pertanto esposta un'orribile quantità di
dialoghi. Piango in particolare per aver tolto l'inutile, logorroica
e onanista descrizione dell'omino del gas che accende i lampioni in
stile art nouveau... Visto che me la sento, scrivo anche duemila
parole per un altro progetto in corso.
Giorno (6), pomeriggio.
Termino i tre paragrafi restanti, ma pur tagliando sul materiale con
la delicatezza di una forbice assassina, mi restano fuori 5000
caratteri. Una breve pausa diventa ancora più breve quando leggo sui
gruppi di genere italiani che ora il problema delle case editrici è
che pubblicano “troppi libri” (?). Torno subito al lavoro,
depennando diverse righe di dialogo in cui il nonno si accendeva la
pipa.
Giorno (7). Decido di
tenere alcune porzioni forse superflue alla trama, ma di grande
effetto “visivo” sul lettore. Taglio invece a tal punto il
paragrafo 4 e 6, che ora risultano la metà degli altri. Dopo aver
stampato il racconto, mi accorgo che manca una virgola al paragrafo 5
e che ci sono diverse ripetizioni fastidiose nel finale, un po'
affrettato.
Giorno (8) Passo il
racconto a un mio collega per avere un'opinione su quanto sia
comprensibile. Ho usato l'evidenziatore sulle tematiche del concorso,
ma è un conto è quanto immagino nella mia testa, un altro è quanto
ci vedono i lettori...
Scrivendo queste tappe
in effetti il processo sembra molto più lungo di quanto mi sia
sembrato. Dovete considerare che tranne il venerdì, ero sempre
all'università o sul treno, dove difficilmente posso scrivere granchè. Vi sono poi alcuni lavori di “lima” che trovo
tremendamente noiosi – la scrittura e la rilettura delle parti
rimaneggiate per il limite di 27000 caratteri, controllare che i nomi
siano sempre corretti, scegliere se usare nomi simbolici o “parlanti”
(fosse per me chiamerei i miei protagonisti con nomi a caso dall'albo
telefonico), controllare che non vi siano paradossi, eliminare tutti
gli avverbi ecc ecc
Comunque, scaduto a
maggio il concorso pubblicherò il racconto qui, in modo che possiate
giudicare cosa secondo voi funzionava e cos'ancora più importante
cosa non funzionava...
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