mercoledì 23 marzo 2016

Anatomia di un racconto


Ultimamente, in attesa delle istruzioni per un'antologia di racconti, mi sono impuntato a voler partecipare a un concorso di cui ho trovato il bando sulla bacheca della biblioteca universitaria.
Quel genere di concorsi letterari su temi di attualità, in questo caso frutto della collaborazione di enti sia italiani che sloveni, che croati.
E' chiaramente impossibile che vinca, per il semplice fatto che ho scelto di scrivere una storia di fantascienza e di solito in questo genere di concorsi vince sempre l'opera mainstream che parla di “cose vere”. Tuttavia, mai lamentarsi: il premio è consistente, l'argomento piuttosto libero, la partecipazione gratuita. Magari ne leggessi più spesso negli avvisi dell'Università!

Inoltre, il processo di scrittura del racconto stavolta è stato anche più fluido del solito e ne sono rimasto molto soddisfatto. Non del contenuto, o della qualità del racconto inviato, ma del modo con cui l'ho redatto, rispettando le scadenze da me imposte. Il processo ha seguito delle tappe talmente scandite da sembrare un orologio svizzero. Le riporto nel caso vi possano interessare, o nel caso ne possiate trarre consigli utili. Ci tengo a puntualizzare che ho scritto l'intero racconto controvoglia, odiandone ogni passaggio e senza la benché minima scintilla di ispirazione; eppure se confronto un passaggio di questo racconto con un altro in cui mi sentivo divinamente ispirato ne io, ne il mio paio di lettori beta riusciamo a spiegarvi la differenza. Traetene le conseguenze che volete...



Giorno (1): è mattina, post lezione 10.30. Dopo aver strappato dalle grinfie della bibliotecaria i libri per l'esame, leggo del bando di concorso prima di uscire. Mi segno nome e scadenza.

Giorno (1), pomeriggio. Inizio a vagliare le prime idee per il concorso, facendo altro. Mi informo sul numero massimo di cartelle concesso, 27000 caratteri spazi compresi. Scribacchio un aborto che accartoccio metaforicamente nel mio cestino di Windows.

Giorno (2), sera, di ritorno via treno. Stanco. Scelgo di spostare l'ambientazione storica che volevo usare all'inizio (l'Austria-Ungheria) in un lontano futuro apocalittico. Scrivo una bozza del primo paragrafo che illustri il “setting” al lettore. Scrivo la scaletta, dividendo idealmente i 27000 caratteri in 6 paragrafi da 4500 ciascuno. Inserisco una nota lugubre nella chiusura del paragrafo introduttivo (1) un cliffhanger nella chiusura del seguente (2) tantissima azione muscolare nel terzo (3) e un colpo di scena nel quarto (4) nel quinto un secondo colpo di scena, assieme a lunghi dialoghi didascalici, purtroppo ineliminabili (5) e un ultimo colpo di scena finale nell'ultimo paragrafo (6).

Giorno (3). Scrivo nel pomeriggio i primi 3 paragrafi, con l'aiuto di troppo caffè. Il protagonista è un bianco, maschio, adulto, militare. Per uscire dallo stereotipo, lo invecchio fino a trasformare la moglie in un'adorabile nipotina e lui in un nonno veterano dell'esercito.

Giorno (4). Scrivo al pomeriggio e alla sera gli altri 3 paragrafi. Il racconto mi sembra filare, ma sono più di 50000 caratteri, non esattamente i 27000 del bando!

Giorno (5), mattina. Assatanato, riscrivo i primi 3 paragrafi, economizzando su azioni e descrizioni, lasciando pertanto esposta un'orribile quantità di dialoghi. Piango in particolare per aver tolto l'inutile, logorroica e onanista descrizione dell'omino del gas che accende i lampioni in stile art nouveau... Visto che me la sento, scrivo anche duemila parole per un altro progetto in corso.

Giorno (6), pomeriggio. Termino i tre paragrafi restanti, ma pur tagliando sul materiale con la delicatezza di una forbice assassina, mi restano fuori 5000 caratteri. Una breve pausa diventa ancora più breve quando leggo sui gruppi di genere italiani che ora il problema delle case editrici è che pubblicano “troppi libri” (?). Torno subito al lavoro, depennando diverse righe di dialogo in cui il nonno si accendeva la pipa.

Giorno (7). Decido di tenere alcune porzioni forse superflue alla trama, ma di grande effetto “visivo” sul lettore. Taglio invece a tal punto il paragrafo 4 e 6, che ora risultano la metà degli altri. Dopo aver stampato il racconto, mi accorgo che manca una virgola al paragrafo 5 e che ci sono diverse ripetizioni fastidiose nel finale, un po' affrettato.

Giorno (8) Passo il racconto a un mio collega per avere un'opinione su quanto sia comprensibile. Ho usato l'evidenziatore sulle tematiche del concorso, ma è un conto è quanto immagino nella mia testa, un altro è quanto ci vedono i lettori...

Scrivendo queste tappe in effetti il processo sembra molto più lungo di quanto mi sia sembrato. Dovete considerare che tranne il venerdì, ero sempre all'università o sul treno, dove difficilmente posso scrivere granchè. Vi sono poi alcuni lavori dilima” che trovo tremendamente noiosi – la scrittura e la rilettura delle parti rimaneggiate per il limite di 27000 caratteri, controllare che i nomi siano sempre corretti, scegliere se usare nomi simbolici o “parlanti” (fosse per me chiamerei i miei protagonisti con nomi a caso dall'albo telefonico), controllare che non vi siano paradossi, eliminare tutti gli avverbi ecc ecc

Comunque, scaduto a maggio il concorso pubblicherò il racconto qui, in modo che possiate giudicare cosa secondo voi funzionava e cos'ancora più importante cosa non funzionava...  

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