La libreria come
negozio non mi interessa da tanto tempo. Come con l'automobile e le
annesse rivendite e officine, trovo che siano luoghi anacronistici:
non ho, nella maggior parte delle volte, alcun stimolo a comprare.
Questo non impedisce alle librerie di essere vive&vegete: solo,
razionalmente discutendo, non trovo alcun vantaggio nella libreria
tradizionale.
Se la libreria come
negozio non mi interessa, non è nemmeno per colpa degli ebook. Se
valuto di tanto in tanto i miei (radi) acquisti mi accorgo di
comprare ancora libri cartacei al 50% coi libri elettronici.
Soltanto, i primi provengono d'altri fonti. Innanzitutto,
considerando che la saggistica esiste solo via cartacea (tranne che
per le aborrite copie pirata) devo ordinarla via Ibs, o Amazon,
perchè se la cerco in libreria si rifiutano di ordinarla additando
scuse pietose, o mi arriva dopo mesi e mesi (davvero, non capisco
perchè: a casa non aspetto più di due settimane, di solito).
Per tutto il resto, le
rigatterie forniscono gli stessi testi delle librerie, ma al decimo
del prezzo. Mi ha davvero impressionato, negli ultimi cinque anni,
quanto si sia decuplicato il commercio in quel settore. Togliendo
anche le eredità libresche dei defunti, di cui i figli preferiscono
sbarazzarsi, rimane comunque un'incredibile massa di romanzi.
Finalmente le persone sembrano aver abbandonato ogni remora nel
confronto dell'oggetto-libro, che è “brutto” vendere, buttar
via, riciclare ecc ecc
Al contrario, constato
giorno dopo giorno un via vai di cittadini ansiosi di fare finalmente
spazio in casa, sbarazzandosi di quanto fino a dieci anni fa erano
considerate preziose “reliquie”.
Senza accorgermene sto
anche omettendo le biblioteche, che continuano a fornirmi la maggior
parte dei testi, specie relativi all'università e alla saggistica
storica. Una grande vergogna che feccia come il sottoscritto osi
leggere libri gratuitamente in biblioteca, me ne rendo ben conto:
probabilmente, per la mentalità dei talebani capitalisti, volersi
istruire senza avere alle spalle lo spazio e i soldi per comprare
ogni singolo libro che si voglia leggere è un abominio... una
distanza incommensurabile dall'atteggiamento anglosassone (o del
resto dell'Europa, in effetti) dove le biblioteche formano i lettori,
li creano ex novo e dove sono gli scrittori in primis a
offrire i loro romanzi alle biblioteche, consci che un lettore che ha
letto gratis i tuoi testi in biblioteca ti andrà a cercare in
libreria all'uscita dei tuoi prossimi romanzi/saggi/fumetti...
Tornando alla libreria,
la visito spesso come luogo, più che come negozio. Le grandi catene
sono ottime in casi del genere, il senso di spaesamento e i grandi
scaffali che tanto inorridiscono i clienti affezionati mettono a
proprio agio. Dipende immagino dal punto di vista, c'è chi vuole
farsi notare e chi no e nel mio caso preferisco starmene in pace a
sfogliare qualche libro, piuttosto che sentire il fiato del commesso
sul collo. In tal senso, le grandi librerie (ad esempio a più piani,
o all'ultimo piano di un centro commerciale periferico) sono
perfette.
In queste occasioni è
difficile non osservare gli altri clienti. Ad esempio, è
interessante che come ogni infrastruttura sia pubblica che privata a
Trieste, la condizione minima per avere successo è allegare un bar
al negozio. In sostanza se a Trieste sai offrire uno spritz puoi
avere speranza di vendere il doppio, se non il triplo. Triste, ma
vero, basta constatarlo dalla libreria Lovat.
Inoltre, le poltroncine
per la lettura sono controproducenti: i visitatori si piazzano lì
con panini e amici (amici paninari?) e non si spostano. Almeno con un
bar è possibile legalizzare questa situazione, ottenendone dei lauti
ricavi.
And less money! |
Tuttavia, quello che mi
perplime di più sono gli acquisti. Davvero, non ne capisco il senso.
D'accordo chi chiede
l'ultimo autore mainstream, l'usuale armeno/iraniano/cinese che
racconta storie “vere” o chi compra il solito tormentone
italiano. Al di fuori di questi casi, però i libri maggiormente
richiesti sono i classici. Calvino, Manzoni, Verga, Svevo e ancor più
gli stranieri, da Dickens a Tolstoj, a Twain, a Melville, a Poe.
Autori che ritengono tutt'altro che ammuffiti, specie se trattiamo
gli stranieri e che sono contento di vedere comprati così di
frequente.
Come dicono i blogger guru, “segnale incoraggiante!”
Eppure, se anche
eliminiamo gli studenti che li comprano perché li richiede la
scuola, c'è un largo numero di giovani clienti che compera classici.
Ora, ha senso comprare
un classico in libreria?
Non molto. In primo
luogo, per molti di questi autori sono scaduti i diritti d'autore e
nella loro lingua d'origine sono disponibili gratuitamente, su
Gutenberg e simili.
In secondo luogo, gran
parte dei classici sono privi di un apparato bibliografico decente,
non hanno note a piè di pagina esplicative, non hanno introduzioni
degne di quel nome... sono nudi, materiale grezzo che pertanto sarà
difficile il lettore apprezzi. Ironicamente, ogni edizione decente
rientra nella già nominata saggistica di cui le librerie non
dispongono mai...
Le librerie di scarto
che vendono libri usati (di solito la fase precedente alla chiusura),
le rigatterie e le già nominate biblioteche hanno tutte gli stessi
classici che trovate nelle librerie normali: non c'è davvero
differenza, può migliorare la traduzione, ma un Manzoni resta un
Manzoni, diamine.
Ho trovato in
rigatteria classici venduti a un euro della stessa edizione che a due
isolati di distanza veniva venduta a 12, 15 euro. L'unica palpabile
differenza era che il libro della rigatteria si trovava buttato in un
angolo, spiegazzato e nascosto, mentre il classico (identico) della
libreria era in bella vista sullo scaffale. Se ovviamente vi “fa
senso” possedere libri usati è un altro discorso...
La faccenda diventa
grave se si considera che gli scrittori a tempo pieno dipendono dalle
vendite dei loro romanzi per vivere – da quel poco che arriva loro
tolti gli intermediari e le tasse.
Un cliente che compera
un classico a prezzo pieno, consapevole o meno che potrebbe trovarlo
a prezzi inferiori, danneggia l'autore vivo.
Si compie una scelta:
comprare un libro di un morto da molti anni, per ingrassare nel
peggio dei casi organizzazioni di “tutela” piuttosto abusive, che
mirano più a preservare la loro gallina-zombie dalle uova d'oro che
ad aiutare davvero. La Tolkien Estate è un ottimo esempio. La
libertà che godiamo nei confronti del pantheon “free” di
Lovecraft l'ha forse danneggiato, l'ha rovinato, ha impedito studi
accademici? Tutt'altro, certo c'è stato molto ciarpame ma anche
numerose gemme e tanta saggistica che altrimenti non avrebbe trovato
finanziamenti dall'alto e acquirenti dal basso. Non sono nemmeno
scomparse le organizzazioni e i gruppi di appassionati eruditi.
Lecito chiedersi quale meraviglie potremmo ottenere se da un morto
quale Tolkien levassimo finalmente ogni diritto.
Se una persona vuole
spendere quindici euro in un libro e li spende per un classico di una
casa editrice grande ha sprecato i suoi soldi. Oh certo, sul piano
materiale ha il libro, ha un classico, un oggetto di carta che gli
durerà tutta la vita ecc ecc
Sul piano però delle
ripercussioni del suo acquisto, i quindici euro andranno oltre che
alla libreria a un autore morto. Ovvero dispersi nel nulla.
Si faccia attenzione:
ho scritto casa editrice grande. E' ovvio che una ristampa di un
autore di nicchia è un acquisto lecito, così come di un autore
raramente tradotto.
Tuttavia, non sono casi
che capitano: i classici che vedo acquistare non hanno spiegazioni e
sono i soliti, dannatissimi soliti. Sono ripeto, ottimi libri, che
anch'io apprezzo: vedere però incolonnate in fila dieci copie de Il
Barone Rampante per i soliti studenti delle medie... che business
malsano.
Lo insegna anche la
storia, ci fanno le battute gli insegnanti di lettere. Si diventa
famosi solo dopo la propria morte. Oppure: alla morte aveva segni di
denutrizione, ha sempre vissuto in povertà perché nessuno
l'apprezzava, ha fatto successo solo successivamente, se avesse avuto
una vita più stabile forse che, se l'avessero pagato ecc ecc
Non si realizza mai che
questo vale anche oggigiorno.
Se vi sono autori che
giudicate buoni e che sono in vita, supportateli. Se siete tra chi
compera i classici a prezzo pieno, vi svelo un segreto: potete
comprare quel romanzo di quell'autore vivo nella libreria e nel
contempo avere quella fila di classici mammuth per impressionare i
vicini dal rigattiere, su Internet, o dalle librerie di seconda mano.
E se siete studenti, allora comprate il dannato fumetto indie invece
di leggerlo online e prendete invece a prestito l'ennesimo Italo
Calvino richiesto dal professore. Due in uno, vi assicuro che è
facile.
E sopratutto, tornerei
sui quindici euro ex novo in libreria. È quello il problema, non la
pirateria.
Sono chi spende per
acquistare libri morti di autori morti di case editrici zombie il
problema.
La sfida è comprendere
che si può avere sia il classico che il nuovo, dando prevalenza a
chi è ancora vivo e può beneficiare dei nostri soldi.
Che sia difficile non
c'è dubbio, perchè implica investire i propri risparmi pensando
prima dell'acquisto. Una cosa niente affatto logica, cui uno deve
arrivare per suo conto. Io mi sono accorto da quando ho iniziato a
frequentare Kickstarter quanto influenzi il “singolo” o meglio i
piccoli gruppi (venti, trenta persone) a livello di produzione di
massa e d'influenza decisionale. Basta poco.
Se andrà poi male e mi
maledirete, potrete sempre accodarvi dal rigattiere e rivendere tutto
lì.
Sappiate però che al
confronto con le nuove uscite e la saggista, proprio i classici sono
valutati poco o nulla... L'ironia, eh?
7 commenti:
Mi trovo d'accordo con il pensiero finale. Il supporto è davvero importante per mandare avanti ciò che si ama...
"Hai letto il libro?"
"Certo: la Bibbia. Ne servono forse altri?"
:-D :-D :-D
Bel pezzo, che condivido parola per parola. In linea teorica.
Ma, per quanto io sia consapevole che la bibliofilia, di questi tempi, è considerata una perversione peggiore della zooerastia, devo fare coming out: "Io non leggo soltanto. Compro libri forte".
Spendo un bel po' in cartacei e se potessi permettermelo spenderei anche di più. Compro saggi in inglese su Amazon (testi che non hanno in biblioteche a Trieste: e il prestito interbibliotecario è un disastro, e costa); compro "i classici", che però cerco sempre in un'edizione degna di questo nome (in passato ho comprato qualche Calvino di quelli che infestano le librerie come la gramigna, ma poi ho preso i meridiani ed è finita lì, e così con altri autori); compro libri di autori contemporanei (meno di quanto vorrei, ma questo per motivi "accademici").
Quanto agli ebook, ne compro pochi e ne leggo ancora meno. Non sono un detrattore e sono perfettamente in grado - lo specifico perché è questa l'accusa che viene spesso mossa a chi non legge ebook - di distinguere l'"oggetto libro" dall'opera che contiene. Ma farei molta fatica a convincere i miei occhi ad aumentare ulteriormente il tempo che trascorrono davanti a uno schermo. Appena possibile, però, mi piazzo su una panchina assolata (al "Giardino Pubblico", specifico, sapendoti triestino) e li lascio ferire dal riflesso della pagina bianca e dallo sfocare dei caratteri. Che dire? Perversioni anche queste.
Per non parlare del fatto che i miei libri sono sempre pieni di segnalibrini adesivi annotati, che poi, con cura, finito il libro, tolgo e di cui rendo conto in un file apposito dove non ho mai mancato di "recensire" un libro letto, dal 2008 a oggi. Con gli ebook, tutto ciò mi riesce difficile.
Perversioni, sì, me ne rendo conto.
Che dire poi del fascino di acquistare un libro usato, dell'odore delle sue pagine ingiallite sotto il sole di una bancarella o appena appena intaccate dall'umidità di un magazzino, dell'enigma di un ex-libris barocco o meramente biblioteconomico? Svanisce non appena, ad ornamento di una 'f' o quasi al limitare della pagina, si indovinano archeologie di biscotti e caffé consumati trent'anni prima, di raffreddori di gente ormai morta e sepolta.
Veniamo infine alle biblioteche. Fortuna che esistono, altrimenti vivrei - con una sterminata biblioteca personale - sotto un ponte. Ecco, per sopravvivere a me stesso lettore e bibliomane, dovrei lavorare in una biblioteca. Far spendere soldi pubblici per i libri e prestarli con un sorriso invasato. Come sanno gli amici che vengono a casa mia, a cui tento sempre di rifilare qualche volume in prestito.
Curioso, ho abitudini molto simili alle tue - evito ormai le librerie, compro su bancarelle, online e ebook, i libri che davvero mi interessano sono quasi sempre fuori catalogo o lontani dalla grande distribuzione. Eppure davvero non riesco ad approvare la conclusione sul non comprare autori morti in libreria. Un classico è un classico, a 1 euro sulla bancarella o a 15 sugli scaffali, e chi lo compra credo che non scelga in alternativa al giovane vivente, non credo che stia sottraendo soldi a nessuno, né spendendo particolarmente male i suoi. Piuttosto osservo con disappunto il crescente aumento del prezzo dell'usato e dei remainder, che almeno a Torino spesso si avvicina al costo del nuovo. Questo per me non ha davvero senso.
Io ho smesso quasi completamente di comprare libri cartacei, soprattutto per motivi di spazio. La mia libreria (intesa come mobile) ha un volume limitato, casa mia ha una superficie finita (come lo sa molto bene l’agenzia delle entrate) e più di tanti libri non ci possono stare. Ben vengano quindi gli ebook; anzi sto regalando via tanti cartacei, se vuoi te ne regalo un po’.
Le Biblioteche le ho sempre evitate a causa di brutte esperienze precedenti: gente stupida e ottusa che seguiva regolamenti stupidi e ottusi. E non mi permettevano di girare liberamente per gli scafali.
Ma il punto del tuo post è la gente che compra a prezzo pieno libri di gente morta. Non penso che sia la fine del mondo. Si vede che hanno valutato quell’acquisto più interessante di quello di un autore nuovo. È anche ragionevole. I classici sono quelli, si sa cosa si va a prendere. Riguardo gli autori “vivi”, bene o male o si seguono le mode o si rischia. E tanti non vogliono rischiare, perché rischiare vuol dire sprecare tempo e cervello, elementi che spesso mancano.
Sì, ci sono delle alternative all’acquisto di un volume nuovo di un autore morto: Gutenberg, ma qua passiamo da cartaceo a ebook, che magari è un passo troppo audace per certe persone. Libri usati? Sono sempre stato un grande “minatore” di librerie dell’usato, antiquariato e cantine varie, ma anche qui non fa per tutti. Soprattutto non in una città di fighetti come Trieste.
@Marco Grande Arbitro
Difficile far strada senza dei sostenitori (il “supporto”), ora più che mai...
@Alessandro Forlani
E' noto che non servono altri libri, la Bibbia ha tutte le risposte. Circa. Se sei americano. E repubblicano. E vivi nella Bible Belt. XD
@Timetrapoler
Occorre considerare quando si discute di libri e librerie personali che il libro cartaceo occupa spazio e gestire una libreria “in casa” richiede tempo e organizzazione che pochi possiedono.
Non credo che avrei potuto leggere quant'ho letto alle medie e alle superiori se non fosse stato per le biblioteche.
Certo, non voglio dire che con gli ebook chi abita in case minuscole inizierà subito a crearsi una sua biblioteca "virtuale" cui invece aveva rinunciato per problemi di spazio. Anzi, di solito meno si legge più si privilegiano i libri “solidi”, ma questo è un discorso ormai vecchio...
Preferisco Villa Engelmann, ma si va a gusti, purtroppo nelle belle giornate d'estate i giardini sono pieni di mostriciattoli altrimenti chiamati “bambini” che pretendono di divertirsi, è problema grave... >_<
Il fascino della pagina ingiallita è sopravvalutato... specie se si hanno problemi di tubature e umido in casa. Ma posso capirlo, è infatti l'invito dell'articolo: comprare a prezzo pieno gli scrittori “vivi” o le piccole case editrici e conservare l'amore per i classici e il cartaceo “monumentale” alle rigatterie o alle svendite.
@Senzapre7ese
Benvenuto sul blog!
E' vero che un autore che compra un classico non è detto che sia anche interessato all'autore “vivo”. Può essere che compri solo classici e basta.
Mi dispiace che a Torino ci siano simili prezzacci, almeno dalle mie parti godo di una certa scelta in fatto di vendite di libri (mi rendo conto solo quando vado fuori regione, di quanto certe città siano avare di librerie e affini)
LorenzoD
Abbiamo l'identico problema per quanto riguarda lo spazio per i libri... preferisco ormai prendere il fumetto o il saggio cartaceo e accattare l'ebook per il romanzo.
La Biblioteca Quarantotto Gambini permette di gironzolare quanto si vuole... dipende negli altri luoghi dal funzionario di turno: c'è chi cerca i libri e te li porta anche, così come chi sa rispondere solo “cerchi su internet” a qualsiasi richiesta.
I clienti valutano l'autore “morto” più dell'autore vivo, perchè il primo - nel suo grosso&imponente formato cartonato - fa bella vista sullo scaffale. Non è il contenuto che premiano, è solo l'idea di possedere un “classico”.
E' l'atteggiamento, da fighetto per l'appunto, di chi legge Nietzsche in pubblico senza palesemente comprenderne nulla (magari nelle edizioni Bonsai contro cui mi ero già scagliato in precedenza http://zenosaracino.blogspot.it/2013/09/i-libri-noccioline-della-collana-live.html) o tira fuori L'Arte della Guerra di Sun Tzu senza nemmeno saperlo collocare temporalmente.
Grazie per l'accoglienza. :-)
Chiarisco soltanto che a Torino c'è una grande concentrazione di librerie, remainder, bancarelle, spesso a pochi metri l'una dall'altra. E sono luoghi bellissimi, difficili da distinguere dalle gioiellerie o dalle altrettanto magnifiche cioccolaterie. Il problema è che è anche difficile distinguere i prodotti che vendono dal prezzo...
Credo che la tendenza nell'usato sia uniformarsi al prezzo del web, dove su un titolo nuovo da remainders risparmi il 30-50%. Mentre i classici a 1 euro di cui parli ci sono, ma in edizioni ignobili, con traduzioni dei primi del '900. E' chiaro che se posso comprare il classico in Einaudi mi butto su quello, anche se nuovo.
(E comunque ripeto: mi sono anch'io convertito all'ebook).
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