mercoledì 18 febbraio 2015

Un gioco hipster: Life Is Strange (episodio 1)


Non ho mai compreso la paura delle imitazioni in campo artistico, che siano narrative, videoludiche o cinematografiche. Se uno certo stile, un certo argomento diventano mainstream, si moltiplicheranno inevitabilmente le opportunità di prodotti originali e ben fatti. Nella massa delle imitazioni scadenti quella minuscola percentuale di prodotti innovativi e ben fatti non è da sottovalutare. E va da se che maggior successo reclama la moda, maggiore sarà la percentuale di prodotti ben fatti. Se vanno forte i vampiri, senza dubbio verremo inondati di ciarpame e schifezze, ma tra queste avremo finalmente dei buoni prodotti. Un film sull'argomento dopo anni che la produzione ristagnava, un romanzo dopo decenni che l'attenzione del soprannaturale era fissa altrove. Certo, questo non eliminerà Twilight e le sue imitazioni, ma non si può nemmeno negare il loro ruolo di “apripista” che sollecitino l'attenzione di produttori e clienti.
Per evitare fraintendimenti, lo ripetiamo: imitare non basta. Le imitazioni non piacciono a nessuno e neppure i plagi sfrontati. Tuttavia la pura imitazione è davvero rara. Anche nelle più becere operazioni commerciali, si preferisce variare degli elementi, aggiungere una variazione alla consolidata struttura di base. Nel campo dei videogiochi, Lords of Fallen era un chiaro plagio di Dark Souls. Eppure aggiungeva del suo alla miscela giapponese, non sono nella grafica, ma nella stessa curva della difficoltà, addolcita quant'era giusto. Un voto basso lo meritava per l'astronomica quantità di bug, ma certo non per aver osato imitare Dark Souls.


Ugualmente il gioco di oggi, Life Is Strange, nasconde davvero a stento d'aver imitato stile&scelte morali che hanno (giustamente) reso famosa la saga della Telltale. The Walking Dead, Game of Thrones... La Telltale sembra essersi specializzata in questo genere di produzioni, dove l'avventura grafica vira sull'emotivo strappalacrime, con una struttura di scelte volutamente lancinanti.
Life Is Strange, in apparenza, sembra riprendere proprio questi elementi. 
E' un'avventura grafica post avventure grafiche, dove non esistono indovinelli ostici e abbondano invece dialoghi e scelte che impattino sulla trama. Tuttavia, questi elementi vengono in Life Is Strange a tal punto mescolati, a tal punto migliorati che il modello Telltale sbiadisce all'orizzonte.
La principale ragione sta nell'aver costruito un videogioco che è un vero videogioco, non solo video interattivo: gli ambienti sono esplorabili, il controllo sulla fragile protagonista esiste, la sensazione del giocatore/trice di controllare il mondo che lo circonda è piuttosto forte. Si può tranquillamente dire che l'allievo, la Dotnod Entertainment, ha superato il maestro, la Telltale.

Partiamo dalla protagonista, che immersa nel mondo dell'adolescenza è un personaggio finalmente libero da certe convenzioni che vogliono la donna nel videogioco “tosta&gnocca” per relegarla poi a comprimario, ricompensa o tappezzeria.
D'altronde, il primo Lara Croft usciva nel 1996. Tempi duri, dove farsi accettare era un affare difficile. In videogiochi come Duke Nukem il testosterone sembra letteralmente gocciolare dallo schermo, mentre Doom già dall'uscita presenta mod per tappezzare di manifesti pornografici i corridoi infestati. (1) Per sopravvivere in un ambiente del genere occorrono una coppia di pistole e una taglia di seno (esagonale) abbondante, altrimenti addio vendite e addio protagonista femminile.
Tempi incivili, che molti rimpiangono.
Certo non il sottoscritto, che è invece felicissimo di giocare finalmente con una protagonista “normale”. Maxine non è né una furiosa killer senza paura, né un piagnucoloso pacco-regalo al termine di una quest di bassa macelleria, pronta per essere recapitata al mittente-cavaliere.
E' semplicemente una ragazza liceale, con i suoi difetti e tutto il suo essere “normale”, per quanto può ovviamente consentirlo la finzione. Non a caso i recensori hanno faticato a definirla, avvicinandola per età a Ellie di Last of Us, ma precisando che le manca il carattere forte di quest'ultima. In campo videoludico in realtà il range di personaggi femminili a cui fare riferimento è talmente ridotto (al di fuori degli Rpg) che provare a fare paragoni evidenzia solo la povertà del settore. Quindi segniamoci la data sul calendario coll'evidenziatore fluorescente, finalmente dopo anni siamo arrivati a una protagonista femminile che è un essere umano e non un'appendice del protagonista maschile o in alternativa delle fantasie del giocatore maschio che via joystick la comanda.


Certo, questo non vuol dire che Life Is Strange sia un videogioco perfetto.
Probabilmente l'aggettivo che ho sentito più di frequente attribuire a Life Is Strange è “hipster”.
Indubbiamente ci sono molti elementi che sembrano sottolinearlo: la protagonista usa una Polaroid vintaggiosa, dichiara in un battuta di esser nata fuori tempo, nel periodo storico sbagliato.
Canzoni hipster di gruppi hipster partono nei momenti hipster della storia.
E nei personaggi di Life Is Strange come nella grafica pennellata, c'è una chiara impronta schizzinosa, un retrogusto sgradevole di puzza sotto il naso.
Maxine vorrebbe essere hipster, vorrebbe essere originale. Persino nell'interfaccia comandi le informazioni e la storia sono raccolte nel diario di Maxine, peraltro con una soluzione originale e molto … emh... Hipster!
La stessa protagonista e gli stessi comprimari spesso scherzano su un certo nostalgismo retro, scusandosi dei loro rimpianti idealizzati. L'amico nerd di Max, Warren, la invita a un drive-in, a mangiare una pizza guardando un film su un'automobile scassata degli anni ottanta. In risposta, Max gli fa osservare che i drive-in erano una moda di trent'anni fa e seccamente gli chiede di smetterla di vivere in un decennio ormai scomparso. Nel corso dell'avventura numerose volte l'uso della Polaroid contrapposta alle moderne macchine fotografiche genera osservazioni sarcastiche.
Max si sente di vivere nel “tempo sbagliato”, ma paradossalmente nel gameplay è un tempo che può liberamente riavvolgere!
Probabilmente nell'idea dei designer e sceneggiatori Maxine è una ragazza del 21' secolo come tante, alle prese coi problemi della vita di ogni giorno.
Un po' insicura, un po' hipster, un po' vecchio stile.


Tuttavia, qui sorge l'inghippo.
Perchè a un'attenta osservazione e gameplay, in realtà non è la protagonista a essere fuori moda, è l'intera ambientazione. Max si sente di appartenere a un'altra epoca, una fotografa analogica nel mondo digitale: tuttavia è l'intero setting a risultare fuori posto.

I genitori le scrivono per dirle che adesso che è stata ammessa al college, potranno risparmiare di più. Ma nella realtà l'ammissione a questo genere di scuole private se non si è facoltosi è uno stillicidio di denaro che manda la famiglia sul lastrico, per un diploma rapidamente surclassato, ridotto a poco meno che carta straccia.

Maxine Caufield frequenta una prestigiosa scuola di fotografia. La sua professione futura, la sua passione: la fotografia. Grazie a una saggia mescolanza di metodi antichi e moderni, i professori della scuola insegnano la nobile arte della fotografia. Piccolo inghippo: la fotografia come lavoro è praticamente scomparsa. Nessuno ti paga più per fare il fotografo. Lavorare professionalmente in quest'ambito non è difficile, è pura utopia. Come tanti altri lavori, dal giornalista allo scrittore, la massa di volontari-che-lavorano-gratis e la diffusione di macchine a basso prezzo ha “mangiato” la professione. In altre parole, Maxine Caufield vive in una dimensione alternativa.

 Un'amica di Max sta pilotando un drone giocattolo nel cortile scolastico. Al suo rifiuto di lasciarcelo pilotare, riavvolgiamo il tempo, scopriamo la marca del drone e la impressioniamo a tal punto da lasciarci i comandi. Maxine confessa che è molto interessata ai droni, perchè permettono “bellissime fotografie aeree”. Peccato che nel mondo reale i droni servano a bombardare civili inermi a chilometri di distanza con missili Hellfire. La diffusione dei droni nel mercato hobbystico e dei giocattoli è un banale tentativo di normalizzare una tecnologia che alla gente (giustamente) non piace. Altro che fotografie aeree...

Ad una certa intersezione di gameplay, vediamo Kate Marsh, una nostra compagna di classe, sotto pressione da un agente di polizia particolarmente violento. Possiamo scegliere se aiutarla o scattare una fotografia. Se scattiamo una fotografia non succede nulla, se non due paroline irate del poliziotto in questione. Nella realtà il poliziotto avrebbe preso testolina&Polaroid di Maxine spaccando entrambe e sequestrando la foto. Nessun coraggioso dialogo alla “Io conosco i miei diritti!”.

E che dire dell'amico nerd? Pulito, magro, dalla parlantina facile. Il suo essere “nerd” o “geek” non sembra risolversi altro che nell'avere buoni voti nelle materie scientifiche e in facili riferimenti pop. Nella vita reale tuttavia, un nerd senza occhiali e sopratutto senza fissazioni monomaniacali semplicemente non è un nerd. L'idea poi che si azzuffi col bullo della scuola senza fuggir via al primo accenno di pericolo semplicemente non esiste.

Verso la fine di questo primo episodio, Maxine conosce la sua amica delle medie, con cui aveva interrotto ogni rapporto trasferendosi a Seattle. Nel frattempo “inserire tossicchiare imbarazzato”, l'amica è diventata una ribelle. In cosa consisterebbe questa ribellione? Non è molto chiaro.
Ha dei tatuaggi... Ohh! Fuma canne... Ascolta musica “dura”... C'è un po' di violenza domestica... Tutto qui, davvero. Questa non è una ribellione, è solo una fase dell'adolescenza. Vi sono genitori che si preoccupano se non emerge nei figli.

Forse avrete intuito cosa intendevo a proposito dell'inghippo che intralcia una narrazione altrimenti molto buona. Vogliamo altri esempi? Kate Marsh, una delle compagne di classe di Maxine, è una fanatica devota cristiana, che viene pertanto presa in giro dalle bulle della classe. Derisa, bersagliata di pezzettini di carta, maltrattata. Tutto molto bello se non fosse che nella vita reale succede l'esatto contrario, con buona pace di chi addita la figura mitologica del cristiano “in minoranza”.

Una tazza di te? Subito!
Senza dubbio ho un po' giocato su questi contrasti, evidenziandoli e cercando di mostrare in un certo senso lo straniamento che ho sentito. Sono, se volete, forzature. Il videogioco in questo primo episodio è buono, sia nella storia che nelle meccaniche. Tuttavia c'è un senso di estraniamento che probabilmente sarà mio, personale.
Life Is Strange per quanto mi riguarda non è un videogioco ambientato nel 2014: è un videogioco ambientato nel 2005, nel 2002, nel 1999. E' un gioco che vorrebbe una protagonista hipster ma si ritrova hipster egli stesso. Ragionamenti e scelte che compie sono pre-crisi economica. In effetti sono, per certi versi, l'immaginario che una ragazza potrebbe avere alle superiori.
Ma considerando il suo senso di nostalgia magari è proprio quanto desideravano gli sviluppatori...

(1) Cito dalla nota a piè di pagina 29 del testo Bioshock. In nome del padre, di Filippo Zanoli, pag. 32.
Inutile tentare di negare che l'elemento pornografico ed erotico all'interno di Duke Nukem 3d fosse uno dei punti di forza del prodotto. (...) Sulla medesima falsariga fece scalpore il mod di DOOM chiamato PORNDOOM che sostituiva tutte le texture del gioco con foto esplicite a bassissima risoluzione. 

2 commenti:

Marco Grande Arbitro ha detto...

Mi hanno parlato molto bene di Life Is Strange, ma non ho avuto mai l'opportunità di provarlo.
Seguirò i tuoi post :)

Coscienza ha detto...

Provalo, provalo che la grafica è leggera e non impegna tanto tempo :-)