sabato 1 dicembre 2012

Vomito ergo sum. Dalla Cina all'Italia.


Non sono un orientalista, ma risulterebbe quantomeno spiazzante negare nella storia dell'oriente l'estremo influsso e importanza della Cina. E' possibile rintracciare isolati focolai d'inventiva in Giappone, in Corea e nel Sudest della Cina: ma sia per le dimensioni che per la precoce centralizzazione, la Cina riveste un ruolo fondamentale. Il flusso di tecnologie e colture e animali d'allevamento si muove dalla Cina al "fuori" abitato dai barbari, e per secoli e secoli i popoli confinanti, quando riuscivano a mantenere un esiguo livello d'indipendenza, accettavano e imitavano i "cinesi", questo multiforme caos d'etnie unificato in un unico popolo per volontà ferrea di un'infinita serie di regnanti inflessibili. Già i primi reperti scritti del I millennio a.C. mostrano un senso di "razzismo" e disprezzo nei confronti delle popolazioni confinanti, generalmente appellati come barbari che mangiano carne cruda, non si legano i capelli e si coprono di tatuaggi.* La Corea solo negli ultimi secoli ha infine abbandonato l'antiquato e inadeguato sistema cinese a favore del suo eccellente sistema di scrittura Han'Gul, mentre nel campo dell'agricoltura la superiorità di oltre 10000 anni d'evoluzione ha dominato per lungo tempo.
Importantissimo fattore, la Cina era ai primi posti nella gara alla tecnologia. Procedeva a passo di marcia, anzi cavalcava al galoppo più sfrenato: verso il XV secolo, nel periodo arbitrariamente definito come fine del medioevo, la Cina disponeva d'un formidabile pacchetto di tecnologie pronte alla conquista: la ghisa, la bussola, la polvere da sparo, la carta e la stampa solo per citarne le più note (e utili). I cinesi progettavano complicati viaggi fino alle coste orientali dell'africa, intrattenevano relazioni diplomatiche e commerciali con le maggiori potenze diplomatiche del tempo. Perché dunque quando nell'ottocento l'Europa spartì come una gustosa torta la Cina fra le varie potenze, ad affrontare le magnifiche ironclads a vapore non si ebbero intere flotte, ma solo povere navi in giunchi?

guerre dell'oppio: grazie alle quali la regina vittoria divenne fra le più grandi pusher della storia >_>


Nell'intervallo fra 1440 e 1453 abbiamo resoconti di ben sette grandi spedizioni, mirate al contatto e l'esplorazione con Africa orientale, l'India e con ogni probabilità in futuro mirate alla circumnavigazione del capo di buona Speranza, come era già nelle intenzioni del Portogallo.
E quindi? Perché i cinesi non ci raggiunsero?
E' presto detto: lotte di potere, e in definitiva, beghe burocratiche. Nell'immensa regione che prendeva il nome di Cina, la politica veniva gestita da due opposte fazioni di corte: gli eunuchi e i loro avversari. Gli eunuchi mostrarono negli anni grande favore nei confronti della tecnologia, incoraggiando ogni sforzo possibile in questa direzione: dobbiamo alla loro dinastia illuminata filatoi e orologi ad acqua, bussola e navigazioni transoceaniche. Ma nel XV secolo gli eunuchi persero terreno, e i loro avversari presero le redini del potere. Per riflesso, la nuova dinastia risultava interessata poco alla tecnologia meccanica, sgradita eredità degli eunuchi  Ragionando col cazzo- è il caso di dirlo- la nuova fazione proibì le navigazioni transoceaniche, passando poi decennio dopo decennio a bandire selettivamente ogni innovazione tecnologica. Sparì un po' tutto, e assai velocemente! Nel XVI secolo, la Cina era tornata a livelli medievali, e cominciava un lungo, lunghissimo periodo di stagnazione culturale, economica e politica, caratteristica fondante di quella malattia dello stato chiamata Dispotismo assoluto.

nel libro- la guerra infernale- Robida profetizzava un'invasione cinese;
 le torture e le terribili immagini imho sono un buon riflesso di come sembrava la cina al visitatore occidentale,
 dopo oltre 5 secoli d'agonia

Simili regressi tecnologici possono venire rintracciati in altre nazioni, sebbene Mai con effetti così devastanti: ricordiamo il rifiuto del Giappone di archibugi e armi da fuoco, e il periodo di lungo isolazionismo che ne conseguì; o su scala minore l'isolazionismo statunitense nel corso delle due grandi guerre, spezzato solo nell'istante in cui chiaro era il corso del conflitto. O in ambito vittoriano, il netto rifiuto londinese di sostituire illuminazione dei lampioni a gas, con quelli elettrici. Piccoli casi, piccoli regressi.
Il motivo è spesso d'ordine culturale; ma nel caso più macroscopico, la responsabilità non è di ordine culturale, bensì burocratica. Fu per colpa di una generazione di cazzoni, se la Cina rimase indietro.
Fu nemmeno colpa in definitiva della dinastia regnante, bensì della burocrazia di corte. 
E scrivo burocrazia nel senso più denigratorio del termine, intendo sì, quell'ampia schiera di scarafaggi in cravatta e giacca che ci sommergono di cartacce e fogli, bolli e documenti.
In questo senso, il paragone fra Cina e Italia sorge naturale. E' dagli anni 90, che larviamo immobili nel brodo d'una burocrazia e politica asfissiante, lentamente annegando ogni istanza di progresso.
Esattamente come la Cina, ci stiamo aprendo le vene in piena autonomia, una goccia dietro l'altra. 
Non si può nemmeno dire che sia colpa nostra in fondo. Approfondendo il paragone, non ho scelto io l'attuale classe politica, e non cesso di chiedermi come si sia arrivati a una burocrazia così tragicamente inefficiente e confusionaria. I milioni di cinesi che obbedirono alla nuova fazione non erano burattini obbedienti, ma persone come noi; ma sotto lo stivale ferrato di un feroce dispotismo assoluto, il dissenso non poteva venire tollerato. Nel nostro caso invece la situazione è uguale diversa, in quanto viviamo in una dittatura economica democrazia. E d'altro canto, i regnanti presentavano questo regresso come ritorno alla tradizione; e chiunque abbia vissuto in Italia sa bene quanto pesante possa risultare il giogo della tradizione, della vecchiaia, della persona che ha ragione perché SI', perché avendo venti, trenta, cinquanta anni più di te- Ah! - allora è per forza più saggia. Chissà, forse è vero, forse no.
Certamente stando alle statistiche, sono gli anziani a preferire il normale, l'usuale, lo più sfrenato conservatorismo. E questo senza limitarsi alla politica, o alla cultura alta. Basti pensare al mondo dei romanzi o alla fantascienza; dove se fosse per loro la fantascienza sarebbe nient'altro se non una parossistica ripetizione delle astronavi e dei robot di Asimov, sopprimendo così il figlioletto cyberpunk, per non parlare dell'amato steampunk, bambino in culla che fra imitatori idioti e fanatici di questa fantomatica fantascienza "pura", è un miracolo sopravviva.

In conclusione, sia in Cina che in Italia, alimenta (va) il regresso l'accoppiata tradizione+burocrazia+classe politica ritardata. Senza trascurare un popolo ben disposto alla tradizione, addomesticato a dovere, pronto alla lamentela, ma alieno dall'azione.

Come si può spezzare questo continuo stato di stagnazione, perpetuo regresso che è l'antitesi più forte alla vita?
Risposta: non lo so.
Un articolo come questo è inutile, anzi dannoso. Ammesso che il lettore medio comprenda e superi l'iniziale introduzione storica e ammesso sempre che concordi con la critica avanzata, si sentirà soddisfatto e svanirà parte della sua frustrazione. Per non menzionare proteste e scontri, che sono fra le valvole di sfogo più efficaci per tenere sotto controllo una popolazione.
Si forma una protesta. Gli studenti urlano, stracci di bandiere di ideologie marcescenti e volgarizzate. Qualche scontro, qualche piccolo ferito. Ogni rabbia o preoccupazione si spegne lentamente. 
E intanto il regresso continua, inesorabile.

Alla Cina servirono cinquecento anni, prima di recuperare con scosse e improvvisi balzi il gap tecnologico. Aspetto decisamente più inquietante, come nel caso del Giappone, la spinta a uscire dallo stato di minorità che si era auto-imposta fu una spinta violenta, il traumatico incontro-scontro con le potenze occidentali. In altre parole, ne più ne meno che una guerra.
Dobbiamo sperare in un conflitto, affinché l'Europa, ma io aggiungerei anche l'America, progredisca di nuovo, bruci nuovo carbone sulle rotaie del progresso? Forse.
Un lettore attento a questo punto obietterebbe che una guerra già consuma l'occidente, ed è la guerra al terrorismo. Ma per quanto sia il primo a non essere ferrato nel vastissimo argomento, è impossibile non constatare come la guerra al terrorismo alimenti la fornace della guerra, ma senza sufficiente forza a produrre il vapore del progresso. In altre parole, a differenza della guerra fredda non scuote la stagnazione in cui siamo immersi, bensì consuma solo risorse e materiali.
A contempo una guerra fra potenze mondiali risulterebbe folle e apocalittica, e la popolazione non resisterebbe all'improvvisa escalation di violenza. Anche il progresso uccide.
In un mondo globalizzato, si perviene a una sola soluzione: un nemico esterno. Esterno nel senso che deve venire dallo spazio; in altre parole per quanto bizzarro sia, bisognerebbe auspicare un'invasione aliena.
La fantascienza in questo senso offre spesso esempi del genere. Mi viene in mente Impostor, dove la guerra contro gli alieni diventava nuova spinta propulsiva all'azione e alla ricerca. Ma sia nella letteratura che al cinema esistono maree di esempi del genere. 
Nell'epoca del villaggio globalizzato, un conflitto globale rivolto all'esterno è l'unica speranza possibile.
In altre parole, dobbiamo sperare nei marziani.



* Quest'ultima usanza è assai in voga nell'idiota adolescenza occidentale :-P

Fonti:
Armi, acciaio e malattie, di Diamond. Storia moderna, di Carlo Capra.
Libri di Robida sono presenti su Gutenberg, ma solo in lingua francese, da quanto ricordo.
Sull'invasione cinese, c'è qualcosa QUI (i deboli di stomaco farebbero bene ad astenersi...)
La soldatessa astronauta è tratta dal fumetto Heavy metal.

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