domenica 23 dicembre 2012

Giù nell'oscurità


Donne, dirigibili e brutti contadini: XIX

Sì, la parte della medicazione è fuffa allo stato puro, e sì m'intendo di medicina quanto un ingegnere di filosofia (cioè per nulla u_u)


- Ma tu... Sanguini! -
Katherina dilatò gli occhi, coprì fulminea con lo straccio insozzato di rosso il piede mutilato.
- Non sono affari che le competano questi, commissaria. Eppoi che ci fai qui? Ti avevo chiesto di restare sullo zeppellin! -
Kelly sollevò gli occhi al cielo, alzò le braccia nella caricatura di una muta preghiera.
- Sono la tua scorta, Katherina, il tuo angelo custode e il guardiano della tua anima, alle altisonanti parole di Rehinardt, se ancora te le ricordi! Se pensi di mettermi da parte così facilmente... Per... E questo che cazzo è? -
Kelly alzò lo stivale dalla massa di globuli putrescenti e sangue umano che insozzava il pavimento, raschiò la suola in un moto inconsulto. Fazzoletto sulla bocca, osservò il corpo squarciato del contadino. I tentacoli erano stati recisi uno a uno, accumulati con meticolosità in un angolo della baracca. Il rosa lucido del fiore di carne spirava in un nauseante bianchiccio.
- Più tardi – Aggiunse Katherina – Lo porteremo a bordo dello zeppellin per un più accurato studio. Ma adesso – indicò Enrico, che trafficava con un fuocherello da campo, bollendo del liquido rosso in un pentolino – Ho questioni un tantino più importanti di cui preoccuparmi, tua disobbedienza compresa -
- Il piede? - Kelly afferrò lo straccio, ingaggiò un brevissimo tiro alla fune con Katherina, che mollò dopo pochi secondi, rilassando la schiena sul muro della casa. Sospirò affannata
- Vedi almeno di non toccare la ferita – Chiuse gli occhi, sogghignò – angioletto -
Il dito primo del piede era partito, sfracellato fino all'osso dal colpo di fucile. Un rivolo di sangue nero usciva dalla voragine slabbrata dalla polvere da sparo. La carne viva pulsava. Senza sbattere ciglio, Kelly sedette sui talloni, e osservò la ferita con interesse quasi professionale.
- Ti sei sparata sul piede, cara? Vedevo spesso feritacce del genere, quando scortavo i plotoni nelle campagne terricole. Quegl'inutili cazzoni si sparavano su piedi o mani, fino a mutilarsi intere falangi, pur di non restare a combattere. -
- E funzionava? - Chiese Katherina, alquanto perplessa.
- No – Sogghignò Kelly – Un buon medico riconosce facilmente una ferita auto inflitta  i bordi orlati di polvere da sparo, slabbrati, la posizione stessa della ferita, la complicità dei compagni... Per punizione, mandavamo quei codardi a disinfestare i campi minati. - Scosse la testa, prima di controllare con dita esperte il laccio emostatico – Saltavano in aria che era un piacere guardarli! -
" E sarei io la sociopatica? " si domandò Katherina, prima di fare un cenno con la mano al sergente.
Per non sporcare l'uniforme, Enrico aveva ricavato un grembiule d'alcuni vecchi stracci, e in ginocchio a mescolare il vino rosso nella pentola ricordava una grottesca cuoca.
- Pronta? - Domandò Enrico, avvicinando il pentolino al giaciglio, e agitando un cucchiaio.
- Versa – sentenziò l'istante prima che le svanisse il coraggio. Non era la soluzione migliore per una ferita del genere e neppure una buona soluzione. Ma se non disinfettava al più presto, rischiava la cancrena. 
Katherina deglutì amaro al pensiero.
Il sergente annuì, prese un gran respiro e infilò il cucchiaio nel vino che bolliva. Avvicinò il mestolo alla gamba di Katherina, prima di ritrarre la mano tremante.
- Forse non è l'idea migliore che...-
- Enrico!? Hai idea di quanta cazzo di adrenalina abbia in corpo, in questo momento? Versa ebbasta! -
Il sergente esitò ancora, prima di bagnare la ferita con il vino bollente.
Katherina cacciò un urlo, inarcò la schiena in epilettica metastasi.
Sbattè le palpebre, ricacciò indietro le lacrime.
Piombo fuso versato sulla carne viva, piede come un tizzone ardente.
Contrasse le dita, polverizzò convulsa la paglia del pagliericcio.
Arpionò le bende con la mano, le srotolò controllando a stento le dita tremanti.
Avvolse un primo strato di bende pulite sul piede, prima di vomitare un rantolo di sofferenza.
Il dolore era atroce, al contatto del tessuto con la ferita. Al pensiero della carne, del sangue che si attaccava, si mischiava alle bende, le girò la testa.
Un tocco sulla spalla. Uno stringere rassicurante di guanto nero.
Alzò il viso, inquadrò lo sguardo di Kelly, colmo della stessa tenerezza di un bambino nei confronti del suo peluche preferito. - Tranquilla Kathy, faccio io -
Curò la ferita in ginocchio nello sporco della baracca.

L'entrata alla miniera ricordava una vescica in via di suppurazione, una lurida architrave di legno marcescente e metallo corroso. Katherina scrutò nelle tenebre della galleria, lanciò un sasso che rotolò lontano, con sinistri rintocchi. Dopo una discesa nell'insieme dolce, si poteva scorgere alla luce della torcia una brusca svolta, e una probabile, brutale discesa verso il basso.
Enrico lavorava di pala. Scostò con un grugnito un ammasso di macerie e rifiuti, portando alla luce un carrello da miniera, arrrugginito, ma intatto. Provò a spingerlo in avanti, le ruote scivolarono nei solchi dei binari con rassicurante cigolio.
- Possiamo usarlo per portare il carbone – Annunciò trionfante. - Tu, tu e tu! Voi spingerete il carrello. -
- Dici che basterà? - Kelly inarcò un sopracciglio, indicando il carrello.
- Possiamo fare più passaggi – osservò Enrico – Abbiamo tutto il tempo che vogliamo...-
- Solo in teoria, temo – osservò Katherina – se la baracca era infestata... 
Non voglio sapere come sarà nelle miniere -
- La missione non fallisce per una semplice mancanza di carbone – Sbottò Kelly – se incontreremo altri di questi "alieni" come li chiami tu, li uccideremo! Insomma, siamo più di trenta soldati, dopotutto -
- E questo villaggio contava più di trecento abitanti, mia cara – Sibilò Katherina – Ora trecento mostri assassini: che te ne pare come confronto? -
Aveva urlato. I soldati smisero di lavorare alle torce, alzarono gli sguardi. Immobili, fissavano Katherina, che inghiottò a stento una bestemmia. Erano se possibile ancor più spaventati del solito, e più di uno guardava allo zeppellin come a meditare una fuga. 
Enrico sbraitò feroce che tornassero a lavorare, lanciò uno sguardo insofferente a Katherina.
- Ti sei rammollita, mia cara. La ferita deve averti traumatizzato, indebolita – Sibilò Kelly – Non hai più coraggio se... Ehi, aspetta, dannazione! -
Torcia accesa e pollice sul cane della pistola, Katherina era entrata a passi zoppicanti nella miniera.

2 commenti:

Ilaria ha detto...

Giusto in tempo per un commento :) non so perché non mi ha convinto molto questo capitolo ma credo che possa fare da raccordo quindi lo approvo dai!!!

Coscienza ha detto...

Sì è da raccordo, vedrò se tagliarlo più avanti, quando farò la mega revisione del racconto ^^