Donne, dirigibili e brutti contadini: XIX
Sì, la parte della medicazione è fuffa allo stato puro, e sì m'intendo di medicina quanto un ingegnere di filosofia (cioè per nulla u_u)
- Ma tu... Sanguini! -
Katherina dilatò
gli occhi, coprì fulminea con lo straccio insozzato di rosso il
piede mutilato.
- Non sono
affari che le competano questi, commissaria. Eppoi che ci fai qui?
Ti avevo chiesto di restare sullo zeppellin! -
Kelly sollevò gli
occhi al cielo, alzò le braccia nella caricatura di una muta
preghiera.
- Sono la tua
scorta, Katherina, il tuo angelo custode e il guardiano della tua
anima, alle altisonanti parole di Rehinardt, se ancora te le
ricordi! Se pensi di mettermi da parte così facilmente... Per... E
questo che cazzo è? -
Kelly alzò lo
stivale dalla massa di globuli putrescenti e sangue umano che
insozzava il pavimento, raschiò la suola in un moto inconsulto.
Fazzoletto sulla bocca, osservò il corpo squarciato del contadino. I
tentacoli erano stati recisi uno a uno, accumulati con meticolosità
in un angolo della baracca. Il rosa lucido del fiore di carne spirava
in un nauseante bianchiccio.
- Più tardi –
Aggiunse Katherina – Lo porteremo a bordo dello zeppellin per un
più accurato studio. Ma adesso – indicò Enrico, che trafficava
con un fuocherello da campo, bollendo del liquido rosso in un
pentolino – Ho questioni un tantino più importanti di cui
preoccuparmi, tua disobbedienza compresa -
- Il piede? -
Kelly afferrò lo straccio, ingaggiò un brevissimo tiro alla fune
con Katherina, che mollò dopo pochi secondi, rilassando la schiena
sul muro della casa. Sospirò affannata
- Vedi almeno di
non toccare la ferita – Chiuse gli occhi, sogghignò –
angioletto -
Il dito primo del
piede era partito, sfracellato fino all'osso dal colpo di fucile. Un
rivolo di sangue nero usciva dalla voragine slabbrata dalla polvere
da sparo. La carne viva pulsava. Senza sbattere ciglio, Kelly sedette
sui talloni, e osservò la ferita con interesse quasi professionale.
- Ti sei sparata
sul piede, cara? Vedevo spesso feritacce del genere, quando scortavo
i plotoni nelle campagne terricole. Quegl'inutili cazzoni si
sparavano su piedi o mani, fino a mutilarsi intere falangi, pur di
non restare a combattere. -
- E funzionava?
- Chiese Katherina, alquanto perplessa.
- No –
Sogghignò Kelly – Un buon medico riconosce facilmente una ferita
auto inflitta i bordi orlati di polvere da sparo, slabbrati, la
posizione stessa della ferita, la complicità dei compagni... Per
punizione, mandavamo quei codardi a disinfestare i campi minati. -
Scosse la testa, prima di controllare con dita esperte il laccio
emostatico – Saltavano in aria che era un piacere guardarli! -
" E sarei io
la sociopatica? " si domandò Katherina, prima di fare un cenno
con la mano al sergente.
Per non sporcare
l'uniforme, Enrico aveva ricavato un grembiule d'alcuni vecchi
stracci, e in ginocchio a mescolare il vino rosso nella pentola
ricordava una grottesca cuoca.
- Pronta? -
Domandò Enrico, avvicinando il pentolino al giaciglio, e agitando
un cucchiaio.
- Versa –
sentenziò l'istante prima che le svanisse il coraggio. Non era la
soluzione migliore per una ferita del genere e neppure una buona
soluzione. Ma se non disinfettava al più presto, rischiava la
cancrena.
Katherina deglutì amaro al pensiero.
Il sergente annuì,
prese un gran respiro e infilò il cucchiaio nel vino che bolliva.
Avvicinò il mestolo alla gamba di Katherina, prima di ritrarre la
mano tremante.
- Forse non è
l'idea migliore che...-
- Enrico!? Hai
idea di quanta cazzo di adrenalina abbia in corpo, in questo
momento? Versa ebbasta! -
Il sergente esitò
ancora, prima di bagnare la ferita con il vino bollente.
Katherina cacciò
un urlo, inarcò la schiena in epilettica metastasi.
Sbattè le
palpebre, ricacciò indietro le lacrime.
Piombo fuso versato
sulla carne viva, piede come un tizzone ardente.
Contrasse le dita,
polverizzò convulsa la paglia del pagliericcio.
Arpionò le bende
con la mano, le srotolò controllando a stento le dita tremanti.
Avvolse un primo
strato di bende pulite sul piede, prima di vomitare un rantolo di
sofferenza.
Il dolore era
atroce, al contatto del tessuto con la ferita. Al pensiero della
carne, del sangue che si attaccava, si mischiava alle bende, le girò
la testa.
Un tocco sulla
spalla. Uno stringere rassicurante di guanto nero.
Alzò il viso,
inquadrò lo sguardo di Kelly, colmo della stessa tenerezza di un
bambino nei confronti del suo peluche preferito. - Tranquilla Kathy,
faccio io -
Curò la ferita in
ginocchio nello sporco della baracca.
L'entrata alla
miniera ricordava una vescica in via di suppurazione, una lurida
architrave di legno marcescente e metallo corroso. Katherina scrutò
nelle tenebre della galleria, lanciò un sasso che rotolò lontano,
con sinistri rintocchi. Dopo una discesa nell'insieme dolce, si
poteva scorgere alla luce della torcia una brusca svolta, e una
probabile, brutale discesa verso il basso.
Enrico lavorava di
pala. Scostò con un grugnito un ammasso di macerie e rifiuti,
portando alla luce un carrello da miniera, arrrugginito, ma intatto.
Provò a spingerlo in avanti, le ruote scivolarono nei solchi dei
binari con rassicurante cigolio.
- Possiamo
usarlo per portare il carbone – Annunciò trionfante. - Tu, tu e
tu! Voi spingerete il carrello. -
- Dici che
basterà? - Kelly inarcò un sopracciglio, indicando il carrello.
- Possiamo fare
più passaggi – osservò Enrico – Abbiamo tutto il tempo che
vogliamo...-
- Solo in
teoria, temo – osservò Katherina – se la baracca era
infestata...
Non voglio sapere come sarà nelle miniere -
- La missione
non fallisce per una semplice mancanza di carbone – Sbottò Kelly
– se incontreremo altri di questi "alieni" come li
chiami tu, li uccideremo! Insomma, siamo più di trenta soldati,
dopotutto -
- E questo
villaggio contava più di trecento abitanti, mia cara – Sibilò
Katherina – Ora trecento mostri assassini: che te ne pare come
confronto? -
Aveva urlato. I
soldati smisero di lavorare alle torce, alzarono gli sguardi.
Immobili, fissavano Katherina, che inghiottò a stento una bestemmia.
Erano se possibile ancor più spaventati del solito, e più di uno
guardava allo zeppellin come a meditare una fuga.
Enrico sbraitò
feroce che tornassero a lavorare, lanciò uno sguardo insofferente a
Katherina.
- Ti sei
rammollita, mia cara. La ferita deve averti traumatizzato,
indebolita – Sibilò Kelly – Non hai più coraggio se... Ehi,
aspetta, dannazione! -
Torcia accesa e
pollice sul cane della pistola, Katherina era entrata a passi
zoppicanti nella miniera.
2 commenti:
Giusto in tempo per un commento :) non so perché non mi ha convinto molto questo capitolo ma credo che possa fare da raccordo quindi lo approvo dai!!!
Sì è da raccordo, vedrò se tagliarlo più avanti, quando farò la mega revisione del racconto ^^
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