Capolavoro e prodotto di successo sono
due concetti completamente differenti e col tempo ho imparato sempre
più a distinguere nettamente tra queste due diverse attribuzioni.
Il prodotto di successo, almeno per
quanto riguarda il mio metro di giudizio, è un film/libro/videogioco
di buon spessore, spesso caratterizzato da un paio d'idee vincenti,
una scrittura passabile e un passaparola inatteso. Il prodotto di
successo, come intuisce l'etichetta, è tale perché detto
brutalmente vende tanto, tantissimo. Sfracella ogni classifica e si
pianta saldamente lì per mesi. In altre parole, un prodotto è tanto
più di successo quanto più macina denaro. Seguiranno poi altri
fenomeni tipici del genere, dai giornalisti/saggisti/professori che
salgono sul carro della celebrità alle fanfiction, un'ottima prova
della vitalità di un fenomeno, di un autore.
Il prodotto di successo segue dunque
questo processo, dal successo immediato, alla conquista di un nucleo
sempre più ampio di lettori alla transmedialità, il passaggio di un
libro al film, al fumetto, al videogioco, al boardgame. Il prodotto
diventa così capillare, pervasivo.
Ma è un capolavoro? Dipende.
La moda attuale, o meglio la confusione
attuale! Vuole trasformare ogni prodotto di successo, per quanto
minore, in un fenomeno di massa, un capolavoro indimenticabile di
generazione in generazione. A volte il giochetto di marketing
funziona, a volte fallisce miseramente.
I Pokemon all'inizio del 2000
erano chiaramente un prodotto nipponico pianificato a tavolino, che
tuttavia ha fatto presa. Non ultimo, perché come molti prodotti
orientali s'accontentava del Kawaii senza andar in cerca del
moralismo disneyano.
Gli Hunger Games, dai libri (mediocri) ai film
stanno invece facendo il buco nell'acqua: i fan sono praticamente
scomparsi, i lettori sono passati ad altro. Nonostante l'asfissiante
tempesta pubblicitaria, il prodotto di successo non è diventato
capolavoro, né lo è mai stato. Erano buoni romanzi, nient'altro.
Difficile giudicare poi Twilight, su cui è stato lanciato troppo
odio per dei romanzi inconsistenti, ma sostanzialmente nemmeno troppo
brutti. Là il passaggio di media in media, il successo, è sembrato
durare per tre anni, prima di finire nel cestino della dimenticanza.
Un successo così così.
Harry Potter è un capolavoro?
Senza dubbio è un prodotto di
successo. Come (credo) tutti, quando avevo undici, dodici anni ho
letto tutta la saga, ho visto i film, ho anche collezionato un paio
di album di figurine. Nulla di che, mi ci divertivo.
Nello stesso
periodo, tuttavia, leggevo Il Signore degli Anelli, le Cronache di
Narnia e verso i tredici anni assaporavo per la prima volta
Lovecraft. Questo non per sottolineare chissà quale superiorità –
verso i tredici anni ero anche fermamente convinto che il miglior
Fantasy in assoluto fosse Eragon, di Christopher Paolini e solo per
questo avrei dovuto essere preso a badilate in faccia – ma per
ribadire che leggevo un po' di tutto quello che sapesse di Fantasy.
Dopo quasi un decennio da quelle
letture, ho deciso di rileggere la Rowling, sia per spaziare in
territori più moderni, sia perchè in cerca di ispirazione per un
racconto urban fantasy.
Mi sono fermato a Harry Potter e la pietra filosofale e non credo andrò avanti.
Era dai tempi di King
che non avevo l'impressione di un autore tanto male invecchiato. La
questione non è se la Rowling aderisca o meno a un canone a cui
tutti gli scrittori devono aderire. Non m'interessa mimare i cultori
del manuale americano di narrativa – quando inserire il colpo di
scena, come dosare lo show don't tell ecc ecc Specie il primo romanzo
della saga di Harry Potter era destinato a una saga infantile, al
massimo adolescenziale. Quando incominciò a infuriare qui in Italia,
si parlava di “ritorno della letteratura per l'infanzia”. E'
ovvio che se lo si analizza in quel modo, si possono trovare migliaia
di difettucci che non sono in realtà tali, dalla voce narrante, ai
costanti infodump, al protagonista puntualmente salvato da un deus ex
machina. Se volessimo davvero comportarci da stronzi, c'è un abuso
grammaticale di puntini di sospensione che parte dal primo capitolo e
continua imperterrito per tutto il libro. Metà dei dialoghi (alcuni
davvero mediocri) di Harry Potter sono frasi intercalate da diluvi di
puntini.
Vi sfido: aprite una pagina a caso che non sia il finale e
contate i puntini. Ne sarete sommersi.
Tuttavia, criticare su quest'aspetto
Harry Potter sarebbe un esercizio puerile, per me di poco interesse.
La moda attuale di smembrare un romanzo e citarne i pezzi che servono
per una recensione falso-negativa non ha alcuna logica. Ogni romanzo,
per quanto perfetto, se tolto dal suo contesto perde senso.
E'
come se catturassimo una conversazione per strada e ne rimescolassimo
parole, frasi e interlocutori. Verrebbe fuori una merda, ma è una
merda che stiamo combinando noi, togliendo quell'unità testuale che
aveva in origine.
Allo stesso modo, non mi danno fastidio
le incongruenze, i colpi di scena posticci, le cose illogiche.
Mi
turbano parecchio perchè c'è un'ideologia dietro che trovo
spaventosa; un disprezzo verso il Babbano e verso la tecnologia che è
tanto assolutizzante quanto stupida. Nel momento in cui scopri di
essere mago, i progressi di oltre duemila anni di storia vengono
annullati e ridicolizzati. Al contempo, i maghi mantengono un
assoluto regime di apartheid verso gli “umani”, nonostante le
innumerevoli, geniali possibilità che potrebbe aprire una fusione
tra tecnologia babbana e magia umana.
Nel delirante worldbuilding
della Rowling, inoltre, i maghi sono apolitici e vivono felici dentro
una sorta di stato liberale, con una pubblica opinione vivace, ma
sostanzialmente tenuta a freno dalla scusante di un nemico esterno,
Tu-Sai-Chi.
Un appassionato di Harry Potter a questo punto mi darebbe
del ritardato e probabilmente avrebbe ragione: sto cercando
sottotesti e rigore da un romanzo per bambini. Esagero probabilmente.
Nemmeno questa chiave di analisi, per quanto divertente sarebbe
utile. Sul piano della trama, ad esempio, si potrebbe continuare a
lungo; Harry Potter è un protagonista che non ha letteralmente nulla
all'inizio, ma che già superate le prime cinquanta pagine ottiene
praticamente tutto, dai soldi della Gringott alla fama di una
superstar. La Rowling supera perfino gli handicap fisici (occhiali,
goffezza, corporatura dinoccolata) trasformandolo nell'atleta per
eccellenza del Quidditch.
Il personaggio è letteralmente rovinato
perchè parte con un monte (del Fato?) di problemi e termina già a
metà libro con tutto, dai gadget del mantello dell'invisibilità, ai
soldi, alla vittoria sportiva. Ciononostante, è un romanzo per
bambini e questi deus ex machina funzionano, perché tengono sempre
alto il ritmo.
La saga di Harry Potter dunque può
essere criticata singolarmente per un particolare aspetto, ma
difficilmente smontata in toto. Le fondamenta fantasy su cui
si regge sono al di fuori delle logiche sia di stile che di trama
normalmente usate. In altri casi, con altri generi sarebbero
criticabili. Nel mondo di Harry Potter tutto questo invece funziona. Ma
qui sorge il problema.
Perchè il mondo fantasy della Rowling
non è fantasy.
Se ancora l'arrivo di Hagrid, la scoperta di essere
il prescelto e l'arrivo a Diagon Alley hanno ancora la meraviglia che
loro compete, presto tutto si affloscia. Il mondo di Harry Potter
continua a svelare i suoi aspetti magici, ma questi non hanno nulla,
letteralmente nulla di magico. Sono invenzioni descritte con tono
piatto e grigio, più simili agli scherzi di un tendone da circo che
alla paura/desiderio reverenziale della vera Magia, quella con la M
maiuscola. La Rowling è sempre stata lodata per la quantità di
dettagli e di invenzioni che sorprendono il lettore a ogni voltar di
pagina. Non si osserva mai però che questa quantità non si
accompagna mai alla qualità. Il mondo dei maghi è il riflesso
consumista del mondo dei Babbani; è letteralmente pieno di roba
“interessante” ma che non è magica. Avrei preferito un singolo
incantesimo descritto con la cura e il timore dei veri incantesimi
alla massa informe di latinorum scopiazzato della Rowling. La
Magia della Rowling è la magia Made in China.
Va bene un po' a
tutti, è chiaramente taroccata, non ha pericoli. In effetti l'idea
stessa che la magia possa venire insegnata dentro una scuola è
controintuitiva. La magia, se è davvero “magica” non può venire
insegnata come se fosse la matematica. La magia è tale proprio
perché fuori dalle leggi e fuori dalle regole ordinarie. Inserirla
nell'ambiente scolastico equivale a svuotarla di fascino, a
ingrigirla.
A privarla, fattore cruciale!, di ogni carica sovversiva
e pericolosa.
Il fantasy non-fantasy della Rowling
non si limita alla magia, ma imperversa nel bestiario fantastico.
Non appena entra a Hogwarts, Harry
Potter incontra non un fantasma, bensì venti!
Poi accadde una cosa che gli fece fare
un salto alto un palmo da terra... Dietro di lui, molti ragazzi
gridarono.
<< Ma che cosa...? >>.
Si sentì mancare il fiato, e con lui
tutti gli altri. Una ventina di fantasmi erano appena entrati nella
stanza, attraversando la parete in fondo. Di color bianco perlaceo e
leggermente trasparenti, scivolavano per la stanza parlando tra loro
e quasi senza guardare gli allievi del primo anno. Sembrava che
stessero discutendo. Quello che assomigliava a un monaco piccolo e
grasso stava dicendo: << Io dico che bisogna perdonare e
dimenticare; dobbiamo dargli un'altra possibilità... >>
<< Mio caro Frate, non abbiamo
forse dato a Pix tutte le possibilità che meritava? Non fa che
gettare discredito sul nostro nome, e poi lo sai, non è neanche un
vero e proprio fantasma... Ehi, dico, che cosa ci fate qui? >>
Un fantasma in calzamaglia e gorgiera
aveva d'un tratto notato gli studenti del primo anno.
Nessuno rispose.
<< Nuovi studenti! >> disse
il Frate Grasso abbracciando tutti con un sorriso. << In attesa
di essere smistati, suppongo >>.
Alcuni annuirono in silenzio.
<< Spero di vedervi tutti a
Tassorosso! >> disse il Frate. << Sapete? E' stata la mia
casa >>.
<< E ora, sgombrare! >>
ordinò una voce aspra. << Sta per cominciare la Cerimonia
dello Smistamento >>.
La professoressa McGranitt era tornata.
Uno a uno, i fantasmi si dileguarono attraversando la parete di
fronte.
Un fantasma non è una cosuccia da
prendere alla leggera.
E' uno spirito dei morti, una prova
tangibile dell'esistenza dell'al di là, oltre che un'agghiacciante
incursione del soprannaturale. Un solo fantasma ha dato filo da
torcere a generazioni di scrittori e poeti.
C'è un ricco background
alle spalle, ma viene sorvolato senza perdere tempo. Nel mondo della
Rowling esistono i fantasmi, così come esistono i goblin, gli elfi e
altre creature: tutte magiche, tutte ininfluenti. Quello che sto
cercando confusamente di comunicare è che non c'è spessore, in
quanto descrive la Rowling.
Non c'è quell'attimo di sospensione, di
sublime che dovrebbe accompagnare il soprannaturale. Cazzo, capisco
che il mondo di Potter è magico, ma di fronte a un non-morto io
fuggirei via urlando!
Sono fantasmi filmici, bonaccioni per
tinteggiare un mondo di cartapesta.
Harry Potter non si muove dentro un
fantasy realistico, e questo posso accettarlo. Ma non posso accettare
che la “magia” della Rowling sia tanto anonima. Non è nemmeno la
magia trash di D&d "Il mio mago casta una palla di fuoco sullo
scheletro campione..."
E' proprio senza spessore. Ha regole,
ma non le segue. Usa il latino, ma lo parodia oltre ogni decenza.
A
tutti gli effetti l'incantesimo viene descritto come una tecnologia
“da usare”. I babbani muovono il culo e afferrano la lattina di
Coca-cola, i maghi usano Accio. E' una magia castrata alla
radice. Posso comprendere perché Alan Moore sia tanto inferocito da
Harry Potter. Per chi davvero ci crede, nella magia e nel “diverso”
il mondo della Rowling è grigio e piatto. Non starò a elencare le
fonti da cui la Rowling copia spudoratamente, perchè sarei ipocrita
e pedante; non le ho lette, non posso fare confronti.
Ma senza dubbio
non si può negare la sciatteria.
La Chiesa ha spesso criticato Harry
Potter, avvertendo della pericolosità di scambiare finzione e
realtà. Harry Potter, insinuano, è pericoloso perché non introduce
alcuna frattura tra realtà e magia. Tutto è magico, per la Rowling,
argomentano. Di conseguenza il bambino potrebbe confondersi e pensare
che davvero un giorno riceverà una lettera che lo inviti a Hogwarts.
Una critica davvero miope! La saga di
Harry Potter è particolare proprio perché non è un Fantasy.
Se tutto è magico, in realtà tutto è
ordinario. La magia funziona quando trasmessa a piccole dosi.
Se
frastorni il lettore con vagonate di “magia” a ogni voltar di
pagina, l'irrazionale diventerà presto la norma. Si tranquillizzino
i pretacci e le psicologhe dell'infanzia: Harry Potter mai potrà
essere pericoloso perché mai potrà essere un Fantasy.
L'irrazionale, il sovrannaturale, la magia sono argomenti da
introdurre pian piano, con rispetto e meraviglia. In Harry Potter
sono invece la vernice con cui parlare di qualcos'altro. Sono
sbattuti in faccia al lettore, degradati ripetutamente. Servono come
metafore per triti moralismi senza però nessuna critica seria
dietro. Harry Potter non è fantasy a sufficienza. E' questa, la vera
critica.
La Rowling prende il mostro delle fiabe
e metodicamente gli cava le zanne, trasformando uno splendido drago
in una mucca ruspante. Chi ama Harry Potter, ne ama l'ambientazione
scolastica. Gli scherzoni da fiera che vengono definiti magia
raramente vengono presi sul serio, persino dai fan.
Per citare Zizek,
la moda attuale svuota di significato ogni esperienza. Si vuole
dunque guardare film horror senza spaventarsi, assumere alcool senza
soffrire la sbornia, drogarsi senza diventare dipendenti, fumare
senza rovinarsi i polmoni, mangiare senza ingrassare... ecc ecc
Harry Potter pertanto, è perfetto: è
un fantasy senza fantasy, e in ciò sta il suo successo.
Scans prese dall'opera di Moore sulla Lega degli straordinari gentlemen: 2009