venerdì 7 aprile 2017

Lo sventraskaven, di William King - rileggendo la saga di Gotrek&Felix


Ho sempre trovato interessante il termine “sventratore”, perchè l'originale inglese, “slayer” poteva essere tradotto in molti modi, ben lontani da quello “sventrare” che si è affermato nel tempo tra i giocatori di Warhammer. Anni fa, quando ancora esisteva Warhammer Fantasy, il team di traduttori italiano doveva accuratamente bilanciare tra l'accuratezza della traduzione e la sua effettiva utilità: è inutile tradurre alla lettera e sommergere il giocatore di omonimi che rendono le battaglie un incontro tra avvocati e linguisti.

Con Age of Sigmar vedendo come ogni singolo termine sia inglese e la traduzione abbia la stessa legnosità di Google traduttore, devono essersi affidati a uno studente retribuito con un tozzo di pane e un po' di colla per metallo da sniffare per consolarsi. Ho sfogliato un paio di Battletome (Perchè non tradurli come Libri dell'esercito, semplicemente?) e il livello di sofisticatezza è praticamente inesistente: c'è un proliferare di campioni, condottieri e “grandi guerrieri” che rendono il tutto indigeribile. Se volete invece scoprire la raffinatezza e l'indecisione che motivò la scelta dietro il termine sventratore, ci viene in soccorso il White Dwarf 66, del giugno 2004, ai tempi di Tempesta del Caos (rubrica “Brancolando nella Tempesta”, di Luca Amadori):
Prima di tutto colgo l'occasione per scrivere una spiegazione riguardo alla traduzione di Slayer con Sventratore che non ho mai avuto occasione di illustrare. Sia ben chiaro fin da subito che il termine Sventratore non mi è mai piaciuto e che non mi piacerà mai.
Quando affrontammo il libro dei Nani per la
nuova edizione vedevo già scorrazzare allegri Ammazzatroll, Ammazzagiganti, Ammazzaskaven, Ammazzadraghi e Ammazzademoni in un turbine di creste e barbe arancio e asce affilate. Ah che bello! Sì... ma avremmo avuto i Nani Ammazzatori? I Nani Uccisori (quindi Ucciditroll ecc.) o i Nani Assassini? Oh no... non c'era via d'uscita. Sventratori erano e Sventratori sembrava che volessero rimanere. Sigh!
Che tremenda sconfitta.

Se il termine Sventratore è a mio parere ancora troppo “basso”, rimane una soluzione soddisfacente. E' questo genere di sottigliezze che distingue un universo fantasy pur sempre basato su un gruppo di soldatini e dei dadi da tirare in compagnia da un hobby con una sua dignità.


Con questo Skavenslayer, in origine antologia di tre racconti in seguito “rattoppati” in un unico romanzo, William King torna a usare un'ambientazione urbana, scaraventando Gotrek e Felix nella città di Nuln, alle prese con intrighi e complotti.

Seconda città più grande dell'Impero dopo Altdorf, Nuln è una città industrializzata e fiorente, una capitale di università e cultura, così come di fabbriche e malcontento. Qui la Scuola Superiore d'Ingegneria assicura all'Impero una delle sue fondamenta, dopo l'acciaio e la fede in Sigmar: la polvere da sparo. Il governo della contessa Emmanuelle è un assolutismo tanto illuminato che la gente ne resta accecata, quando la polizia segreta non storpia loro le gambe o non rinfocola il loro entusiasmo per il governo con le fiamme di un autodafé.

Ancora ricercati dai gendarmi, Gotrek e Felix non hanno scelta che accettare un lavoro letteralmente di merda: pattugliare la rete labirintica di fognature nel sottosuolo della città. Un dedalo soffocante di cunicoli e gallerie dove gli escrementi dei cittadini si mescolano ai loro più torbidi inganni. Sarà nell'ombelico – o sarebbe meglio dire sfintere – della città, che la coppia incontrerà un nemico che tutti negano esistere: la razza skaven, uomini ratto che rosicchiano una civiltà già marcia di suo...

Skavenslayer introduce un personaggio fondamentale nella saga, che d'antagonista ha poi acquistato una serie tutta per sé, scritta da C. L. Werner: si tratta di Thanquol, uno stregone skaven i cui piani fanno sembrare Machiavelli un lattante che non sa giocare sporco. William King dimostra ancora una volta di saper dosare alla perfezione umorismo e azione, regalandoci una nemesi tragicomica.
Thanquol è un mago con ai suoi ordini una piccola armata, un formidabile arrampicatore sociale che mira ad arrivare al Circolo dei Tredici, il direttivo degli uomini ratto che governa il loro impero sotterraneo. I piani che elabora sembrano perfetti, salvo poi fallire per inconvenienti assolutamente imprevedibili, che vengono sempre addossati ai sottoposti o a sabotaggi “dall'interno”.
Se ripensava agli squittii contriti del capomilizia, gli veniva da mordersi la coda per la rabbia. Per tutti i Tredici! Era proprio vero: chi rode l'osso da sé fa per tre. Inutile affidare mansioni importanti a esseri insulsi come il capomilizia.

Forse il colpo di genio per eccellenza di William King è trasformare i due eroi protagonisti, Gotrek e Felix, in altrettante pedine di Thanquol: manovrati inconsapevolmente, il nano e l'umano combattono i complotti che altri luogotenenti di Thanquol gli muovono contro. I due compaiono come in fondo sono: due stupidi (umani) pronti ad accorrere a salvare la donzella e combattere il mostro non appena gliene se ne offre l'occasione. Se non che, sia Gotrek che Felix sono anche due schegge impazzite e che come dice il detto, a giocare con il fuoco ci si brucia...
Amicci - state all'erta! Malvaggi Uomini-ratto dell'infido Clan skaven degli Skryre - che venga la loro fine, sopratuto di quel nefasto nemico Heskit Monokkolo - progettano di attakare la Squola Superiore di Ingegneria questo notte di luna nuova. Vogliono rubare i voostri segreti per i lori scopi skellerati. Dovete fermare loro o sarano un passo in più per conquistare il mondo della superficie.
Il vostro amico

Felix allungò la lettera a Gotrek. Lo Sventratroll la lesse e l'accartocciò in un pugno, con un ghigno beffardo. «È una trappola, omuncolo!»
«Può darsi. Ma allora, perché non attirarci fin qui e attaccarci direttamente?»
«Vai a sapere come ragionano quelle menti di ratto...»
«Forse non tutti gli skaven ci sono ostili. Forse c'è qualcuno di loro che vuole aiutarci.» «Forse mia nonna era un elfo.»

Gli skaven usano sia nella magia che nella tecnologia una sostanza chiamata warpietra, un derivato del caos altamente instabile, capace di potenziare gli incantesimi e fornire energia primaria a un motore o a un'arma. Thanquol, come molti skaven ai “piani alti”, adopera la warpietra sia per lanciare incantesimi, sia come droga: è letteralmente un cocainomane che sniffa warpietra ogni qual volta si trovi in difficoltà o debba prendere una difficile decisione.
Le descrizioni di Thanquol che si fa di warpietra per consolarsi un po' o radunare il coraggio sufficiente ad andare in battaglia lo rendono umano e irresistibile: ti ritrovi quasi più a parteggiare per il malvagio uomo ratto e suoi meticolosi piani che per l'integrità morale a tratti noiosa di Gotrek e Felix.

La caratterizzazione degli skaven di King non risparmia neppure i comprimari: la spia e aiutante di Thanquol gli si riferisce con gli stessi appellativi e persino gli stessi giri di parole che adopera Bilbo con SmaugE' probabilmente solo una coincidenza, più che una citazione, ma il tono è simile:
Quando Lurk ebbe terminato, lo fissò talmente a lungo e con un'espressione così intelligente e penetrante che Lurk ebbe paura che fosse giunta la sua ora. Ma il Veggente Grigio si limitò a leccarsi le labbra; quindi, accarezzandosi l'imponente testa cornuta con una zampa, disse:
«Ottimo lavoro, Lurk Linguaspiona. Devo meditare su quanto mi hai riferito. Tieniti pronto per obbedire ai miei ordini».
«Sì, o sagacissimo tra i comandanti supremi.»
«Inoltre, Linguaspiona...»
«Sì, o potentissimo tra i maghi?»
«Se ti azzardi a parlare di questa conversazione con qualcuno, sarai eliminato all'istante nel più atroce dei modi.»«Certo! Certo! Ogni tuo desiderio è un ordine, o clementissimo tra i sovrani.»

Tra i vari “clan” degli skaven, il clan Eshin è specializzato nell'assassinio silenzioso, nell'arte del sicario invisibile: il riferimento è ovviamente ai ninja. William King pertanto non può esimersi dal proporre una caricatura dei film d'azione orientali, un Bruce Lee rattesco per definizione:
Al momento della sua iniziazione, eccelleva in tutte le forme di lotta corpo a corpo. Aveva ottenuto un diploma di terzo livello come discepolo dell'Artiglio Cremisi ed era cintura nera dell'Ordine dell'Unghia Mortale. Per dodici lunghi mesi si era allenato ad aggirarsi di soppiatto nelle giungle, e per trenta giorni aveva digiunato e meditato in cima al Monte Zannagialla nutrendosi solo dei propri escrementi. (…) La serie di trionfi di Chang Squik era lunga, e quella sera ne avrebbe conquistato un altro. Questa volta aveva il compito di uccidere il nano Gotrek Gurnisson e il suo braccio destro, l'umano Felix Jaeger. Non c'era alcuna possibilità di fallire. Che speranze avevano un nano con un occhio solo e il suo stupido compare contro uno skaven nerboruto ed esperto in ogni tecnica dell'assassinio?


La caratterizzazione dei nemici e le battute ovviamente non redimono i difetti del romanzo, già avvertibili nell'antologia Trollslayer; nello specifico uno stile di scrittura rozzo, spesso narrato semplicemente a suon di infodump, sbrigato in fretta e confusamente. Gli scontri sono ad esempio rapidi e brutali, ma viene a volte da sospettare che King li preferisca tali per nascondere la sua totale incapacità di descrivere un duello credibile. Si risolve pertanto tutto in un dialogo a fil di lama, in un colpo improvviso, o in una descrizione generica.

Purtroppo l'impianto narrativo tentenna ugualmente: i tre racconti che componevano inizialmente il romanzo sono sfilacciati, tenuti assieme solo dal carisma degli eroi e di Thanquol. In particolare per tutte e tre le parti del romanzo, King ripete più e più volte lo stesso espediente narrativo, annoiando il lettore con una storia tra le più lineari che si possa immaginare. Ci sono i colpi di scena, ma è come se King ti avvertisse prima di ciascuno di essi, premurandosi di ripetertelo ad oltranza. 
Paradossalmente però (e ritorniamo all'aspetto comico della serie), è proprio questa “ripetizione” a divertire, perchè il lettore si ritrova sempre di fronte all'identica manipolazione di Gotrek e Felix, le cui conseguenze disastrose possiamo ammirare grazie al punto di vista di Thanquol. Spesso per generare un effetto umoristico basta come in questo caso la ripetizione di una situazione grottesca, fino a farne avvertire l'assurdità.

Bisogna poi riconoscere a King di tributare un rispetto sorprendente agli autori fantasy precedenti, perché nella narrazione inserisce tra gli studiosi degli uomini ratto uno dei suoi inventori, lo scrittore Fritz Leiber, che con "Le spade di Lankhmar" anticipava già nel '68 l'idea di una razza fantasy composta di ratti senzienti. Mi sembra una chiara citazione, anche considerando il tributo che ha sempre avuto il fantasy ruolistico verso gli anni '70:
«Il Clan Pestilens» disse infine.
«Sì. Ho letto qualcosa su di loro.»
«Che cosa?»
«Clan Pestilens. Secondo alcuni volumi antichi, in particolare I ributtanti uomini-ratto e la loro ignobile razza di Leiber, gli skaven sono organizzati in clan, ciascuno con il proprio ruolo all'interno della società e la propria forma di stregoneria. Leiber sostiene che il Clan Pestilens fabbricasse pestilenze, accusandolo persino della Grande Peste dell'anno 1111.»

Un'altra occasione sprecata da King è la descrizione di Nuln, che pur dovendo essere un'importante città dell'Impero, non sembra diversa da una cittadina rinascimentale. La cultura che nel background viene attribuita a Nuln non viene descritta, così come assenti sono gli “scienziati” che in teoria dominerebbero la città.

Pur con questi limiti, Skavenslayer resta un buon fantasy alternativo, che offre un esempio di cosa intendesse originariamente il Vecchio Mondo di Warhammer, in contrapposizione con i cloni tolkeniani.
Invece di una città antica e splendente (Minas Tirith, tra le tante), una capitale sporca e cinquecentesca, dominata dal pugno di ferro della polizia segreta.
Invece di un eroe prescelto per diventare re, un ricercato (Felix), ex poeta e squattrinato, tendente alle risse da bar e agli intrallazzi amorosi terra-terra.
Invece di un coraggioso guerriero che si batte con la spada contro il male, uno psicopatico che adora la morte e cerca ogni occasione per ubriacarsi (Gotrek).
Invece di un signore del male che fabbrica anelli del potere in un vulcano, un sudicio uomo ratto cocainomane i cui piani gli si rivolgono contro come in un cartone animato.
Invece della sala del trono, delle biblioteche, dei dungeon classici, delle fognature moderne dove i nostri eroi si fanno strada, la merda ai calcagni, una spada arrugginita in mano. Un capovolgimento che non ha certo nulla di nuovo, da che mondo è mondo, ma che fa sempre piacere rileggere.

Fonti:
Skavenslayer (Lo sventraskaven), di William King (edizione Mondadori)
Sangue di Skaven, di William King (edizione Hobby&Work)

3 commenti:

Marco Grande Arbitro ha detto...

Come dicevo non ho letto nessuno dei libri...
Ma Grigio Thanquol e Strappaossa li conosco benissimo, perché all'epoca giocavo gli Skaven. Sul Codex erano citati Gotrek e Felix. E mi chiedevo: "Ma chi saranno?"

Anonimo ha detto...

Mi piace l'articolo, unica pecca l'aver dimenticato il mio personaggio preferito: Izak Grottiglia del Clan Moulder.

Coscienza ha detto...

@Marco Grande Arbitro
Male, male! Devi recuperare! :-D
Thanquol è ricomparso anche in grande stile con la Fine dei Tempi, con tanto di miniatura speciale.

@Anonimo
Ci sono tanti personaggi skaven che sarebbero da menzionare! Anche il viscido Lurk è piuttosto divertente. Il piano di Izak Grottle (Izak Grottiglia) è tra i più malvagi dei diversi clan, sicuramente.