In una galassia lontana
lontana, ma scientificamente accurata, l'universo di Virga
rappresenta uno dei tanti esperimenti dell'uomo nella corsa alle
stelle: una bolla gigantesca, un vivente ecosistema che spazia per
migliaia di chilometri nello spazio profondo.
Al suo interno, la
materia prima disponibile è stata convertita per creare piccoli
habitat, che ruotano intorno a soli artificiali, che forniscono
calore, vita e ossigeno alla cittadinanza.
A tutti gli effetti, un
sandbox spaziale, dove la civiltà umana è balcanizzata in
micronazioni eternamente in lotta.
Nel primo libro della trilogia di Karl Schroeder, la nazione di Slipstream è minacciata
dalla Formazione di Falcon, un impero militarista in piena
espansione. L'unica speranza consiste nell'impossibile missione di
arrivare fino a Candesce, il sole artificiale più grande di tutta
Virga e manipolarne le variabili per avvantaggiare la piccola flotta
di Slipstream.
La missione riesce, ma
la moglie del comandante, Venera Fanning, resta dispersa in azione
nella fascia di relitti e antichi abitati che circondano il sole di
Virga.
Se il primo libro di
Schroeder – Il Sole dei Soli – era una missione corale che
raccontava un'avventura piratesca attraverso tutta Virga, il secondo
– Regina del Sole – restringe invece a un'unica protagonista,
Venera Fanning e a un'unica ambientazione, Spyre.
Prima, il ritmo del
romanzo era veloce, frenetico: una successione di “meraviglie” e
combattimenti, estesi sia nello spazio che nel tempo.
Dopo, con Regina del
Sole, il ritmo si dilata, diventa lento e strascicato: una
successione di intrighi di corte, di presentazioni di
personaggi/psicologie bizzarre, di dialoghi e vendette. Spazio e
tempo si restringono a pochi lembi di terra, di edifici e di persone:
aumentando a dismisura però il livello di dettaglio e
approfondimento.
A voler esagerare, Il
Sole dei soli è un telescopio, Regina del Sole un microscopio.
L'insediamento dove
Venera è rinchiusa, Spyre, è tra i più antichi di tutta Virga.
L'habitat si presenta stratificato sia negli edifici che nelle
persone, immobili e ferme in rituali che ripetono da generazioni.
Centinaia di casate nobiliari si combattono per il cortile di casa,
il corridoio, l'edificio della porta accanto; Spyre non è nemmeno
una città, quanto un precario insieme di famiglie tenute insieme
solo dall'etichetta e dalla tradizione.
Un passaggio tra i
tanti da bene l'idea a quale grado siano arrivati i nobili che
l'abitano:
La Guerra della Dispensa si trascinava ormai da cinque anni. Sia Liris sia il ducato di Vatoris accampavano pretese su una stanza di un metro e mezzo per due nei pressi di uno dei tortuosi corridoi della fiera. Gli atti di proprietà risalivano a un centinaio d'anni prima, e la loro formulazione era ambigua. Nessuna delle due parti era disposta a fare marcia indietro.
– Guerra? – chiese Venera dando un'occhiata alle carte. – Forse volevi dire faida?
Gli altri giocatori scossero la testa. No, spiegò Odess, una faida era una faccenda di famiglia. In questo caso si trattava di un conflitto tra militari di professione, che sfociava in battaglie vere e proprie, anche se tali scontri coinvolgevano circa una decina di soldati per parte, ovvero il totale delle forse armate che le due piccole nazioni erano in grado di arruolare. Dopo anni di imboscate, incursioni, scontri a fuoco e tumulti di ogni genere, il conflitto si era trasformato in una guerra di logoramento. Erano state erette due barricate lungo il corridoio conteso; in mezzo si estendeva per una decina di metri una terra di nessuno di mobili rotti e piastrelle incrinate. L'ingresso del ripostiglio faceva capolinea a pochi metri di distanza, e ciascuna delle due fazioni avrebbe potuto conquistarlo in pochi secondi. Il problema era mantenerne il possesso.
Sia nell'interazione di
Venera con i decrepiti abitanti, sia nel citare aneddoti come il
precedente, Schroeder trasmette con efficacia il “sapore” di
Spyre – un senso di antiquo bordato di grottesco, quel genere di
assurdità che si crea protraendo una tradizione all'infinito, quando
ogni singolo atto del rituale diventa slegato dal contesto.
Spyre, proprio per la
sua natura artificiale e meccanica, ricorda un vecchio orologio: i
suoi ingranaggi funzionano, le rotelle scorrono, ma solo a patto che
rimanga chiuso ermeticamente, dentro una “campana di vetro” che
ne preservi l'assurdità. Non appena entra un refolo di vento, un
batuffolo di polvere, l'orologio/insediamento si inceppa e corrode. E
ovviamente, l'elemento distruttivo e/o anarchico è dato
dall'ambizione senza limiti di Venera, che travalica fin dalle prime
pagine ogni (vuoto) cerimoniale.
Schroeder
nell'introduzione all'edizione italiana dichiara che il suo modello
per Spyre è l'universo di Gormenghast; dal mio canto, non avendo
letto l'indigesto Peake, ci ho invece trovato un qualcosina di Terry
Pratchett, specie negli aneddoti.
Il personaggio stesso
di Venera attraversa una dovuta trasformazione, che vede Schroeder
dettagliarne all'inizio la psicologia e i moventi, per poi farla
maturare sia nell'azione che nei sentimenti: verso il finale del
libro, Venera assume responsabilità e doveri che paradossalmente la
riavvicinano all'idealismo del marito Chaisson.
Suscita una certa
delusione però che Shroeder abbia scelto un percorso molto
tradizionale, dove la “cattiveria” di Venera si stempera nel
riconoscere e nel rivelare un po' di empatia verso chi la circonda,
assieme ai tradizionali momenti di “crisi” (di pianto, o di mal
di testa, in questo caso) che accompagnano sempre questi personaggi
femminili “forti”. Venera ne Il Sole dei soli era un personaggio
stronzo, egoista, contorto, affamato di potere. Ne la Regina del sole
la ricerca del potere sulle cose e sugli altri rimane, ma Venera
diventa (quasi) una protagonista positiva, eliminando quelle
caratteristiche che la rendevano un'anti-eroina.
Va comunque
riconosciuto come Schroeder riesca ad agganciare e risolvere i
flashback e i fili narrativi lasciati aperti da Venera ne Il Sole dei
soli: tra i tutti, la provenienza della pallottola che l'aveva
sfigurata è risolta con autentico colpo di genio.
La Regina del sole
presenta una struttura narrativa molto più arzigogolata rispetto
alla classica avventura in punta di fioretto che caratterizzava
invece Il Sole dei soli.
Specie all'inizio,
diventa chiaro come Schroeder scrivesse senza scaletta, perchè la
storia sembra puntare in una direzione ben precisa, per poi
sceglierne un'altra, risolvendo ogni colpo di scena e dilemma in un
finale che è essenzialmente un'unica, grande battaglia. I
collegamenti alla storia precedente e a quella che verrà – Pirate Sun –
sono tutti infilati lì, come se Schroeder si fosse accorto di dover
concludere. Scenette slegate dal punto di vista di Venera e spesso
solo col gusto della descrizione rinforzano quest'impressione di un
seguito scritto di getto.
Essenzialmente, ancor
più che nel Sole dei soli, La Regina si basa tutto su ambientazione
e protagonista, lasciando che siano loro a reggere il peso di una
storia sfilacciata.
Una stesura di getto è
anche confermata dallo stile; nonostante l'alto livello, manca quel
lavoro di rifinitura – un pizzico di background e via con un po'
d'azione, un altro pizzico di background e una spolverata prudente di
dialoghi psicologici – che c'era nel primo libro.
Schroeder usa qualche
avverbio di troppo, un paio di verbi di dialogo, qua e là spuntano
soluzioni poco eleganti. E non cito l'uso eccessivo delle parentesi.
Bisogna anche ammettere
che proprio per questo motivo il romanzo risulterà più fluido, meno
“preparato” per altri lettori: effettivamente, l'ho letto nella
metà del tempo che mi ci è voluta per Il Sole dei soli, neanche il
tempo di tre giorni in treno all'Università.
Di tanto in tanto
spuntano ancora quei passaggi che da soli vendono il libro: dove la
protagonista agisce e nel contempo con la sua azione apprendiamo
qualcosa di nuovo. Lo so, lo so, nel resto del mondo è normale
business, qui in Italia è invece una legge fermarsi per
almeno cinquanta pagine di descrizione statica di ambienti e
personaggi.
A quanto sembrava i sarti di Spyre non avevano una grande immaginazione. La stanza conteneva una gran quantità di camicette, abiti e gonne, calzoni e giacche, tutti realizzati in un metallo a snodi dalla lavorazione intricata. Solo la biancheria intima (direttamente a contatto con la pelle) era fatta di materiali più flessibili: sopratutto cuoio, anche se, con suo grande sollievo, Venera trovò qualche indumento di stoffa. Provò un giubbotto di scaglie metalliche ricoperte di verderame, vi aggiunse una gonna di piastre di ferro sovrapposte e si pesò. A malapena quarantacinque chili. Tornò indietro e trovò due schinieri e due bracciali, un collare di platino e una giacca a coda d'acciaio. Meglio, ma era ancora troppo leggera. Moss aspettò con pazienza mentre lei si corazzava come una nave da guerra. Finalmente, quando la bilancia raggiunse la cifra di quarantacinque chili di peso – duecentoventicinque di massa – annuì soddisfatto. – M... ma avete bisogno di un c...c... cappello, – aggiunse.
– Cosa? – Venera lo guardò ferocemente. Aveva una specie di caviglia da marinaio legata alla testa, che oscillava quando si muoveva.
– Tutto questo non è già abbastanza umiliante?
– D... d... dobbiamo esercitare una p... p... pressione sulla s... spina dorsale. Per la s... salute a lungo termine.
– E va bene. –
Frugò in un ammasso di alternative ridicole, che spaziavano da vasi per fiori dotati di sottogola a una vasca di vetro per i pesci, vuota ma incrostata di brina. Alla fine scelse l'oggetto meno oltraggioso, un elmetto cromato con i paraorecchie e due ali di corvo fissate dietro le tempie.
Il seguito di una
trilogia, il “volume II”, è sempre il tradizionale anello
debole, ma Schroeder lo supera compiendo una diversione: anziché
misurarsi con Il Sole dei soli, preferisce cambiare a tal punto
l'ambientazione da non doversi preoccupare. I punti indispensabili
rimangono, dai personaggi ulteriormente “sbozzati”, al setting
approfondito, agli agganci alla storia principale di Slipstream,
lentamente portati avanti.
Suscita una certa
meraviglia che mentre molte casi editrici “grandi” rifiutino di
tradurre le trilogie o non le completino mai, Zona 42, pur con
limitatissime risorse, stia invece compiendo il passo opposto: sempre nel 2015 era infatti uscito Effendi, il secondo volume della trilogia
dell'arabesco di John Courtenay Grimwood.
Due trilogie cui manca
solo il gran finale, senza citare le nuove uscite di primavera ora
negli scaffali. Non so quanto sia oneroso sul piano delle vendite e
del rendiconto sobbarcarsi contemporaneamente addirittura due saghe così estese, ma certamente da lettore lo apprezzo molto.
Fonti:
Regina del Sole, di Karl Schroeder (Sito di Zona 42)
Regina del Sole, di Karl Schroeder (Pagina Amazon)
Zona 42 (Pagina
Facebook)
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