mercoledì 10 dicembre 2014

Lo hobbit: guida alla lettura (cap. 5-7)


Al momento di scrivere questa guida uso come riferimento cartaceo la mia edizione de Lo hobbit, l'Adelphi dell'ottobre del 2001. Presenta una traduzione nell'insieme datata se confrontata con la versione filmica, ma personalmente apprezzo certi tentativi di traduzione. Tranne che per noi maledetti nerd, la denominazione uomini neri rende molto più che il semplice troll. Mi sono anche accorto che chiama “orchi” quelli che ho chiamato goblin nell'episodio precedente, ma confido che la maggior parte dei lettori sia familiare con queste distinzioni. D'altronde che sia “Grande Orco” o “Grande Goblin” il senso è lo stesso. Se proprio vogliamo cercare le sottigliezze, “goblin” accentua l'aspetto scherzoso e dispettoso degli orchi delle Montagne Nebbiose, che sono minuscoli e gracili rispetto ai loro palestrati fratelli a Mordor. 
E dopo questo preambolo, via con la seconda lezione del nostro Olsen...

Prima di analizzare il dialogo tra Bilbo e Gollum con la susseguente gara di indovinelli, è interessante osservare Granburrone (o Rivendell, se preferite) com'è visto dalla prospettiva di Bilbo. Come spiega il professor Olsen, Lo hobbit è il diario di Bilbo letto da Frodo; il narratore intravede tutto da una prospettiva strettamente hobbit. Di conseguenza quello che a Bilbo, o nel Signore degli Aneli a Frodo, può sembrare ridicolo, per gli elfi può essere d'importanza fondamentale. D'altronde già nell'approssimarsi a Granburrone, Bilbo pensa:

<< Mmmm! Sento odore di elfi! >>

E dopo quest'indecoroso collegamento tra elfi e cibo, segue una canzoncina che difficilmente possiamo attribuire all'altera razza elfica che caratterizza il Silmarillion:

Dove andate, dove andate
con le barbe scarmigliate?
Come mai, vi domandate,
come mai vi ritrovate
Mister Baggins, Balin, Dwalin
nella valle
questa estate?
ahaha!
Qui restate o ve ne andate?
Spersi i pony, cosa fate?
Muore il dì, non progettate
di partir: sono mattate!
Tanto bello è se restate
ed attenti ci ascoltate,
fino all'ore più inoltrate,
a cantare le ballate!
ahaha!

Risate e lazzi, nondimeno incastonate nella versione inglese dentro una struttura metrica formidabile. D'altronde il narratore-hobbit annota subito dopo:

Così ridevano e cantavano tra le fronde degli alberi; so bene che voi le giudicherete graziose sciocchezze. Non che gliene importerebbe; semplicemente, riderebbero ancora di più. Erano elfi, beninteso.

Elrond stesso, per quanto regale, svolge una particina di scarso rilievo nell'intero romanzo.
Vero, al termine del libro interviene e senza dubbio è la chiave per molti enigmi narrativi de Lo hobbit, ma se confrontato con la versione filmica è sminuito, relegato nei panni di un vecchio elfo saggio, che dispensa consigli in accordo con Gandalf.
Siamo anni luce distanti dall'eroe in armatura che affetta orchi su lupi (sic).

Granburrone secondo Ted Nasmith


Il V capitolo “Indovinelli nell'oscurità” inizia col riproporre l'ormai consueto conflitto Baggins/Tuc: Bilbo, dopo aver battuto la testa e aver perso conoscenza si ritrova solo e sperduto nelle Montagne Nebbiose, tra orchi e chissà quali mostri. Ancora una volta una situazione terribile è involontariamente ammorbidita dal narratore, che commenta Bilbo fantasticare su bacon&caffellatte. Depresso, cerca allora di accendere la pipa (ultimo tentativo di soluzione dal lato Baggins) per arrendersi quando si ritrova senza fiammiferi. E' in quest'esatto momento che il lato Tuc riprende potere, ricordandogli che accendere una fiamma nel buio delle miniere attirerebbe solo i nemici. La soluzione invece è andare avanti e sperare per il meglio.
Bilbo “Tuc” sguaina la spada, che ancora non possiede un nome, e il suo caratteristico luccicore al neon lo rincuora. Dopotutto, è stata forgiata a Gondolin... (nuovo riferimento al Silmarillion).

Il ritrovamento dell'anello e in generale l'incontro con Gollum è l'unico capitolo veramente rimaneggiato nel corso degli anni da Tolkien. L'ovvio motivo era la pubblicazione del Signore degli Anelli, dove un innocuo gingillo utile perché rende invisibili, una sorta di parodia dell'anello dei Nibelunghi, diventa un congegno di corruzione e male assoluto.
E' facile ingannarsi, ritenere che per Tolkien fosse questo il momento fondamentale del libro. Ma non è così. Quando venne pubblicata la prima edizione de Lo hobbit, nel 1937, Gollum non è affatto cattivo. E' una bizzarra creatura, un mostriciattolo repellente ma tutto sommato innocuo, che minaccia di mangiare Bilbo e possiede un anello magico. Nient'altro. 
Se Bilbo avesse vinto la gara, gli avrebbe procurato un regalo. 
Se Bilbo avesse perso, l'avrebbe mangiato. 
In questa prima edizione del 1937, Gollum non si dispera affatto per aver perso la gara degli indovinelli. Anzi, ligio al dovere, accompagna Bilbo fino all'uscita. A un certo punto Bilbo scivola e infila l'anello che tiene in tasca. Scompare e c'è un momento di panico sia per Bilbo che per Gollum: ma scoperto il potere dell'anello, Bilbo rispunta alle spalle di Gollum, mentendo che “è inciampato”.
L'anello potenzia il ruolo naturale di Bilbo, lo scassinatore. E' un oggetto relativo alla sfera tematica della caccia/dell'aggirarsi furtivo (sneaking)/ del ladro. Il gollum del 1937 è dunque una delle tante, fantastiche invenzioni. Una creatura pacifica, quasi “onesta"; quando scopre che ha perso l'anello che doveva essere la ricompensa alla gara degli indovinelli (!) si dispera a tal punto da ripetere “Sorry! Sorry!” in continuazione. Desidera perfino offrire in cambio a Bilbo un pesce del lago! Furbamente, Bilbo gli propone di accompagnarlo fino all'uscita. Una differenza notevole dalla versione attuale.

Tolkien non cercò mai di nascondere le versioni precedenti a quella “ufficiale” ma giustificò la descrizione di Gollum come una scelta di Bilbo, che scrivendo il diario cerca di raffigurasi sotto una buona luce. Corrotto dal potere dell'unico anello, Bilbo mente sull'accaduto e descrive un Gollum amichevole e lontano dal mostriciattolo pieno di rabbia che conosciamo. La nuova versione fa luce sui fatti; la precedente è un abbellimento di un Bilbo falsario. Questo perché non va dimenticato che rispetto alle fredde terze persone che vanno di moda oggigiorno e che parodiano lo stile televisivo, Tolkien scrive sempre nella prospettiva e nello stile di un diarista: dunque ogni singolo libro della saga può venire considerato un prezioso reperto della Terra di Mezzo, ognuno con la “sua” versione della storia. Lo hobbit del 1937 diventa così il diario di Bilbo nella versione edulcorata per le masse.  


Quando viene pubblicato il Signore degli Anelli, il meticoloso Tolkien ritorna su Lo hobbit, correggendolo in accordo al nuovo ruolo dell'anello. Gollum diventa una creatura maligna e tenebrosa, l'atteggiamento s'incupisce e le reazioni quando perde la gara degli indovinelli sono molto violente. A questo proposito è interessante osservare come ogni indovinello rifletta i diversi mondi cui provengono Bilbo e Gollum. Dalla Contea, solare, allegra e campagnola ai cunicoli oscuri e claustrofobici delle Montagne Nebbiose. Abbondano i paragoni al cibo, al mangiare (Gollum), all'essere mangiati (Bilbo).

Il pesce in sé è un animale innocuo. Ma quando è Gollum a descriverlo, diventa qualcosa di oscuro e repellente, inanimato. Una sorta di viscido zombie.

Vive senza respirare,
freddo come morte pare,
beve ma non è assetato,
non tintinna corazzato.

Olsen non riesce ad approfondire nella lezione il ruolo di Beorn, delle aquile e dei Mannari. Osserva correttamente come goblin, aquile, lupi e Beorn siano tutti accomunati dalla volontà di uccidere. Se Bilbo, i nani e Gandalf combattono solo quando costretti, le aquile traggono soddisfazione dall'uccidere gli orchetti e non occorre sottolineare la sete di sangue di Mannari e goblin.
E Beorn? Un vegetariano, certo, ma...

Beorn cercava di non darlo a vedere, ma in realtà il suo interesse era andato aumentando. Vedete, ai vecchi tempi egli aveva conosciuto proprio quella parte della montagna che Gandalf stava descrivendo. Annuì e ringhiò, quando udì della ricomparsa dello hobbit e della loro discesa rovinosa per il ghiaione e della radura dei lupi nei boschi.Quando Gandalf arrivò al punto in cui si erano arrampicati sugli alberi con tutti i lupi di sotto,balzò su, camminò a grandi passi e borbottò: « Come vorrei esserci stato anch'io! Altro che fuochi d'artificio gli avrei dato! ».

Accetta infatti di ospitare i nani solo quando gli dicono quanti goblin ha ucciso. Rispetta la forza fisica ed è spinto da un odio fanatico verso la razza orchesca.

Per quanto riguarda le aquile, Tolkien chiarisce fin da subito che appartengono a una razza fiera; per poi tuttavia aggiungere che vengono bersagliate dai coloni umani e in generale da contadini e boscaioli, che sarebbero comunque i “buoni” della situazione.
Personaggi moralmente ambigui, le aquile nonostante il legame con Gandalf sono lontani dall'essere animali umanizzati e piuttosto rappresentano una certa indifferenza tipica della natura. Sono – opinione personale – un simbolo del fato, del destino che giunge a compiersi per un motivo o l'altro.

Se posso allontanarmi per un attimo da Lo hobbit, farei comunque notare che al di là delle dimensioni, le aquile non possiedono poteri magici. Di conseguenza possono venire ferite, o addirittura uccise se colpite con armi da tiro. Volare fino al monte Fato e gettarvi dentro l'anello oltre che ridicolo è dunque infattibile: anche ammesso che le aquile superino baliste, balestre e catapulte delle forze di Mordor, non avrebbero forza sufficiente a volare per così lunghe distanze. E' una critica francamente assurda. Un'aquila non è un aereo di linea, è un nobile animale.

Nella prossima puntata arriveremo finalmente alla foresta di Bosco Atro, alias Mirkwood! Tra ragni, il Negromante e frecciatine alla razza elfica ci sarà di che divertirsi.

4 commenti:

Marco Grande Arbitro ha detto...

Sai.. i tuoi post mi hanno venire voglia di ricominciare lo Hobbit!
Con questa è la terza volta :)

Coscienza ha detto...

beh, è un libriccino, l'ideale è rileggerlo prima del terzo film (come ho finito per fare scrivendo queste guide, LoL)

Alessandro Forlani ha detto...

Ehm, sai invece che io ho sempre preferito il "libriccino" al "Signore degli Anelli"?...

Coscienza ha detto...


Beh, essendo scritto prima del Signore degli Anelli lo trovo meno "didattico", diciamo così... In questo capisco chi preferisce Lo hobbit...