Un genere letterario diventa un vero
genere quando può vantare un'ampia e diversificata produzione. In
altre parole, per annunciare magniloquente la nascita o, peggio
l'invenzione! Di un nuovo genere occorre poter disporre di una gran
numero di opere, che siano libri, fumetti o film.
Un singolo film, un romanzo occasionale
non bastano per definire un genere. William Gibson non ha inventato
il genere cyberpunk, ma è stato tra i primi e tanti che hanno
contribuito a quel genere.
Non esiste alcun mitico Demiurgo che
forgia nuovi generi letterari o artistici a seconda del periodo
storico. La nascita di un genere è una complessa alchimia di
circostanze storico-culturali, creatività eccezionalmente incanalata
e gruppi di creatori/ivi all'opera.
Per quanto riguarda dunque il genere
steampunk, preferisco trovare un gran numero di opere di bassa/media
qualità piuttosto che un unico stupefacente capolavoro ogni dieci
anni. Un genere è vivo quando produce a getto continuo un gran
numero di opere, quand'anche siano mediocri.
Se lo steampunk si fosse
bloccato alla sperimentazione della Macchina della realtà, sarebbe solo rimasto un interessante esperimento ai margini.
Codex Gilgamesh di Uberto Ceretoli,
rientra perfettamente in questa definizione.
E' un buon romanzo steampunk, dove
l'ambientazione è storicamente documentata, il ritmo veloce e lo
stile piacevole. Tuttavia, non è un capolavoro: è uno steampunk sui
generis.
Si parte con Kentigern, un giovane
scozzese appassionato di archeologia, ma costretto dal padre di
famiglia a studiare ingegneria per fare onore al suo casato. E' un
classico protagonista da shonen. Imbranato, costretto a prove
impossibili, dall'abilità quantomeno rara di finire sempre tra le
poppe della tsundera di turno. Uso il linguaggio degli anime perchè
la caratterizzazione psicologica è quantomeno assente: due
pennellate d'introspezione, un paio di dialoghi e via verso le scene
d'azione.
La tsundera è Eudora, la classica
protagonista da steampunk: un agente segreto bello e letale, la cui
abilità nel duellare e sparare, misteriosamente non s'allarga
all'abbottonare la camicetta scollata. L'autore prova, e questo
gliene do atto, ad approfondire il carattere della protagonista verso
la fine del romanzo, ma senza riuscire a emergere dallo stereotipo
asfissiante della Uber Soldatessa che nonostante tutte le sue qualità
in realtà è solo alla ricerca dell'uomo della sua vita (che
indovinate? E' Kentigern! Che strano, eh?).
Gli antagonisti, come da tradizione
della lega degli straordinari gentlemen, sono tratti da figure
storiche e pertanto risultano molto più interessanti.
Victor Frankenstein, lo scienziato dell'immortale opera di Shelley, è un cattivone
sghignazzante dalla parlata fluente, l'appeal imperturbabile e un
luciferino piano b sempre pronto alla mano. Il suo relativismo nei
dialoghi e nella critica spietata dell'industrializzazione
imperialista di Vittoria lo rendono abbastanza sfaccettato, senza
esagerare.
L'uomo diavolo dai tacchi a molla è il
secondo di Frankenstein. Schizoide, innamorato perversamente di
Eudora, agisce con degli stivali a molla alla Paperinik e artigli di ferro alla Ezio Auditore. E' un personaggio divertente, sia per il
bipolarismo dei dialoghi e degli atteggiamenti, sia per la sua
abitudine a spuntare in improbabili colpi di scena.
Leonardo da Vinci, infine, rimane
piuttosto sullo sfondo, ma lascia parlare le sue invenzioni, che di
capitolo in capitolo aggiungo ulteriore sense of wonder. Non è la
figura storicamente accertata ch'emerge, quanto piuttosto una sorta
di Archimede Pitagorico tuttofare.
Nell'insieme ritengo che gli
antagonisti nel romanzo collaborino meglio dei protagonisti, oltre a
risultare simpatici per il modo con cui provenendo da epoche diverse
si ritrovano tranquillamente a loro agio nell'età vittoriana.
Spring Jack nel fumetto "Captain Swing" di Warren Ellis |
Passiamo dagli esoscheletri a vapore,
all'usuale sfondo di locomotive, dirigibili e tank senza dimenticare automobili a carbone, girocotteri, monocicli e persino
cacciatorpediniere volanti azionate dall'elettricità di Tesla, che
ovviamente non manca di fare una comparsa. Tutta quest'abbondanza
nell'elemento tecnologico persevera nelle ambientazioni e nei
personaggi secondari: abbiamo la legione straniera, le brughiere
scozzesi, le ferrovie tedesche. In questo micidiale poutpurry non c'è
nessun equilibrio, ma per una volta è piacevole disporre di così
tanti rumorosi balocchi con cui giocare. L'autore non usa
assolutamente il bilancino, ma getta allegramente un po' di tutto nel
suo pentolone narrativo, senza preoccuparsene troppo. L'effetto per
chi è avvezzo allo steampunk può sembrare stucchevole, ma per un
lettore alle prime armi dev'essere overwhelming. E' inoltre
positivo che i diversi elementi in gioco siano posizionati in modo da
fornire al lettore un chiaro senso di crescita; si passa dalle
tranquille investigazioni dei primi capitoli, a duelli all'arma
bianca per approdare a violenti scontri tra corazzati.
Lo stile di scrittura risulta
nell'insieme piacevole, gestendo molto bene gli scontri muscolari e
le scene d'azione. I dialoghi, per quanto rientrino comunque nel
registro di un film hollywoodiano, sono taglienti al punto giusto e
solo di tanto in tanto scivolano in metafore e similitudini
eccessivamente contorte. Ogni tanto, gli arcaismi producono un
effetto (quasi) comico sulle descrizioni naturalistiche. Qualche
esempio:
Un fulmine forcuto squarciò il cielo d'ebano.
Il sole era sorto da due ore ma il sudario di fumi e nebbia segregava Londra in una perniciosa oscurità. La donna scostò la tenda di seta fiorata e guardò i pedoni che si riversavano su Wingmore Street e si accalcavano alla fermata dell'omnibus a vapore. Sospirò e disgustata dall'umano brulichio (...)
Quando aprì la porta, fu aggredita da una folata che fondeva antico e moderno in un unico, caldo miasma.
Forcuto? Perniciosa? Un miasma che
fonde antico e moderno?
D'accordo voler aggiungere un tocco
evocativo, ma stiamo attenti che il confine tra l'aulico e il
ridicolo come sanno molto romanzieri di high fantasy è
pericolosamente instabile...
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