domenica 14 luglio 2013

Qualche (stramba) impressione su Pacific Rim

Fioccano le recensioni, ovunque.
Quindi mi son detto: resistiamo. Questo non è un blog di cinema. 
Io non ho un "percorso di studi universitario con le necessarie qualifiche per valutare criticamente un film" come spesso ci ricordano i molteplici critici di professione sulla Rete.
Quindi, sapete che faccio?
Ci metto il sottotitolo impressioni, e di Pacific Rim parlo comunque.

Prendiamola alla larga.



Quando verso gli undici anni guardavo al cinema Il signore degli Anelli non riuscivo a raccapezzarmi per certi dettagli, certi particolari. Li scomponevo, li analizzavo inconsciamente e concludevo sempre con un vigoroso cenno del capo. I dettagli fanno la differenza, in un'opera fantasy. Sbaglia chi afferma che serve solo un elevato budget, per produrre un efficace film di fantasia, che sia l'epica medievale, o il sci- fi retard dei mech.
Conta la cura nella creazione del mondo, conta valutare ogni minimo dettaglio
Realismo, nella fantasia. 
Logica nella fantasia.
Occorre riconsiderare ogni singolo fottuto elemento, ricollocarlo, contestualizzarlo
fino a dargli insomma un senso compiuto.
Apparirà dunque chiaro, che in un lavoro del genere non si può procedere veloci, ma a passo lento, circospetto. Non siamo in presenza di facili blockbuster, o interminabili sequel uno-all'anno. 
Si deve considerare ogni aspetto, inventare un realismo logico che sia di fantasia, ma al contempo mantenga senso. Nel Signore degli Anelli, c'era un momento in cui realizzavo questo "realismo": le mani sporche dei protagonisti. Ci avrete fatto caso, nelle sequenze in cui Frodo infila l'anello, o le mani di Aragorn si stringono sulla spada; le unghie sono sudicie, spezzate con disgustosi bordini neri.

Una simile estrema cura del dettaglio nella fantasia, del realismo nella simulazione emerge prepotentemente in Pacific Rim. Non solo nella cura maniacale dei robottoni, nel design entusiasmante, ma utilitaristico in cui si ha la chiara percezione che Ogni Singolo Pezzo abbia la sua funzione, il suo preciso motivo. Ma nell'ambientazione al collasso, in questa pre-apocalisse di colori sgargianti.

Prendete l'incipit. Breve, conciso, efficace. 
La voce in sottofondo può suonare ridondante, ma la sequenza d'inquadrature è perfetta, mirabile. 
Riassunto stoico di un sopravvissuto, la catapulta in un altro mondo ha centrato perfettamente l'obiettivo.

Prendete gli ambienti sporchi e sudici della prima porzione del film, le masse dei lavoratori ipersfruttati, gli scorci di pura disperazione prima che il protagonista venga strappato al suo stesso auto-imposto esilio.

Prendete l'Hong Kong della parte centrale; paradiso di luci e pubblicità stroboscopiche in un'ambientazione finalmente fumettosa nel senso di cartaceo consunto, di esagerazioni che solo dalla penna di un disegnatore possono uscire.

Prendete l'attore feticcio Ron Perlman, che si presenta non come un personaggio, non come un'attore, ma come un'action figure, una miniatura vivente. Coltello a serramanico, occhialoni neri, scarpe ferrate coll'oro: non vi starete davvero chiedendo se Guillermo sia serio in quel momento.
E' chiaro, che la pretesa di ammorbare il film con il pretenzioso introspezionismo psicologico di Nolan non c'è. E non tenta neppure d'esserci: viene cacciato via, a calci in culo come merita.

A parole davvero fatico a spiegarlo; perchè Pacific Rim è irrealistico se scomposto nelle sue singole parti, ma è ultrarealista se considerato a trecentosessanta gradi.
Il dettaglio, di nuovo. 
Il dettaglio che compie la differenza.



In questo senso, andrò controcorrente, ma la trama di Pacific Rim se considerata a mente fredda è fantastica. Sul serio, è perfetta per un film di questo tenore.

Se siete riusciti a seguire i miei contorti ragionamenti, sarete arrivati dunque a comprendere come Pacific Rim non sia solo un film; ma sia una mitopoiesi.
Guillermo non ha diretto un film, ha creato un nuovo mondo.
Un mondo con una sua logica interna, un suo carattere, una sua personale anima.
Considerando dunque quanto bene questo mondo viva, e quanto bene funzioni- si giunge a un'altra naturale conseguenza: questo è un film- mito. Non nel senso di cult, ma nel senso antropologico: fabbricatore di archetipi, creatore di nuove fiabe, miti da seguire e tramandare. Attenzione! Questo non vuol dire che l'universo di Pacific Rim sia originale; esattamente come Lovecraft è diventato mitopoietico agendo sulle solidissime basi di Machen, Poe e molti altri capostipiti, Guillermo ruba a piene mani dall'immaginario giapponese anni 80, quando ancora l'oriente non larvava nel suo brodo di emo e sequel. 
Ma ancora: Pacific Rim è diverso. 
Prende, ma rimodella, e diventa mito.

Se sarete giunti a comprendere questo passaggio, capirete allora quanto e come criticare Pacific Rim per la trama sia più che risibile; sia stupido, d'accecato mentalmente.
Un film-mito Deve nutrirsi d'archetipi
I personaggi Devono essere stupidi, Devono comportarsi come nel miglior copione tradizionale, come se agissero i personaggi di una fiaba primordiale.
In questo senso la scelta di Guillermo di copia-incolla dei cliché e degli stereotipi di Tv tropes appare necessaria e obbligatoria. Le menate psicologiche, i discorsi sulla patria e sull'onore; non avrebbero funzionato. Kaputt, critica nolaniana. Kaputt, critica sociale.
Questo è un mito. Come insegnano Lovecraft- Houellebecq la realtà non c'interessa. Le fini strizzate d'occhio alla politica, i sottintesi ideologici... Vi prego, davvero. Gettateli nel cesso.
Stiamo lavorando con mitemi, unità primordiali. 
La realtà che ci circonda non ha potere in questo luogo.

mitema-gnocca
A rifinire il film-mito contribuiscono l'Hong-Kong immersa in un bagno Lsd, la scarsa presenza dei governi- non ne sventola una di bandiera americana, non una sola! - il paravento efficace, ma curiosamente anonimo di popolazione ed entourage secondario. Se notate bene, quanto ruota agli archetipi-attori in gioco hanno la stessa consistenza di un'illustrazione cartacea, lo sfondo tremolante di un vecchio cartone animato. Gli stessi personaggi sono fermi nelle loro intenzioni, come appunto in una fiaba non mutano, non cambiano; vengono superati i traumi come richiede il lieto finale, ma la morte dei personaggi di contorno viene vissuta in fretta, senza pathos. Muoiono adempiendo al ruolo prefissato dall'archetipo; andiamo avanti, che abbiamo da costruire un mito.

A voler calcare la mano; sarebbe ingenuo pensare che i due scienziati di contorno siano stereotipi perché il regista era stufo, lo sceneggiatore un coglione. Uno stereotipo spinto così all'estremo non s'incontra per caso; ma svolge la sua precisa funzione di servitore magico, di nanerottolo che soccorre il protagonista. Matematico e biologo sono in Pacific Rim la fata turchina della Disney.

Avrete dunque compreso: per me Pacific Rim è un ottimo film.
A giudicare dagli incassi, trionfa invece "Un weekend da bamboccioni 2".
Umh.
Che volete che vi dica, c'è chi preferisce l'oro e chi la merda.
Son gusti.

Dannati film commedia!

4 commenti:

Irene ha detto...

Davvero una bella recensione, mi hai convinto a vederlo.

Coscienza ha detto...

Oh grazie! Fammi poi sapere che ne pensi, che sono curioso ^^

Alessandro Forlani ha detto...

"Conta la cura nella creazione del mondo, conta valutare ogni minimo dettaglio.
Realismo, nella fantasia. Logica nella fantasia. Occorre riconsiderare ogni singolo fottuto elemento, ricollocarlo, contestualizzarlo, fino a dargli insomma un senso compiuto. Apparirà dunque chiaro, che in un lavoro del genere non si può procedere veloci, ma a passo lento, circospetto. Non siamo in presenza di facili blockbuster, o interminabili sequel uno-all'anno. Si deve considerare ogni aspetto, inventare un realismo logico che sia di fantasia, ma al contempo mantenga senso (...) Una simile estrema cura del dettaglio nella fantasia, del realismo nella simulazione emerge prepotentemente in Pacific Rim. Non solo nella cura maniacale dei robottoni, nel design entusiasmante, ma utilitaristico in cui si ha la chiara percezione che Ogni Singolo Pezzo abbia la sua funzione, il suo preciso motivo. Ma nell'ambientazione al collasso, in questa pre-apocalisse di colori sgargianti."

ESATTAMENTE ciò che ho pensato io!

P.s. eh, Mako...

Coscienza ha detto...

Kikuchi ha sempre il suo perchè :D
E nell'armatura da pilota di Jaeger è splendida *____*