In altre parole è un libro maledettamente difficile da criticare. Eppure persistono luoghi di perplessità, a cominciare da piccoli errori storici tipici degli scienziati che s'improvvisano esperti in campi che hanno studiato superficialmente, spaziando a tesi deterministe alquanto azzardate, che sparano i loro migliori proiettili nel trattare Oceania e America, per poi incespicare nel continente nero, l'Africa.
Nel descrivere l'epica impresa dei conquistadores sono presenti evidenti errori storici, mentre la spiegazione dell'asse Nord-Sud che coadiuvato dalle barriere naturali impedisce la diffusione della tecnologia funziona solo a metà, convincendo solo nella trattazione del continente americano.
Perchè l'Africa nonostante le evidenti risorse ha fallito nella corsa alla tecnologia? Mah!
C'è un abbozzo di tesi basata sulle lingue, ma appare debole, quasi Diamond si fosse scazzato di scrivere.
A proposito della mia rubrica sulle pipe, non ho tuttavia potuto fare a meno di notare la diffusione di una tecnologia particolare: la pipa! Gli aborigeni rigettarono dei compagni maori e neozelandesi (a loro volta indonesiani) praticamente TUTTO, ma la pipa venne rapidamente adottata.
E come dar loro torto?
E' uno splendido oggetto, indispensabile bene primario d'ogni
" La rotta commerciale con Sulawesi lasciò una certa eredità. Gli indonesiani piantarono alberi di tamarindo attorno ai loro accampamenti, e si accoppiarono con qualche donna aborigena. Stoffe, attrezzi di metallo, ceramica e vetro erano importati come oggetti di scambio, ma gli aborigeni non impararono mai a produrseli da soli. Di permanente, gli indonesiani lasciarono qualche parola nuova, qualche rituale, le canoe ricavate dai tronchi e l'uso di fumare la pipa. "
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