Donne, dirigibili e brutti contadini: XIV
Uff, faticaccia, scrivere quest'altro capitolo. Come al solito, se vi va commentate: impressioni, imprecisioni, errori di battitura, sano trollaggio, insomma fatemi sapere ^___^
Avviso: mi sono concesso un po' di fan service. Spero me lo perdonerete, fedeli lettori ^^
La stanzetta d'albergo puzzava di tabacco da pipa, erba, vestiti non lavati. Katherina arricciò il naso, rimpianse di non aver potuto affittare stanza più consona al suo alto grado.
Erano ormai otto mesi che non le giungeva la regolare paga da capitano; ma nel vasto labirinto di scartoffie e lettere della burocrazia repubblikana non era poi così strano. Sopravviveva come il resto dell'equipaggio razziando contadini e villaggi, sottraendo continue quote al raccolto ufficiale.
Enrico lo definiva "rubare", Katherina, come molti altri, preferiva la più morbida definizione di "prestito".
- Insomma Milady! Trattenga il fiato, le ho detto! Pancia in dentro!-
- Ma è proprio necessario stringere fino a questo punto?- disse, e con sorpresa si accorse che stava sussurrando. Respirò. Sentiva il torace costretto nella gabbia metallica del corsetto.
Il cuore accelerò i battiti. Tentò un sospiro, mezzo rantolo soffocato.
- Breathing is unimportant, milady! -
" Non ha perso tempo, la stronzetta. Ha subito chiuso questa dannata- Battè le nocche sui fanoni di balena che componevano il corsetto- gabbia ". Si girò con cautela per inquadrare la servetta, inciampò coi tacchi nell'orlo della stretta gonna a imbuto.
- Ah merda! - Al vedere la servetta impallidire al turpiloquio, Katherina ridacchiò - Non mi ci abituerò mai!-
- Oh è tutta questione d'abitudine, signora – La ragazza le strinse la spalla in segno di solidarietà, prima d'accucciarsi a rifinire gli orli dorati della gonna. Katherina le scoccò un'occhiata attenta, e notò un tremolio agli angoli delle labbra, segno di una risata soffocata a stento.
Accucciata dov'era, la servetta aveva il volto a poca distanza dal suo ginocchio. Fantasticò di colpirla con un calcio in piena faccia, ma rinunciò, quando s'accorse che la crinolina avrebbe smorzato la ginocchiata. Gabbie, gabbie. Il corsetto, la crinolina che sosteneva quella maledetta strettissima gonna che la servetta blaterava essere l'ultima moda lanciata dalla capitale Repubblikana...
Intrecciò le dita, tentò di farle scrocchiare per dissipare la frustrazione.
Vano tentativo: i guantini bianchi impedivano movimenti così indelicati. Sospirò, il respiro si bloccò a metà per il corsetto. Non c'era modo di dissipare rabbia e frustrazione tramite semplici mezzi fisici. Si morse il labbro, ondeggiò sui tacchi: cominciava a comprendere dove provenisse tanto veleno, in quelle agiate mogli di borghesi e famiglie d'alta industria.
La servetta terminò con svolazzo di ago il lavoretto alla gonna, afferrò lo specchio:
- Allora si piace, milady?-
Katherina si guardò nel vetro brunito, rimase perplessa: non si riconosceva in quell'abito a due pezzi, la gonna che s'arcuava nella gobba della crinolina, il corsetto che le strizzava il busto in avanti.
Era... grottesco: una S umana.
Si toccò il viso, delicatamente imbiancato da un accenno di trucco. Gli occhi color ossidiana riflettevano uno sguardo arcigno, leggermente ombroso, esagerato dall'ombretto.
- Sai, Lisa- Katherina accennò un timido sorriso- Tutto sommato hai fatto un buon lavoro -
- Grazie milady, è molto gentile, ma non è stato difficile: sarebbe certo più carina se si curasse maggiormente – replicò la servetta compunta, un inchino per mascherare la soddisfazione.
- Oh ne dubito, ne dubito- Katherina si rimirò nello specchio, agitò uno svolazzo di gonna e trine di merletto. "Certo, è scomodo. Certo, non è pratico. Ma simili colori e un simile vestito..."
Mascherò un sorriso compiaciuto.
Distrattamente si strofinò la guancia destra. Una leggera striscia di talco si staccò, svelando la vecchia cicatrice slabbrata. Un largo millepiedi nero, che lacerava la pelle in un sorriso da marionetta strappata. Artigliò la cicatrice, rinunciò disgustata. Gesto già fatto tante, troppe volte. "Non è giusto, non è..." La rabbia, la frustrazione tornarono a salire.
- Rettifico, Lisa.- Chiarì il capitano, digrignando i denti- Hai fatto un lavoro di merda -
Lasciò la stanza prima che la giovane servetta si mettesse a piangere.
Camminare per città in gonna la mise a disagio. Non erano i suoi vestiti quelli. L'impalcatura di crinolina costringeva a camminare a passettini misurati e lenti, il leggero strascico raccoglieva la polvere della strada, costringendola ad accettare le gentilezze di sconosciuti ch'offrivano le proprie giacche come ponti sul fango della strada.
Era un continuo moine e grazie, inchini e sguardi sdegnati.
Calamitava l'attenzione quasi avesse un cartello sulla testa.
Entro nel pub, ordinò una tazza di thè.
A quell'ora del pomeriggio, era ancora vuoto. Un circolo di studenti e poetastri gustava il primo di un lungo giro di birre. Un trio di soldati beveva al banco, scambiandosi vecchie dicerie di guerra. Nell'angolo più lontano dall'entrata, un paio d'elaborati paraventi in legno dipinto nascondevano un piccolo gruppo d'avventori. Katherina notò stivali neri lucido, un paio di vezzose scarpette da signora e una gonna di seta nera. Un sottile filo di fumo si levava, la pipa nascosta dal paravento.
Oppio, riconobbe Katherina.
" La droga dell'indolenza" pensò. Un soffio, e senti i muscoli appesantirsi oltre ogni speranza. Un altro, e la testa ti comincia a pesare, le palpebre che già si socchiudono. Un terzo e cominci a sdraiarti sulla brandina, perso in sogni ultraterreni. Come si potrebbe desiderare una droga che ti causa sonnolenza, che ti rallenti a tal punto? Ridicolo."
Kelly Champs scostò il paravento. La commissaria spalancò gli occhi a vedere Katherina, prima di riprendersi a sufficenza per correre a incontrarla al tavolo.
- Oh Capitano Katherina, quale sorpresa!- Cinguettò Kelly. Afferrò la tazza di thè del capitano, la trangugiò in fretta. Involontario scudo. - Il vestito ti sta davvero bene, cara. Un tocco di femminilità non guasta, ogni tanto-
- Cara – Katherina calò forte l'accento sulla parola. - Come stai? Ti vedo piuttosto, umh nervosa? -
" Mi rompevi il cazzo perchè fumo erba, eh stronzetta? Vediamo come te la cavi con un'accusa d'oppio!" pensò trionfante.
- Stanca, capitano. Vede quei due?- Kelly indicò la coppia seduta al tavolo, presso cui Katherina l'aveva vista chiacchierare dietro al paravento. - Smerciatori d'oppio. La polizia lavora a smantellare il racket da quasi un anno, e tanta lungaggine meritava una svolta. -
- Fumare oppio e al contempo smascherare il crimine: siete una persona fortunata, Kelly-
- Relativamente. Se sapessi gli antidoti che sei costretto ad assumere poi- la donna fintò un'improvvisa nausea- Non saresti così felice.-
- Ti sei bevuta il mio thè – osservò Katherina, con leggera irritazione.
Fossero vere o false le parole di Kelly, la vaga minaccia d'oppio era stata sventata. Frustrante.
- Oh davvero? - Kelly abbassò la tazza, vuota.- Te ne ordino subito un altro!-
- Lascia perdere, ordina una birra, piuttosto -
- Una donna che beve una birra...-
Katherina agitò l'indice, con fare scherzoso. "Che razza di situazione! Spero passi Enrico, o il resto dell'equipaggio, come promesso..."
- Tira fuori un'altra legge degli Antichi su cosa deve bere una donna e cosa no e non sai cosa ti succede...-
- Tranquilla, tranquilla – Kelly ridacchiò all'espressione minacciosa di Katherina- Guarda, ne bevo una anch'io, d'accordo? - Fece l'occhiolino.
Arrivarono le birre. Guadagnandosi l'occhiata di disgusto di Kelly e lo sguardo curioso di metà degli avventori, Katherina accese la pipa.
- Sai Kathy? Non riesco a inquadrarti...-
- Kathy? -
- Un simpatico soprannome, pensavo -
- Toglilo. Katherina, o capitano, grazie.-
Kelly spalancò gli occhi.
- Ma sei seria? Siamo in abito civile, non a bordo di un dannato zeppellin! Non mi dirai che t'identifichi con il tuo grado militare, no? -
Katherina ricaricò la pipa con lenti gesti metodici.
- In effetti- Riflettè – E' proprio così, mia cara commissaria. Io sono il capitano, e SONO lo zeppellin. - Completa identificazione. -
- Non mi sembra molto sana, come cosa -
- Oh guarda, le nostre birre! -
Katherina sorseggiò la prima metà del bicchiere, e con una smorfia vide Kelly fare lo stesso, senza mostrare la minima esitazione.
" Buona resistenza all'alcool" Ammise a malincuore." Sti commissari sono più duri del previsto!"
- Lasciami capire, Kathy -
- Katherina, commissario – mise particolare enfasi sulla parola commissario.
Con l'indice, ordinarono un secondo giro di birre. Sentì il corsetto stringere ancora.
- Lasciami capire, Katherina: per te la vita si risolve nella tua carica di capitano? -
- Certo. Andiamo! – Katherina indicò con cenno del capo gli avventori – Ti piacerebbe davvero vivere così? Ti piacciono davvero i civili? Questa massa di pecore che trascorrono vite monotone e piatte, un gesto dopo l'altro, fino a morire dolcemente nel loro letto, senza scosse, senza...-
- Non l'hanno scelto, capitano. Senza di loro, senza i civili che disprezzi tanto la Repubblika crollerebbe come un gigante di fango...-
- E allora? -
Kelly si tirò una ciocca di capelli, perplessa.
- Credi davvero – proseguì Katherina, accalorandosi nella discussione , il bicchiere di birra in mano – Che me ne importi qualcosa? - Ridacchiò.- Cazzo, dovesse crollare la Repubblika sarei la più felice di tutti i figli di puttana che abitano questa grottesca palla di fango chiamato pianeta! -
- Kelly alzò un sopracciglio.
Devi proprio essere sempre così volgare, e acida?-
- Oh guarda, il quarto giro di birre! - osservò Katherina.
- Non era il terzo?! -
- Stai perdendo la concezione del tempo, commissaria? - Katherina sogghignò.- Cattivo, cattivissimo segno: sei avviata all'ubriachezza, mia cara! -
- L'unica ubriaca, mia cara Kathy – Kelly scolò il quarto bicchiere con poderoso rutto, un paio di commensali la guardarono stupefatti – Sei tu! E comunque...- Ordinò una quinta birra – non hai risposto, piccola infingarda! -
Katherina sorseggiò la birra con maggiore cautela. Avvertiva quell'insidioso senso d'estrema confidenza e allegria che era tipico dell'alcool; cosa ancora peggiore, la piccola commissaria non mostrava segni di cedimento. "Sia il caso che l'antidoto per l'oppio impedisca anche gli effetti dell'alcool... maledizione! "
- Quello che voglio dire, cara Kathy- riprese Kelly, le guance arrossate .- è che i tuoi risultati sono eccellenti. I rapporti sono perfetti, completi le raccolte e le decime dei contadini a tempi record, e con quote ben superiori al normale. Certo... Molti fantaccini si lamentano dell'eccessiva violenza sui contadini. Ma è il fine che conta, dico sempre! E adesso mi dici che non hai fede nella Repubblika -
- Vedi, cara Kelly. Guarda la donnina alla tua sinistra. Sì, brava, la turista con l'ombrellino annerito dallo smog, appoggiata al braccio dell'uomo baffuto. Quanti anni, avrà, tu dici? Venti, forse venticinque? Guardale il vestito, quei ricami d'oro ai polsi, la cintura all'ultima moda. Osserva, osserva attentamente. Suo marito, presumo, è ancor più ricco. Cappello lucido, ghette impeccabili, giacca di finissimo taglio. C'è tutto. Perfezione. Ricchezza. Una giovane coppia sposata. Ebbene quella coppia è morta.-
- Morta? -
- Morta. Non vive, in altre parole. Vorrei proprio sapere quand'è stata l'ultima volta che hanno rischiato la vita. O che hanno provato qualcosa di simile alla paura, al terrore o alla pura esaltazione. Sorpresa, mia cara commissaria: non hanno mai provato sensazioni del genere. Come ogni bravo cittadino, come ogni bravo civile, vivono le loro ottuse vite senza senso, beandosi di piccole, insignificanti sensazioni: la tronfia superiorità di mostrare quanto sono ricchi, la vuota esistenza di un matrimonio di convenienza, i piccoli peccati di puro egoismo... Sono l'apice della nostra società, il massimo di ricchezza e fama a cui può ambire il normale cittadino repubblikano. Eppure, non vivono. Sono chiusi nelle loro piccole, limitate visioni borghesi, contenti di quello che hanno -
- Emh – Kelly, dopo lo sfogo, incespicò sulle parole, prima di riafferrare il discorso. - non vedo con quale arroganza pretendi di sapere se sono felici o...-
- Cazzo Kelly, meno ipocrisia! Hai combattuto, no? Avanti...- Katherina si sporse verso Kelly, le afferrò il braccio, chiedendole con tono morboso – la prima persona che hai ucciso! -
Kelly tentennò. Sorseggiò la settima birra.
- Un selvaggio – Ammise infine – Un ragazzo pelle e ossa. Cicatrici tribali ovunque, un sorriso sdentato sul volto. - Si strofinò il braccio toccato da Katherina. Socchiuse gli occhi, persa nei ricordi – Un sorriso e un machete. Lo infilò nello stomaco del mio compagno di plotone, prima che gli sparassi in faccia, a bruciapelo. Hai idea di quanto sporchi il sangue, Katherina? Stetti tre giorni, a lavare l'uniforme – Una smorfia – Ero ancora soldato semplice, allora. E tu? -
Katherina stette un trenta secondi in silenzio, a strofinarsi la cicatrice, ossessivamente. Sospirò. Prima di parlare, bevve la nona birra.
- Molto prima di te, temo. - stette quasi per soggiungere qualcosa, poi tacque.- Un'altra volta, Kelly. Un'altra volta. -
- Non mi hai risposto. Devi sempre vomitare parolacce e insultare, quando parli? -.
- Perchè no? Mi diverto sì, a far incazzare la gente. Devia dai soliti schemi. E ammettiamolo.. Ti ho chiesto il primo uomo che hai ucciso proprio per questo...Per marcare la distanza fra noi e loro. I civili sono pecore, Kelly. Vivono nel loro mondo ovattato e confuso, repressi e inveleniti. Non possono nemmeno lontanamente giungere a comprendere quanto sia bello volare, e vedere i confini al di là del proprio villaggio, della propria città. Volare in alto, talmente in alto che sei fra le nuvole, e il respiro ti si ghiaccia. O ancora vivere l'emozione di un assalto ai contadini, le urla, gli spari, questo duello di corpi che si mutilano l'un l'altro in una gioiosa danza..Il brivido di sapere la tua vita appesa a un filo...Il brivido di tagliare questo filo, e affondare la punta dello stocco nella feccia popolana.-
- Sai. Ho pensato fosse crudele, il senatore, a chiamarti psicopatica. Ma ti si addice, temo-.
- Sciocchezze. . Katherina puntò l'indice verso Kelly – Tu e io, siamo uguali. Ti rifiuti d'ammetterlo, ma se si diventa commissari, l'odore del sangue piace, è inevitabile. Ci sono tanti sbocchi, nella carriera militare. Tante vie. Scegliere di diventare commissario è fra le più dure. In assoluto. Solo per scelta s'intraprende quella strada.-
- Stai generalizzando, Kathy -.
- Non sono ipocrita, dannazione! - Katherina quasi gridò, sbattè il bicchiere sul tavolo. Una leggera linea di frattura risalì il vetro, lo infranse in pochi secondi. Il bicchiere crollò su sè stesso, frammenti azzurri sul tavolo – Ho conosciuto altri commissari, mia piccola Kelly. Siete carnefici, cazzo. Voi giustiziate i disertori, voi uccidete i prigionieri di guerra, voi li torturate e interrogate, voi ordinate l'uccisione dei civili della città nemica, voi...-
Katherina stava ancora per gridare, quando le mancò il fiato.
Prese un largo respiro, il corsetto lo bloccò perfido a metà strada.
Il viso agonizzò cianotico, impallidì in pochi convulsi secondi.
Svenne.
6 commenti:
Illuminante! :)
ps. - accelerò
- abituerò
- chiacchierare
- un'altra volta
Scusa se non ti segnalo le righe, sono sicura che rileggerai il testo!!!
Corretto! Illuminante in che senso? ^^
Nel senso che ci sono riflessioni condivisibili. Quando leggo e mi imbatto in pensieri che in cuor mio sento ma che di fatto non riesco a tramutare in parole, mi illumino :) Attendo ansiosa il prossimo capitolo!
...un capitolo più riflessivo sia nella prima che nella seconda parte e che sfiora in alcuni passaggi una sorta di strana poesia...dolorosa, sporca, brutale e malinconica...e che si integra perfettamente nel dialogo rendendolo godibilissimo!..ancora una volta ottimo lavoro=)
Un appunto:Non so quanto siano grandi i bicchieri di birra ma forse li bevono un po' troppo velocemente, nel tempo di due battute ne finiscono uno intero se non mi sbaglio!
grazie^^ ma poesia è un po' troppo, sono solo un artigiano ^^
I bicchieri li immaginavo come bicchieri da birra PICCOLA quando ordini ai bar. Li svuoti in tre rapidi sorsi, di solito (fonte: esperienza personale) Correggerò, togliendone qualcuno.
Anche gli artigiani hanno la loro poetica ;)
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