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lunedì 28 novembre 2016

"Signori dei tetti": il libro dei gatti, di H. P. Lovecraft (Il Cerchio)


Questo libriccino mi aveva sempre affascinato dalla prima volta in cui mi era capitato di sentirne parlare: ho sempre usato l'esempio di Lovecraft amante dei gatti nelle conversazioni con chi lo conosceva poco o male, per evitare il circolo vizioso dell'autore horror-razzista-conservatore. Gli racconti di come Lovecraft fosse rimasto un'intera notte sveglio in poltrona per non disturbare un gattino che gli si era addormentato in grembo e... magia, se non hanno un cuore di pietra, o non sono dei cinofili, lo troveranno subito più simpatico. I gatti sono sempre ottimi per “rompere il ghiaccio”, non importa quanto algida sia la persona con cui state conversando.
E rimane un episodio commovente, davvero toccante: un bel tributo della gentilezza che Lovecraft dimostrò sempre verso amici, umani e animali, che avvertiva artisti in lotta contro la bruttura del mondo moderno.

Originariamente pubblicato nel 1995, a cura di Gianfranco de Turris e lo scomparso Claudio De Nardi (con bibliografia e note dell'immancabile Pietro Guarriello), Il libro dei gatti è una raccolta di 168 pagine su ogni saggio, lettera e racconto che Lovecraft abbia mai dedicato ai suoi amici felini.
La nuova edizione, del 2012, amplia il materiale di partenza, lo compatta, aggiunge una lettera-commiato di Claudio De Nardi, illustrazioni originali, oltre a commenti, analisi, saggi...
Nonostante l'argomento di partenza possa sembrare ristretto e per certi versi “volgare” (ah!), lo studio è condotto con una tale serietà e una tale attenzione da non sfigurare affatto di fronte a compagni più blasonati sullo stesso filone.

venerdì 30 settembre 2016

Providence 08. The Key, di Alan Moore. Annotazioni, analisi e traduzioni.


Considero Providence 08 uno dei turning point della saga di Alan Moore.
Nei numeri precedenti di Providence, l'elemento orrorifico era predominante: che fosse politico, cosmico, sociale, gore, puramente soprannaturale, lo scopo era trasmettere la paura e l'angoscia del protagonista. Con Providence 08 invece, il discorso si apre ad altri sentimenti e altri orizzonti, pur restando pienamente nei canoni lovecraftiani.

Vediamo qui compiutamente all'opera quale ampiezza, quale dimensione abbia preso la ricerca di Moore: invece che limitarsi, come tanti epigoni pennivendoli, ai racconti dell'orrore, il buon Alan arriva finalmente a trattare le Dreamlands di Lovecraft. Comprende perciò che non tutto Lovecraft è horror e non tutto Lovecraft è Cthulhu; realizzazione a cui molti sedicenti “appassionati” ancora non arrivano. Sul suo sito, S. T. Joshi ha sottolineato più e più volte quanti e quali interessi nutrisse Lovecraft; come al di fuori della fiction avesse coltivato una personale filosofia e stile di scrittura che pur rigettando (nei contenuti) il Modernismo, in realtà (nella forma) lo adottava senza remore.
Uno studio dell'epistolario, come della filosofia lovecraftiana è ancora parziale e frammentato: e uno dei principali ostacoli resta senza dubbio l'ostinazione con cui sia fan che anti-fan si concentrano su una minima parte di quanto ha scritto, trascurando tutto il resto.
Dove sono gli studi sul concetto di scienza per Lovecraft?
Sulla sua evoluzione filosofica?
Sul newdealismo/interventismo statale degli ultimi anni?
Dove sono – è il nostro caso – gli studi sulla sua produzione dunsaniana, di stampo onirico?

Per i fan, ogni minimo aspetto della vita del povero H. P. dev'essere ingigantita, distorta, mitizzata fino a trasformarla in un aspetto dei suoi racconti. 
Quel dato evento traspare in quella data opera; quel trauma in quello specifico mostro... 
Quando questo genere di analisi non funziona, il fan si limita a cercare dettagli inquietanti, sulla base del semplice assioma: racconti inquietanti = scrittore inquietante. Dall'altro, gli anti-fan si limitano a riprendere queste scenette, queste citazioni della vita di Lovecraft, capovolgendole però in chiave negativa: l'inquietudine diventa così razzismo, fobia, nazismo, comunismo ecc ecc
I fan e gli anti-fan (etichetta dove raccolgo sia gli haters puri che alcune frange intellettuali) sono però stranamente simili: entrambi cercano un Lovecraftmitico”, probabilmente mai esistito, dotato di orribili o meravigliose caratteristiche a seconda dell'interlocutore.

Perchè finalmente si riconosca il valore di Lovecraft bisognerebbe abbandonare questa “idolatria” di Lovecraft per abbassarlo a quanto ha sempre voluto considerarsi: un essere umano tra i tanti, contraddittorio e propenso a cambiare come tutti. Si potrà allora accorgersi di quanti e quali aspetti si continua a trascurare, senza infognarsi nelle solite polemiche.

In Italia, lo studio di Lovecraft è nel vicolo cieco dell'evoluzione a causa della traduzione mancata di ogni studio accademico serio: ogni articolo su Lovecraft vi sa citare due soli autori: Stephen King e Houellebecq. Ironia delle ironie, sono due autori tra i peggiori nel campo, sostenitori a oltranza di un Lovecraft talmente stereotipato da risultare una marionetta, un involucro che ha l'unico scopo di contenere le idee dei due autori, senza il minimo legame con la realtà, che sia la bibliografia, o l'epistolario del Solitario di Providence. 
King, che ritrovo citato ovunque in articoli persino universitari, o presunti tali, non ha mai compreso nulla di Lovecraft, se non quei due concetti e quei due personaggi da plagiare a oltranza. Non metto in dubbio che King sia un bravo romanziere, ma non è uno studioso e si vede: non c'è alcuna riflessione seria su Lovecraft, il che bene si accorda con il suo anti-intellettualismo
Houellebecq “inventa” il suo Lovecraft per adattarlo alle sue idee politiche, tirando fuori qualche idea interessante (le osservazioni sullo stile di scrittura, ad esempio, le critiche a Freud) ma in ultima analisi anche lì Lovecraft non esiste, ne sopravvive solo un esagerato “mito”. 
Non abbiamo roba tosta, cazzuta, non abbiamo nemmeno le fondamenta: rendiamoci conto che tutt'ora S. T. Joshi è stato tradotto in più lingue, russo compreso. Russo, diamine! 

In America, è ormai impossibile menzionare Lovecraft senza ricevere una minaccia; o da chi ti accusa di razzismo, o da chi ti accusa di svalutarlo. Stretto tra le due morse, non c'è da sorprendersi se S. T. Joshi stia diventando sempre più un vecchio malmostoso chiuso sulla difensiva. Dev'essere frustrante vedere svanire il lavoro di una vita da scrittori ansiosi di sollevare un po' di pubblicità gratuita, che sia insultando, o all'opposto dichiarandosi il suo nuovo “erede”.

Con questo ottavo numero di Providence ci spostiamo nella direzione giusta, per altro finalmente ponendo su carta un Lovecraftuomo” che sia credibile senza risultare macchietta. Mostrare le Dreamlands forse spingerà qualche fan a interessarsi a qualcosa di diverso dal Ciclo di Cthulhu, anche se sono pessimista al riguardo...  

Come per gli ultimi 3 numeri delle annotazioni, le prime 13 pagine sono state tradotte da Matteo Poropat della Tana dello Sciamano. Fateci un salto, sta per lanciare un'interessante rubrica su Hellboy tra cinema e fumetto. Le annotazioni sono come sempre tratte da Facts in the Case of Alan Moore's Providence


The Key