venerdì 19 maggio 2017

Lo sventravampiri, di William King - rileggendo la saga di Gotrek&Felix


Arek Daemonclaw ucciso, l'orda del Caos dispersa al vento: Sventravampiri si apre con la città di  Praag trasformata in una Stalingrado medievale, un cumulo di macerie, catapecchie e civili che bruciano spazzatura per riscaldarsi nella neve dell'inverno kislevita. 

Felix Jaeger, con i podromi di una febbre in arrivo, sta tossendo tra le strade di Praag, quando scopre il cadavere di una prostituta, sorvegliato dalla guardia cittadina: nonostante i bifolchi siano convinti che la donna sia stata uccisa da un demone, il cadavere, completamente dissanguato, presenta due chiari fori in corrispondenza del collo. Impensierito, Felix si dirige verso la locanda dove Gotrek è intento alla sua seconda attività preferita dopo il combattimento: ubriacarsi

Nel frattempo, Adolphus Krieger sta bevendo un bicchiere di vino in una sudicia osteria, quando un nobiluomo e i suoi sgherri cominciano a prenderlo in giro. Una battuta attira una provocazione, una provocazione una rissa nel vicolo: presto Adolphus svela due canini da vampiro e con velocità soprannaturale sgonfia i stupidi sacchi di sangue che lo minacciavano. Il conte vampiro, giunto a Praag dopo la battaglia, è alla ricerca di un amuleto in possesso di un ricco antiquario del luogo. L'Occhio di Khemri è un artefatto magico, che se correttamente attivato potenzia oltre misura le capacità magiche del suo utilizzatore, rendendogli possibile il dominio non solo sui vivi e sui morti, ma persino sugli altri vampiri. Uno dei tanti, pericolosi, gingilli di Nagash... 
Adolphus purtroppo sta incontrando difficoltà a controllarsi nella città degli umani, sempre più preda della sete rossa: la prostituta incontrata da Felix è una delle tante vittime di Adolphus, che come i maghi umani, sente la magia grezza del Caos contaminare la città. 

Il Conte Andriev, un lontano cugino del Duca che governa Praag, assolda Gotrek, Felix, Ulrika e Max per proteggere il suo tesoro, una collezione d'arte e di strani cimeli. “Fra Benedetto”, il suo uomo di fiducia, è sparito in circostanze poco chiare e i mercenari sembrano venire uccisi o fuggire dall'incarico. Allettati da un bel po' d'oro, Gotrek&Felix accettano immediatamente: mentre la coppia investiga cosa sia successo al vice del Conte Andriev, Ulrika e Max fanno la guardia alla collezione. Tra i tanti artefatti magici, Max scopre proprio quell'Occhio di Khemri ricercato dal vampiro Adolphus. Tentando di scoprire la funzione dell'oggetto, Max vi rimane ipnotizzato, ingabbiato dalla difesa magica tessuta a suo tempo da Nagash. L'attacco del vampiro lascia pertanto la sola Ulrika a fronteggiarlo: nonostante il tempestivo arrivo di Gotrek, il vampiro riesce a sottrarre l'Occhio e a rapire l'amore di Max e Felix. 

Una disperata caccia al vampiro si scatena allora dal Kislev fino alla putrida Sylvania, una lotta contro il tempo per impedire a Ulrika di diventare una vampira e ad Adolphus di scatenare una nuova era dei Non-morti... 

Non c'è romanzo ambientato nel Vecchio Mondo che non sia cupo, ma spesso è una cupezza di maniera, un vezzo della descrizione che include teschi e violenza come elementi puramente “di contorno”. Sangue di Vampiro è cupo, ma per altre ragioni; per la prima volta si tratta di una faccenda personale: è la vita di Ulrika a essere in gioco. 
Felix, ad esempio, non è mai stato così abbattuto come in Sventravampiri; odia-ama Ulrika per averlo lasciato a favore di Max, ma nel contempo si danna l'anima per averla lasciata sola alla mercé di Adolphus Krieger. La disperazione del gruppetto di eroi  filtra dalle pagine, è un incalzante sprone a continuare la lettura. Occorre disperatamente raggiungere il vampiro, costi quel che costi. 

… e non è un succhiasangue della nuova generazione! Adolphus è un vampiro come li conosciamo dai film della Hammer: si veste elegantemente, è un “conte” con una sua setta di seguaci rimbecilliti e un fedele servitore “umano”, ma nel contempo è estremamente violento e presuntuoso. Dal titolo di un bel romanzo di Kim Newman, una “bestia in abiti di velluto”. William King è sempre riuscito bene ad esprimere il disprezzo e l'ottusa arroganza degli aristocratici, che nell'Impero sono sempre cattivi. Adolphus non fa eccezione e si comporta con la presunzione di un Conte prima che di un vampiro. E' piacevole leggere di un vampiro del genere, specie perchè ormai le storie al riguardo si sono polarizzate tra i due opposti estremi del non-morto romantico alla Twilight e dall'altro il parassita-insetto alla Guillermo del Toro. L'aristocratico che succhia il sangue del suo popolo è invece una tipologia di mostro completamente scomparsa, ormai presente solo nel mondo reale nella forma dei baroni della finanza e dei ceo delle multinazionali. 

Il romanzo si presenta praticamente diviso in due parti: una prima parte urbana, nella città distrutta di Praag, dove si delinea l'attacco di Adolphus. Una seconda parte dove Felix, Snorri, Max e Ivan si gettano all'inseguimento del mostro, passando dal Kislev alla Sylvania, fino a un classico combattimento, paletto in mano, nel castello di Drakenhof.

La prima parte è interessante, perchè agli occhi di Felix Adolphus diventa una specie di serial killer, un Jack Ripper che lascia alle sue spalle una scia di prostitute dissanguate. Fa persino capolino quell'umorismo che si era andato perdendo dal terzo volume in poi: 

– Desiderate, emh, qualcosa da bere? Forse un po' di tè?
Snorri Spaccanaso e Gotrek si guardarono l'un l'altro con incredulità. Sembrava si stessero chiedendo cosa ci facessero in quel posto. Erano stati portati via dalla taverna allettati da generose quantità di oro. Quando Felix li aveva trovati erano impegnati a fare a botte con alcuni cavalleggeri kisleviti. Felix e gli altri erano rimasti da parte in attesa che i due Sventratori sconfiggessero otto avversari, per poi avere la loro completa attenzione.
– Birra – grugnì Gotrek.
– Vodka – disse Snorri – Una secchiata.
– Io prendo un po' di tè. – disse Max. Ulrika annuì. Felix fece un cenno di diniego con la testa. Ora era ampiamente coinvolto contro la sua volontà. Era alquanto ovvio che questo nobiluomo era abbastanza ricco da potersi permettere delle guardie del corpo personali, e sicuramente i tesori che si trovavano in quella casa erano di grande valore. Perchè aveva bisogno di loro? O meglio, come aveva saputo di loro?
– Cosa vuoi da noi vecchio? – disse Gotrek.
Sempre il solito diplomatico, pensò Felix indispettito.

Oppure, gustatevi quella bella dimostrazione di diplomazia e pazienza da parte di Gotrek: 

– Apri la porta, Heinrik! – urlò. – Sappiamo che sei là dentro.
Ancora nessuna risposta.
– Conto fino a tre e se non apri, butto giù la porta – sbraitò Gotrek.
Felix sentì il silenzio più totale dall'altra parte. Guardò il Nano.
– Tre – disse lo Sventratore, e la sua ascia sfasciò la porta riducendola a un cumulo di legna da ardere.
– Non è stato molto gentile – disse Felix saltando per varcare la soglia.
– Non avrebbe risposto, Umano.  

La seconda parte alterna la lenta discesa nel vampirismo di Ulrika e nel contempo il furioso inseguimento di Gotrek&Felix. Adolphus – nomen omen – nutre grandi ambizioni di dominare il mondo, asservendo gli altri vampiri per scatenare una nuova guerra contro i viventi. Man mano che si lega all'Occhio, il suo potere cresce esponenzialmente. Quando giunge il confronto finale, è pienamente in grado di evocare interi reggimenti di zombi e scheletri. Mentre il drago del quarto romanzo non riceveva grande spazio e Arek del quinto era tormentato dai dubbi, Adolphus è un antagonista ripugnante e sicuro di sé, capace di far impensierire persino un nano come Gotrek. Non è pericoloso quanto il Divoratore di Khorne del terzo romanzo, ma non è certo da sottovalutare. 

Com'è logico aspettarsi, King descrive con efficacia le stamberghe e i caseggiati decrepiti della  Sylvania, una landa dove solo i secondogeniti delle casate nobili più povere dell'impero vanno a regnare. I castelli sono ricoperti di polvere e ragnatele, mentre il dominio dei vampiri è sofisticato e nascosto: a differenza di Adolphus, si accontentano di regnare fingendosi umani, abbeverandosi a un gregge di cavalieri e dame adoranti. 
Perfida la descrizione della plebe del regno, una razza di contadini redneck flagellata da ogni sorta di malattia e degenerazione genetica, così povera da gettarsi spesso nel cannibalismo (da cui la piaga dei ghoul...). 

Sicuramente fu Space McQuirk, a metà anni '90, ad approfondire per la prima volta la storia delle linee di sangue dei Conti Vampiro e dei Von Carstein. Se ne parla nel White Dwarf italiano 32, maggio 2001. In precedenza, credo sia stato Tuomas Pirinen a confessare che una delle principali ispirazioni per la storia dei Conti era stata la novella di Clark Ashton Smith, L'Impero dei Necromanti

E' un background particolarmente ricco per un'idea altrimenti trash come i vampiri della Hammer: 

– Gli Eruditi ritengono che i Sempiterni possano essere... classificati, forse sì, questa è la parola migliore, in diverse linee di sangue. Quelli di cui parliamo noi sono considerati i discendenti dei Vampiri originali della città di Lamia nel Regno di Nehekara fondata da Nagash oltre tremila anni fa. Si suppone che ciascuna linea di sangue condivida alcuni tratti del proprio progenitore e che abbia diversi punti forti e deboli a seconda degli antenati. 

A proposito, lo sapete che nel “making off” di Evil Dead: Army of Darkness i responsabili agli effetti speciali raccontano di aver costruito dei piccoli diorami per avere un'idea dell'aspetto dei non-morti che voleva Sam Raimi? Non specificano quale marca e quale compagnia li produceva, ma nel documentario raccontano di aver comprato in negozio dei soldatinischeletri”. 
Considerando che L'armata delle tenebre esce nel 1992, non credo ci fossero molti kit di miniature di scheletri lì fuori, al di fuori della plastica della Games Workshop. 
Sappiate voi commentare dall'unica immagine del documentario: 


I diorami, approvati da Raimi, servirono poi a creare i modelli in scala reale per le riprese del film cult, che a sua volta citava il grande Harryhausen. 

Purtroppo, lo stile di scrittura continua a peggiorare, anche se va riconosciuto a King come sia responsabilità del traduttore. Non so se la Hobby&Work stesse all'epoca fallendo e si affrettasse a far uscire quanti più romanzi possibili, confidando nella scarsa capacità critica dei ragazzini dei negozi della Games Workshop. 
Raramente ho letto una traduzione tanto orribile. Sembra letteralmente che non vi sia stato nessun controllo di qualità, ma nemmeno a livello di correttore automatico. Ogni termine di razza, come “Nano”, “Elfo”, “Sventratore” è scritto coll'iniziale maiuscola. 
Il mio errore di battitura preferito resta “Vampir0”, con la zero della 0. 
Senza citare una mancata impaginazione, righe mancanti, titoli ad cazzum... 

Snorri  non era meno pericoloso. Con una mano reggeva un'ascia a doppia lama e nell'altra un martello d'arme. Brandiva le due armi con la stessa maestria della maggior parte dei guerrieri, agitandole in sincrono e vorticando come un dervish impazzito che si è fumato marijuana per affrontare il nemico. Non appena uno degli uomini incappucciati cadde sotto una raffica di colpi, Snorri calpestò il suo cadavere e si gettò addosso a un altro e, mentre una risata di goduria compariva sul suo viso, rutti sregolati dal profumo di mirto salivano dalla profondità del torace. 

Da dove partire, per esaminare l'orrore di questo passaggio? 
Dervish” lasciato in originale, nonostante ormai tutti traducano “derviscio”, proprio per sottolineare un movimento a trottola. 
“Che si è fumato marijuana”? Diamine, cosa posso commentare? William King scrive in inglese “weed” che al massimo si potrebbe tradurre con erba, intesa come una droga fantasy che induca un'agitazione furiosa. Erba-pipa, se proprio vogliamo mantenere una traduzione letterale. Ma cosa diamine centra la marijuana? E' un mondo fantasy basato sulla Germania del 1500! 
“Una risata di goduria”. E perchè non una risata di goduria casereccia, già che ci siamo? E' un pranzo o un combattimento? Santo cielo!  
“...profumo di mirto salivano dalla profondità del torace.” Mi arrendo, mi strappo i capelli, non so più cosa dire. Qualunque cosa abbia scritto King, sono sicuro che non fosse così potentemente idiota. Questa non è colpa del traduttore, come amano arrabbiarsi tanti blogger minus habens; è colpa della casa editrice che paga (poco o nulla) i suoi dipendenti e li costringe a lavorare più in fretta possibile. Nessun traduttore, professionista o meno, farebbe un simile scempio volontariamente. 

Stringendo i denti dopo questo martirio, bisogna ammettere che Sventravampiri resta uno dei romanzi più interessanti della serie, rispetto al tono svogliato di Sventrabestie e alla parentesi di Sventradraghi. Per un'ultima volta questa strana compagnia di nani sventratori, maghi e avventurieri si trova riunita per affrontare un antico nemico. Qui, con tutta probabilità, William King affina ormai al meglio i diversi caratteri e il concerto di voci di Gotrek, Felix e Max. Quest'equilibrio di combattimenti e dialoghi funziona come un meccanismo bene oliato, regalando un'ultima avventura prima del settimo e ultimo romanzo di William King, Sventragiganti

Fonti: 

2 commenti:

Marco Grande Arbitro ha detto...

Come stai caro?
Io sono stato un po' fuori dalla blogsfera, ma sono tornato. Mi recupero tutti i tuoi articoli persi lo scorso mese.
Mi fa piacere ricominciare con Gotrek & Felix

Coscienza ha detto...

@Marco Grande Arbitro
Bene, dai, si avvicina la sessione di esami di giugno, ma ho ancora tempo (circa :D)

Con Gotrek&Felix si sono accumulati un bel po' d'articoli, ormai...