In seguito alla parentesi di Sventradraghi, Gotrek&Felix tornano finalmente a Praag, ormai assediata dalle orde del Caos: una gigantesca armata di guerrieri e uominibestia (tanti uominibestia!) si prepara ad assaltare le mura in un massiccio tritacarne. Il condottiero di Tzeench, Arek, sa bene di non poter aspettare: mancano ormai pochi mesi all'inverno e senza viveri e senza riparo, l'orda rischia facilmente di disgregarsi. I russi kisleviti hanno infatti fatto terra bruciata di ogni raccolto.
Intrappolato a Pozzo Infernale, Thanquol conquista nel frattempo la fiducia dei suoi carcerieri del clan Moulder reprimendo una rivolta alla Spartaco guidata dall'ex Lurk, ora un intelligente rattogre ingozzatosi di warpietra. Con un piccolo esercito alle sue spalle, Thanquol può ora investigare gli strani affari degli umani-umani e impicciarsi negli intrighi di Arek e Praag.
Disperato per aver dovuto abbandonare il maniero di famiglia all'avanzata del Caos, Ivan Straghov continua a compiere operazioni di guerriglia alle spalle dell'esercito, assaltando i rifornimenti, eliminando i ritardatari, fino a quando non riesce a mettersi in contatto con la zarina di Kislev, Katarin, che sta radunando per proprio conto un esercito per soccorrere la città assediata.
E' una trama secondaria, ma Ivan e i suoi “lancieri” alla polacca torneranno a giocare un ruolo fondamentale nel romanzo successivo, Sventravampiri.
Nel frattempo, nella città assediata, il clima tende all'apocalittico e i nemici si rivelano sia esterni che interni. Felix Jaeger sfugge a stento a una cellula di cultisti di Tzeench incaricati da Arek di uccidere lui e lo sventratore, mentre sulla città si abbattono una pestilenza magica, un assalto di uominibestia, un tentato assassinio del Duca, zombie redivivi e un avvelenamento dei pozzi.
Gotrek e Snorri la prendono sportivamente; Felix, acciaccato e malaticcio, un po' meno. Deve infatti sopportare una delusione d'amore con Ulrika, ormai in relazione (semi)amorosa con il mago umano Max. Il popolo è talmente teso, talmente esasperato dal razionamento e dalla paranoia, che un cacciatore di streghe giunge ad accusare lo stesso Gotrek, che lo decapita senza complimenti.
Riusciranno i nostri eroi – quattro nani ubriachi, un poeta, un maghetto e un'algida kislevita – a salvare la città?
Ho sentimenti contrastanti su questo ormai quinto capitolo della saga.
Da un lato, lo si legge velocemente e diamine se ci si diverte, come con ogni libro di William King. C'è qualcosa, nonostante la semplicità delle situazioni e i personaggi abbozzati, che spingono a voltare pagina, continuamente. Certo, l'azione è continua, persistente, mai strascicata o pesante; allo stesso modo c'è un cast di personaggi che ormai conosciamo più o meno bene, che recitano esattamente come ci si aspetta. Fatta forse eccezione per Ulrika, qui davvero descritta malamente, Snorri e Gotrek sono simpatici, i dubbi di Max comprensibili e Bjorni e Ulli due macchiette comiche.
Dall'altro, se Dragonslayer era improvvisato sul momento, anche Beastslayer non è da meno, con l'aggravante che la storia chiaramente non è bene calibrata: il punto focale del romanzo, l'assedio finale, è concluso in poche pagine, mentre la preparazione dello stesso si trascina troppo a lungo. In altre parole per ¾ del romanzo leggiamo dei complotti e dei preparativi di Arek, ma solo nell'ultimo quarto lo vediamo in azione. E quest'ultimo quarto, sembra scritto in fretta, malamente, quasi si avesse ansia di concludere. Lo scontro con Arek – che ci si immagina già dalla sinossi – viene risolto con neanche mezza facciata di descrizione. Sembra quasi che la “polpa” del romanzo sia scritta senza fare attenzione, mentre i dettagli insignificanti come le sottotrame e i capitoli d'intermezzo siano stati riscritti più e più volte.
Leggere di un assedio risulta sempre interessante, specie considerando come scarseggino negli ultimi fantasy. Praag è una grande città umana, con una doppia cinta di mura dotata di protezioni magiche. I kisleviti non usano armi a polvere nera, ma troviamo trabucchi, catapulte, paioli di fuoco alchemico, baliste e maghi lanciatori delle famose palle di fuoco. Tra gli attaccanti, compare un tentativo di guerra biologica, con il lancio di cadaveri “benedetti” da Nurgle, sabotaggi e assassinii di sette del Caos e per l'assalto finale torri d'assedio di metal(lo), animate da un demone incatenato alle ruote.
It was taller even than the walls of Praag, a structure built from wood, and sheathed in the black iron of the Wastes, doubtless drawn from the daemonic forges beneath the ruins of Karag Dum. The plates were moulded into the shape of leering daemon heads, or inscribed with unspeakable runes whose evil light hurt the eye. The tower that Felix gazed upon had a massive cast head of Khorne attached to its front. Its wheels were embossed with faces similar to that of the great bloodthirster he had faced in the lost dwarf city. It gave the impression of immense size and solidity. It seemed more like a mobile tower from some iron keep than a mobile engine of war. And yet it moved, powered by sorcery, lumbering forward as fast as a man might trot, bouncing on the rutted ground, crushing any beastman unfortunate enough to fall in its path.A huge two-headed battering ram flickered from Khorne’s gaping maw, for all the world like the tongue of some vast snake. At the tower’s top a crew of tribesmen manned a small ballista, and were frantically bringing it to bear on the defenders. Through dozens of small windows in the machine’s sides, Felix could see the shadow shapes of the warriors waiting within.
Sigmar sia ringraziato, gli sventratori non si impressionano così facilmente. Bjorni, il nano sessuomane di Sventradraghi, ci regala infatti questa... perla di comicità nanesca, una battuta talmente rozza che stento a trascriverla:
“One down, twelve to go,” Ulli muttered.“I could show them a bigger tower,” growled Bjorni, “and mine doesn’t come down so fast either.” No one seemed interested. A company of fresh bowmen raced into position on the battlements near them. Their officer shouted instructions. The men knocked their arrows, drew their strings back to their ears and then let fly. More Chaos worshippers fell.
“No one seemed interested” si premura di far notare King, nel caso il lettore abbia in mente un'oscena fan fiction.
L'assedio è uno spettacolo ad ogni modo brutale, dall'inizio alla fine. Dai singoli combattimenti alla prospettiva a volo d'uccello, King ci mostra una sequenza di massacri e spargimenti di sangue in crescendo, con migliaia su migliaia di soldati trucidati in assalti alle mura, cariche di cavalleria e sortite. In tal senso, il discorso/minaccia di Arek a inizio romanzo è emblematico di tanta brutalità:
“I am Arek Daemonclaw,” said the Chaos warrior. By some magical trick his voice carried clearly over the distance separating him from the walls. It was a powerful voice, suggesting one used to instant obedience to his every command, and there was something in it that compelled belief. Not sincerity, just raw certainty. “I have come to kill you all.” Such was the force of that voice that a woman near to Felix screamed and fainted. The fat merchant moaned. Felix felt his hand tense around the pommel of his sword. “I will build a pile of skulls higher than those walls you cower behind, and I will offer up your souls to the gods of Chaos. The Time of Changes is here. The false dominion of your petty kings is over. Now the true rulers of the world will stand revealed. Think on this and tremble.” He glared around one last time. “Now, prepare to die!”
Il lavoro svolto da King su Felix Jaeger è notevole. Dal primo libro della saga c'è stato un lento lavoro di crescita del personaggio, costruito con quelle piccole dosi necessarie a renderlo credibile. Specie se si leggono i romanzi in serie, quasi non ci si accorge di come il rude spadaccino di Sangue di Bestia sia lo stesso che tremava per il freddo e la paura nel primo racconto di Sangue di Troll.
Passati sono i tempi del poeta un po' pavido, un po' schifiltoso, anche se Felix mantiene un background da studente di lettere che King trova sempre il modo di mostrare. Sono anche questi (finti) riferimenti culturali a dare spessore a un'ambientazione. Ad esempio, Felix menziona in Trollslayer il commediografo rinomato “Detlef Sierck”, in realtà nome di nascita dell'americano Douglas Sirk, autore hollywoodiano di melodrammi.
Gotrek, al contrario, resta ancora una roccia. Se nel romanzo successivo, Sventravampiri, si “sgela” un po' e in “Sventragiganti” addirittura parla o espone le sue riflessioni (!), in “Sventrabestie” è un macchina per uccidere, una bomba a orologeria che devi solo puntare verso la siepe di uominibestia da potare con la sua portentosa ascia. Va però riconosciuto come King inserisca un bel colpo di scena, divertente anche per i suoi standard...
Che dire poi di Snorri? Cioè, alla fine è un nano psicopatico che si è conficcato dei chiodi nel cranio. Non vi potete aspettare Shakespeare. King è assolutamente perfido nel descrivere un personaggio ottuso tra gli ottusi:
Even as Max finished speaking, Snorri Nosebiter emerged from the gloom and the snow. “Funny ghostie things attacked Snorri. Stupid things kept hitting him. Nothing happened.” “You didn’t feel anything — fear, terror, pain?” Felix asked. “No. Snorri didn’t feel any such things.” Snorri sounded insulted by the very suggestion. “That’s because you need a brain to feel fear, manling,” said Gotrek. “Snorri doesn’t have one.”
Sei appena stato attaccato da un fantasma ultraterreno, Snorri! Oh, well...
La trasformazione di Max Schreiber da stregone alle prime armi a mago esperto viene qui delineato con chiarezza. Max è un personaggio “buono”: empatico, cortese, erudito, che sa come comportarsi, persino nella gelosia che prova verso Felix. Ho apprezzato come la magia nel mondo di Warhammer di King sia una mescolanza di studio e istinto naturale: più Max sperimenta con la magia, più ne diventa esperto. Nel contempo, tuttavia, questa padronanza dei venti della magia ha il suo prezzo, perchè ci si astrae e allontana sempre di più dalle persone, costantemente in odore di dannazione.
Totalmente assente Ulrika, scribacchiata in qualche paragrafo a inizio romanzo, ma senza un ruolo autentico. Rispetto alla costruzione psicologica di Dragonslayer è un brutto passo indietro.
Le cattive compagnie dei nani rendono Felix un cattivo compagno per Ulrika, semplicemente perchè lo rendono un alcolizzato cronico:
“I am sure he would not. Have a drink. That might help calm your nerves.” She gave him an angry glare. “You have been drinking too much since we got here.” It was the old argument. She always brought it up. Compared to most of the people they travelled with, he hardly drank at all. Of course, most of them were dwarfs, so perhaps that did not mean too much. “Well, I have not been drinking today,” he said. “I have been at the Gate of Gargoyles, fighting.”
Arek Daemonclaw è una nemesi interessante. La sua affiliazione a Tzeench gli permette una chiaroveggenza che tuttavia, Cassandra docet, lo condanna a un Fato difficile da scampare. La sua collaborazione con i maghi gemelli Lhoigor Goldenrod e Kelmain Blackstaff è ambigua: non appena i suoi luogotenenti si accorgono che non segue i loro consigli lo tradiscono e lo abbandonano. King non resiste, nel descrivere la (troppo) lunga biografia di Arek, a infilare una strizzatina d'occhio ai fan di Lovecraft, in particolare a una certa spedizione in Antartide...
And he had been rewarded. The Great Mutator had gifted him with increased insight and wisdom. Many of the hidden secrets of the universe had been revealed to him. When he had found the hidden shrine to Tzeentch, buried deep in a crystal cave in the Mountains of Madness, he had been judged worthy to become a Chaos warrior. The black armour had been grafted to his body. Its gifts of increased strength and resilience had become his, and he had ridden out into the world to spread change and terror in the name of his master.
Specie quando si legge una serie come questa, in sequenza, è facile dimenticarsi che tanti dettagli dell'ambientazione e dello stile non sono così normali. Non fa male pertanto ricordare come questo sia sì, un fantasy, ma un assedio fantasy nel mondo di Warhammer: il tono è cupo, opprimente, il popolino nelle strade muore di fame, quando non è intento a pregare o a cacciare il “diverso” assieme a preti e flagellanti. “Gritty” è il termine inglese perfetto per descriverlo.
E in tema di linguaggio, l'inglese di King è davvero semplice.
Ho incluso stavolta larghe citazioni proprio per rassicurarvi su quanto sia elementare. Ho concluso ieri Sangue di Vampiro, in una pausa dallo studio, e... diamine, quant'è brutta la traduzione. Facevo più fatica a leggerlo tradotto dalla Hobby&Work che in originale. Se leggerò Dranchelfes, di Kim Newman, come mi domandava un gentile utente di Oldhammer Italia, lo farò in lingua.
Fonti:
Sangue di Bestia, di William King (edizione Hobby&Work, catalogo Vegetti)
Beastslayer, di William King (Black Library)
4 commenti:
Bella Recensione!
Da dove vengono gli artwork in bianco e nero ? Warmaster forse?
Grazie,
Piero
@Piero
Benvenuto sul blog!
I due artwork sono ritagliati dalle illustrazioni interne del libro degli eserciti dell'Impero (VI edizione, quello con la cavalleria del Reik all'attacco). Corredano il resoconto di Teclis, che racconta delle imprese di Magnus il Pio.
Adesso però che mi fai pensare, lo stile è lo stesso di Warmaster...
Questo mi manca... Nel senso che non sapevo della sua esistenza
@Marco Grande Arbitro
La versione italiana - Sangue di Bestia - non l'ho mai vista su nessuna bancarella, non deve aver venduto molto.
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