martedì 3 gennaio 2017

La ragazza che sapeva troppo/The girl with all the gifts, di Mike Carey


La ragazza che sapeva troppo è un esempio perfetto di un libro ben scritto, ma uscito nel peggior momento e con il peggior marketing possibile.

Quando si verifica una moda culturale, un trend, se volete, assistiamo alla classica curva sinusoide: all'inizio le opere sono poche, ma buone, magari con un paio di classici di riferimento e un paio di nuovi romanzi/film a guidare il revival. Seguono le prime imitazioni, un'apertura mainstream, magari il passaggio dalla carta alla celluloide, con una nuova ondata cinefila. In un periodo del genere, basta che compaia la parola chiave nel testo e ci si auto-garantisce vendite superiori a quanto lo scrittore meriterebbe: un anno fa bastava citare l'aggettivo “lovecraftiano”, per garantirsi un retweet, una condivisione, una pubblicità entusiasta. Il Solitario di Providence raccoglieva entusiasmi. All'alba di questo 2017, la popolarità di H. P. accusa stanchezza, anche se un'opera come Providence gli garantisce fiato sufficiente per correre ancora qualche anno. Inizia la discesa lungo la curva; le recensioni diventano cattive, i critici si dichiarano “stufi”, la qualità scende per colpa di ultimi arrivati che cercano rapidamente di farsi una fama.

Gli zombie non vanno più di moda da almeno un paio di anni. I nostri mangia-cervelli preferiti oggigiorno vengono snobbati dalle masse, la metafora del consumismo e del supermercato invaso è stata sfruttata fino all'osso, gli spettatori vogliono altro, i critici pretendono altri tipi di horror.
Leggevo già nel 2012 come il trend sarebbero stati i fantasmi secondo alcuni, angeli&demoni secondo altri: previsioni azzeccate a metà. Se da un lato abbiamo una new wave horror che per certi versi è fantasmatica (Babadook, The Witch, It follows, Under the Shadow) nel senso che si allontana dal gore e dal torture porn, dall'altro gli Young Adult hanno invaso gli scaffali di ali candide, pettorali angelici e succubi dalle code uncinate. 
Gli astrologi dei trend – perchè certo non sono attendibili – sono stati ingannati: è l'orrore a base di cultisti e tentacoli a dominare gli scaffali, che sia “tradizionale”, comico, o “reinventato”. Cthulhu sia ringraziato, l'angeologia si è limitata a colonizzare gli scaffali degli adolescenti. Gli zombie in tutto questo stanno tornando a essere la carne da cannone dell'horror, il tipico piatto da fast food consumato da adolescenti ansiosi di assaggiare sangue e budella.

The Last of us. Concept Art inutilizzato perchè "troppo disturbante"
Di conseguenza, La ragazza che sapeva troppo è un libro difficile da accomodare
Non possiamo farla sedere accanto alla new wave horror, perchè un romanzo al fondo di zombie e sopravvivenza. Sarebbe però ingiusto affiancarla ai redneck e ai buzzurri ultra volenti che sono gli zombie novel degli ultimi anni. Si tratta infatti di un romanzo zombie finalmente interessante, uno dei pochi che sfrutta queste creature per una narrazione originale e (quasi) poetica.
Se fosse uscito a metà anni 2000, quando gli zombie erano di moda, sarebbe stato acclamato – e in parte lo è stato, in America – come un'assoluta rivelazione. Pubblicato adesso, esce fuori tempo massimo. Forse gli anni permetteranno di rivalutarlo.

Una soluzione valida è cercare un altro termine di paragone: i videogiochi. Perchè effettivamente la trama della ragazza che sapeva troppo sembra presa di peso dal popolare The last of us.
Il videogioco era stato annunciato nel 2011, in lavorazione dal 2009; The girl with all the gifts è stato pubblicato nel 2014. C'è spazio perchè Mike Carey si sia ispirato al gioco, anche se penso che l'accusa di plagio sia eccessiva.
Il paragone è saltato fuori che io sappia solo quand'è uscito il trailer del film, a dimostrazione di come i videogiocatori non leggano e a sua volta i lettori non videogiochino (Almeno non sulla Play...)

Scelta incomprensibile, sia nell'edizione italiana che nell'originale inglese, la copertina: la silhouette di una ragazza, di spalle, con le mani levate. Sullo sfondo, un colore come il giallo da usare a dosi minime, sparso invece sull'intera cover. Chi potrebbe immaginare che si tratti di un romanzo di zombie, sanguinoso e cattivo come pochi? In libreria lo si può scambiare o per un'opera romantica, o per un giallo all'italiana. Sembra quasi un libro-camaleonte, che voglia celare la sua vera natura.

La vita di Melanie ha conosciuto sempre e soltanto le pareti di una cella, i muri grondanti umidità di un penitenziario di massima sicurezza disperso nel verde dell'entroterra inglese. E' una bambina di dieci anni, che i suoi secondini giudicano molto intelligente: ogni mattina aprono la porta chiusa a chiave, la incatenano a una sedia a rotelle e il sergente Parks, pistola pronta all'uso, la trasporta a lezione. In classe, altri bambini come lei incatenati, seguono le lezioni della dottoressa Caroline Caldwell. In realtà quelle che sembrano lezioni sono test medici: i bambini sono affetti da un virus che ha trasformato la Terra in un inferno di zombie affamati di cervella. Quando si giudica il soggetto – nel caso Melanie – inutile per ulteriori studi, lo si viviseziona
La speranza è di scoprire il modus agendi del fungo che colonizza i cervelli degli infetti...


Mike Carey manovra gli elementi a sua disposizione con l'abilità di uno sceneggiatore consumato: da un lato ci sono i classici scontri con gli zombie, con gli sciacalli alla Mad Max, l'amico infetto, i militari della base/penitenziario/base di ricerca. Dall'altro, in aggiunta – non in sostituzione! – c'è lo sguardoda dentro”, dalla prospettiva di uno zombie-non-ancora-zombie qual'è Melanie. La ragazzina vede il mondo con lo sguardo di un “infetto” diverso dagli altri, che ha ancora conservato la sua personalità, e dall'altro guarda questo mondo in rovina con un'altra prospettiva fresca, ovvero quella di una bambina di dieci anni.

Lo stile di Carey, come ci si può aspettare da uno sceneggiatore di fumetti, è semplice e fluido, senza perdersi in ritornelli verbali o esagerazioni barocche. A differenza di altri autori di fumetti che scrivono romanzi, la prospettiva sui diversi personaggi è ferrea: quand'è protagonista Melanie, è protagonista Melanie. Non ricordo casi in cui si scivoli per errore nei pensieri di un altro personaggio. Spesso, abituati alla struttura flessibile delle vignette, gli scrittori sceneggiatori saltano di palo in frasca, ma non è questo il caso. Forse, ecco, alcuni paragoni sono leggermente contorti:
Lui, però, si tiene alla larga dal suo campo visivo, e Melanie è costretta a riassorbire quei sentimenti dentro di sé, come un topo o un coniglio che, non potendo dare alla luce una cucciolata, siano obbligati a riassorbirla nel proprio grembo.

Il romanzo tuttavia abbonda sia di scene d'azione che scene horror, alcune piuttosto riuscite. Si tratta di quanto si può ragionevolmente aspettarsi da un romanzo di genere, ma non di meno sono piuttosto efficaci:
Il bambino è morto da un pezzo. Due grandi ratti, che hanno nidificato in quel che resta della gabbia toracica, saltano fuori di colpo e con acuti squittii di protesta schizzano a destra e a sinistra oltre le spalle di Caldwell.
La dottoressa barcolla all'indietro con un grido strozzato.
L'hungrie solleva la testa di scatto e si volta. Fissa la dottoressa e spalanca gli occhi, poi apre la bocca, rivelando il marciume grigio e i monconi neri dei denti.

Presenti anche le descrizioni anatomiche degli zombie/funghi:
Qualcosa alla sua sinistra si muove, e lei sobbalza. Pensava che questo mondo crepuscolare fosse tutto suo. Una strana figura avanza barcollando verso di lei, stagliandosi nella pallida luce della luna. Dal collo in giù ha l'aspetto di un uomo, ma non ha spalle, né collo, ne testa La parte superiore del corpo è solo una protuberanza indistinta.
(...)
Mentre quella cosa passa oltre, capisce di cosa si tratta. E' un hungrie il cui torace ha iniziato a spaccarsi. I primi trenta centimetri circa di uno dei tronchi salgono verso l'alto dal suo petto, mentre dalla cassa toracica spuntano pezzi rotti di costole.
Una profusione di fili emerge dal tronco, nascondendo quel che resta della testa dell'hungrie, costretta a inclinarsi di lato dall'inesorabile crescita verticale.

Non mi sorprende che Mike Carey sia stato tanto apprezzato dai blog di lettura che di solito recensiscono pattume romantico o romanzi mainstream, perchè ovviamente il vero cuore del romanzo sono i personaggi. Sono ben caratterizzati, con difetti e obiettivi in contrasto l'uno con l'altro: nessuno di loro è davvero innocente, come nessuno di loro è davvero cattivo.

Melanie è solo una bambina, ma è anche “solo” uno zombie e anche “solo” l'agente virale di un'infezione di massa, un messia destinato a sostituire la superflua razza umana.
Miss Justineau, in apparenza l'unica donna con empatia e umanità nel gruppetto dei sopravvissuti, ha uno scheletro nell'armadio e un attaccamento in realtà morboso a Melanie.
La dottoressa Caroline Caldwell, la scienziata senza cuore e razionale, vuole salvare la razza umana, qualunque sia il prezzo, non importano i mezzi: non è “cattiva”, è seriamente determinata.
Il sergente Parks, un militare violento e sbrigativo, in realtà ha un debole per Miss Justineau e arriva a capire Melanie meglio di tutti: sotto la scorza da duro, il suo pragmatismo gli consente di comprendere appieno il dilemma della bambina protagonista.

Caroline Caldwell, Justineau, Parks 
Il romanzo nell'ultimo terzo si disgrega in una gamma incredibile di situazioni, a tutti gli effetti, demolendo, mentalmente e fisicamente, tutti e quattro i personaggi: ognuno, a suo modo, va incontro alla fine che si andava a cercare dall'inizio del romanzo. Attenzione andrebbe posta a come Carey gioca la tensione nell'antagonismo latente tra Justineau e Caldwell, così come i diversi fili narrativi, per quanto separati nello “spazio” (in luoghi diversi) rimangano collegati nella storia.

Mantengo ancora qualche dubbio sul finale vero e proprio, che trovo per certi versi un escamotage, per quanto coerente con tutta la storia precedente. Sarà interessante vedere quali modifiche e quali soluzioni adotterà il film, su cui scommetto un sicuro fail al botteghino.

4 commenti:

Iguana Jo ha detto...

Ho apprezzato assai il romanzo di Carey, soprattutto per il felice incrocio tra zombie e fantascienza, con quel tocco catastrofico tipicamente british che se non ne leggo/vedo qualche esempio ogni paio d'anni (come minimo) vado in crisi d'astinenza :-)

Son curioso anch'io di vedere il film, anche se ho ormai perso la speranza che arrivi mai in italia (speriamo in netflix o simili…)

Coscienza ha detto...

@Iguana Jo
Guarda, senza farlo apposta, avevo sentito menzionare per la prima volta il romanzo proprio in seguito alle tue segnalazioni del 2015, anche se non mi convinceva troppo :D
http://iguanajo.blogspot.it/2015/12/letture-il-meglio-del-2015-prima-parte.html

Non è un romanzo capolavoro del secolo, ma sono d'accordo con te nel definirlo un ottimo "incrocio" di generi. Il film sembra molto carino, ma ci vorrebbe una recensione del settore, stile Malpertuis.

Iguana Jo ha detto...

Lieto di essere stato utile! :-)

Marco Grande Arbitro ha detto...

Premetto che ho scoperto "La ragazza che sapeva troppo" grazie al tuo post, ma capisco davvero quello che scrivi.
Davvero un peccato...